«Tutto è iniziato con un raffreddore», il diario dal Covid di Maria Grazia Nichetti

di Maria Grazia Nichetti

La psicologa Maria Grazia Nichetti fotografata in piazza Duomo a Milano dal marito e collega psicologo Andrea Veronesi: è il 10 gennaio 2021 e la dottoressa Nichetti rimette finalmente piede in centro dopo 3 mesi, uno dei quali passato in ospedale per curarsi dal Covid. La ringraziamo per aver messo a disposizione di tutte e tutti il suo particolareggiato diario dalla malattia che ha infettato il mondo. In questo post la prima parte del suo racconto.

Tutto è iniziato con un raffreddore, nemmeno tanto forte, giovedì 22 ottobre 2020. Dovevano venire a cena mio figlio Michele e la sua compagna Sara. Michele era già qui con noi ma, nel fargli sentire l’odore del lievito madre che stavamo alimentando, mi accorgo di non sentire assolutamente l’odore fortissimo di “vernice” che emana. Subito dico a Michele che non è il caso che si fermino a cena e così se ne va. Quella notte stessa anche mio marito Andrea si sposta a dormire in cameretta.

Il giorno dopo, venerdì 23 ottobre al mattino telefono alla dottoressa di base per chiederle di prenotarmi un tampone, devo insistere, perché dice che sono pochi i sintomi ma, nel pomeriggio mi richiama dicendomi che mi ha prenotato per il 28 ottobre il tampone presso la clinica Sant’Ambrogio. Nei giorni che precedono il tampone la situazione peggiora, comincia la febbre che si alza inizialmente a 38 e inizio prima un antibiotico per il male all’orecchio, datomi dal medico di base (Augmentin, che non mi fa nulla ) e successivamente dal 29 ottobre un antibiotico per altri 5 giorni datomi dall’ematologo…

Venerdì 30 ottobre alle ore 21 mi arriva la telefonata della notizia di essere positiva al Covid-19. Ormai pensavo di essere fuori… invece sono positiva. Subito penso “ora cosa succede”… ma la febbre che sale a 39,1 ogni quattro ore non mi fa molto ragionare. Nei giorni precedenti sono anche svenuta due volte (la prima volta in bagno alla mattina appena alzata, la seconda a tavola mentre sto mangiando). Acquistiamo il saturimetro e cominciamo a tenere sott’occhio la saturazione che si abbassa sempre di più e così il 2 novembre (con saturazione a 87) i miei figli Michele e Jacopo e mio marito Andrea decidono di chiamare l’ambulanza e mi ritrovo due lettighieri in camera che mi fanno domande sul mio stato. Io pur non perdendo mai la lucidità, mi sveglio e mi perdo nel sonno continuamente con la febbre sempre a 39,1… Così alle 15 circa mi portano all’ospedale di Sesto San Giovanni al Pronto soccorso. Qui io non mi accorgo di far fatica con il respiro, ma sono sempre dentro e fuori al sonno dovuto alla febbre. Comunque riesco a rispondere alle domande che mi fanno dicendo anche della patologia di LLC che mi accompagna da 20 anni circa.

Mi fanno prelievo del sangue venoso e arterioso (per vedere la saturazione e stabilire l’entità dell’ossigeno che mi accompagnerà per due settimane circa), elettrocardiogramma, tac e radiografia ai polmoni (dalla quale si evince una polmonite bilaterale da Covid interstiziale). Dopo aver mangiato qualche cosa senza fame e non capendo molto bene alla sera verso le 22 mi ricoverano al II piano padiglione I, in una stanza con tre letti occupati da tre uomini e io la quarta. Mi danno l’ossigeno a 12 per cento con maschera e per due giorni mi imbottiscono con antibiotico, cortisone per endovena e Tachipirina per bocca e pantoprazolo, per lo stomaco… ma la febbre non mi lascia per tre o quattro giorni. Continuo nel mio stato di dormi-veglia cercando però di mangiare sempre qualche cosa di quello che mi portano…


L’ospedale è pieno, i 25 letti sono tutti occupati… sono nel reparto di sub acuti, ma ci sono persone anche molto più gravi di me… anche anziani che non vogliono tenere la maschera, i dottori e gli infermieri corrono tutto il giorno e la notte per tutto il piano. Lettighe con sirena si sentono continuamente arrivare sia il giorno che la notte. Io passo il mio tempo a letto e non ricordo tanto come facevo ad andare in bagno i primi giorni senza ossigeno, continuavo a tossire, non avevo mai provato la mancanza di respiro ed è terribile la sensazione… Dopo tre giorni circa mi spostano in una camera a due letti con un’altra signora di 74 anni molto grossa, 102 chili, e con catetere. Si chiama N. e grida in continuazione, si lamenta, sento che ha litigato con la figlia al Pronto soccorso, è caduta dal lettino e ha un atteggiamento alcune volte da bambina… Continua a chiamare le infermiere anche per piccole cose… Non ha grossi problemi di respirazione e la domenica 8 novembre la spostano a Treviglio… con proteste da parte sua, tutte contro sua figlia, che a suo dire l’ha fatta ricoverare, senza capire che comunque il ricovero è perché è positiva al Covid… Cerco di calmarla ma è inutile. Intanto la mia situazione di febbre si attutisce e finalmente si abbassa a 37,30… non più a 39,1…


Subito il letto viene occupato da un’altra paziente, G., peruviana poco più giovane di me (60 anni). Inizialmente ognuno pensa a se stesso e ai propri problemi di respirazione. Questa mancanza di fiato è tremenda. Quando mi tolgo l’ossigeno per andare in bagno o per lavarmi continuo a tossire e mi sembra che non potrò mai più respirare come prima. Tutto diventa complicato, anche azioni banali come sbadigliare o starnutire o semplicemente “spingere” per defecare, diventano veramente complicati. A questo punto (quando comincio a scrivere queste righe) è passata una settimana, i medici sono tutti molto bravi dottor Pelucchi, dottoressa Caimi, ogni giorno telefonano a casa per mettere al corrente Andrea o Michele delle mie condizioni. Parlano anche con l’ematologia del Policlinico, infatti pensano di farmi trasferire lì per l’altra mia patologia… ma al Marcora non hanno previsto reparti Covid e, per fortuna, mi trattengono qui. Finalmente comincio ad essere sfebbrata qualche momento della giornata e comincio ad organizzarmi per la mia permanenza in ospedale… (fazzoletti, coltellino, biancheria pulita ) devo bere molto, mi impongono di dormire prona e, con la maschera dell’ossigeno, di certo non è semplice. Saranno trent’anni che non dormo prona per problemi alla schiena ma seguo il consiglio e mi sforzo di farlo. Mi accorgo che il respiro va meglio in questa posizione.


L’11 novembre i valori sia della saturazione che la febbre e la pressione vanno bene, ogni due o tre giorni mi fanno prelievo venoso e arterioso. Quest’ultimo, particolarmente doloroso, in quanto le mie arterie sono piccole e “scappano” via… questa mattina è impegnativa, oltre cinque tentativi per poterlo fare; le mie braccia sono tutte segnate… ma la dottoressa Albricci, dopo i tentativi del dottor Riva, riesce alla fine a farlo. Tutti fanno il tifo per le condizioni dei pazienti, sono attenti, gentili, e partecipano ai miglioramenti… Intanto a casa Andrea da qualche giorno non sta bene, ha il raffreddore e qualche linea di febbre, questa mattina fa il tampone, speriamo bene.. .io non riesco a scaricarmi, mi sono uscite un po’ di emorroidi e prontamente Antonella, infermiera, mi porta una pomata che mi aiuta con questo problema. Nel pomeriggio dopo essermi riposata, mi sono cambiata, ho tagliato le unghie delle mani e ho messo anche un po’ di crema sul viso: mi sembra di tornare ad un minimo di “normalità”. La giornata è scandita dalla visita dei medici, dal pranzo e dalla cena, che aspetto con fame, il cortisone mi porta appetito, anche se non riesco a finire le porzioni di primo e secondo e frutta che portano, data la quantità eccessiva.


Il 12 novembre sfebbrata mi hanno fatto prelievo venoso alle 6, il cortisone continua prima per endovena poi per bocca, terminato l’antibiotico (perché già preso per 10 giorni, saprò dopo). Mi hanno tolto la maschera e messi gli occhialini con 4 litri di ossigeno, il medico visitandomi ha trovato un ipoenfisema a destra, farò così una radiografia al polmone… intanto mi sono scaricata. Ogni giorno Annabel, di colore alabastro, e Alma cambiano le lenzuola del letto, anche loro gentili. Ho imparato tutti i nomi delle persone che mi curano, così le posso salutare per nome e ringraziare… cosa importante per loro così presi dall’emergenza di questi giorni. Continuano a lamentarsi per i turni che fanno, data la mancanza di personale. Andrea a casa ha la tosse e un po’ di diarrea ma non febbre e saturazione buona, ancora non si sa l’esito del tampone… Mi sembra che la diminuzione a 4 litri con gli occhialini mi dia un po’ di affanno, ma non so se è solo una sensazione. ANDREA È POSITIVO.

Fatta ecografia ai polmoni da dove si rilevano parti più libere e parti più compromesse dalla polmonite da Covid, soprattutto sulla parte destra, dove avevano sentito compromissione, durante la visita. Hanno sospeso l’antibiotico perché fatto già per 10 giorni, però alle 15 ho una temperatura di 37,4. È passato il dottor Pelucchi e mi ha detto che i linfociti sono scesi a 56.000, ben fatto, (al mio arrivo e durante la prima settimana erano saliti oltre ai 100.000…), l’emoglobina è un po’ bassa (non so di quanto) e mi chiede se mi sono scaricata e se ho notato sangue nelle feci… io non so e mi dimentico di dire che avevo avuto un po’ di emorroidi e che con la pomata si sono sgonfiate… comunque mi farà rifare un prelievo domani mattina e mi ha detto che se vado in bagno di raccogliere le feci… vedremo.


Stranamente ho avuto due starnuti e uno sbadiglio nella giornata… Incredibile, l’ossigeno nel naso si vede che mi ha solleticato le mucose, mucose che sono secchissime e che curo con il Libenar che riesce ad ammorbidirle un po’. Starnuti e sbadigli, semplici e banali gesti quotidiani che non avvenivano da un po’ di tempo.


13 novembre, questa notte sempre occhialini a 4 litri di ossigeno, mi sembrava di saltare ogni tanto il respiro. Gli occhialini sono più comodi, sia per dormire e li posso tenere su anche quando mangio, ma questa notte però dormo poco e a sprazzi… alle 6: 37,1 più prelievo venoso, nella mattinata anche prelievo arterioso per vedere se la saturazione dell’ossigeno nel sangue deve mantenersi così o cambiare. La dottoressa Albricci riesce a prendere l’arteria al primo colpo, grande, e io ho imparato a concentrarmi sul respiro così sento meno il dolore: attendo esito… pressione 110/70, 95 saturazione, sono stanca questa mattina. Andrea saturazione 95 non febbre, ancora tosse e raffreddore: speriamo non peggiori…


Ore 14: ho dormito prima di pranzo quasi un’ora, ero proprio stanca, ho mangiato con appetito. Poi ora sono riuscita a fare due cose senza ossigeno e con calma: mi sono scaricata (che non è una cosa semplice se ti manca il respiro), mi sono lavata i denti e le mani con calma (vuol dire senza tossire continuamente come nei giorni scorsi: sembra un traguardo). Mi sembra vada meglio anche con la stanchezza rispetto a questa mattina. Il prelievo arterioso è andato bene così lasceranno a 4 litri l’ossigeno.


Ore 16: temperatura 36,9. Ore 17,40: mentre parlo al telefono con Michele, devo interrompere per un attacco di dolori al basso ventre, vado in bagno mi scarico, mi lavo, ma i dolori proseguono e ancora una volta vado in bagno, non diarrea… Forse sono state le melanzane che ho mangiato sia ieri che oggi. È strano, con il cortisone mi sono spariti tutti i dolori all’anca e acciacchi vari, quindi quando sento dolori nuovi mi preoccupo subito. Vengo tranquillizzata da Antonella, l’infermiera sempre provvidenziale che mi dice che è normale… speriamo non mi venga questa notte, se non starò bene chiamerò. Non ho saputo nulla del prelievo venoso. Ho cenato con un po’ di riso e barbabietole con l’olio (che ho mangiato per la prima volta in vita mia, prima non mi piacevano!!!).

Continua.

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10 thoughts on “«Tutto è iniziato con un raffreddore», il diario dal Covid di Maria Grazia Nichetti

  1. Ciao Grazia ! Ho letto il tuo diario :che terribile esperienza ! Meno male che ti sei ripresa . Ti auguro con tutto il cuore che tutto ritorni al più presto come prima .Quando finirà questa pandemia mi piacerebbe ritrovarti.Auguroni !

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  2. Ciao Mariagrazia, leggendo il tuo diario, ricordo quei giorni, appena ho saputo del tuo ricovero mi sono molto spaventata. L’incognita del decorso della malattia mi ha fatto restare preoccupata per molti giorni,anche se avevo spesso notizie da Andrea. Devo dirti che entrambi siete stati molto coraggiosi ed io ho percepito sempre un fondo di positività che siete riusciti a fare arrivare anche ai vostri amici, in pensiero per voi. È stato grande il sollievo, più una gioia, quando i miglioramenti sono stati concreti e duraturi. L’amicizia è anche questo, essere felici quando gli amici stanno bene e poter condividere tutti i momenti belli e brutti della vita. Spero quindi che il futuro possa solo sorridere a te, Andrea e la vostra bella famiglia. Ciao, patrizia.

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  3. Ciao Patrizia, grazie di quanto scrivi e della vostra solidarietà in tutto il periodo incredibile che abbiamo vissuto. La vicinanza degli amici è importante in momenti duri è vero; speriamo presto di riuscire a condividere momenti felici insieme come nel passato. Un abbraccio

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