Luci da stadio su volti da studio: intrecci di menti, corpi (e fotine su Twitter)

di Chiara Pergamo

Tutto comincia da questo commento sul blog:

«Salve. Penso che il vostro blog tocchi un problema reale: “Chi sono le donne della realtà? Dove sono finite?”.  E io aggiungerei che questo potrebbe essere utile per scoprire un ente ancora più sconosciuto: l’uomo. 🙂A proposito della donna che lavora e della donna “velina” (fermo restando che lavorano anche le veline) c’è un episodio che per me è emblematico. Paola Ferrari, una nota e brava giornalista RAI, tempo fa ha partecipato a “Ballando con le Stelle”.
Mi ha colpito perché mi è sembrata una ricerca della celebrità – popolarità fatta attraverso non la “mente” ma con il “corpo”: movimenti seducenti, vestito molto molto scollato etc. Mi è sembrato quasi un tornare indietro di una donna che è riuscita a imporsi attraverso il lavoro di giornalista, la mente, e poi ha scelto di comparire attraverso il corpo, come una qualsiasi velina diciottenne.
Mi farebbe però piacere sapere cosa ne pensa una donna.
Saluti. Umberto».

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Un fotogramma dalla “Domenica Sportiva” di Paola Ferrari

Ho cercato una risposta all’interrogativo che sottopone il signor Umberto, ossia se la giornalista scollacciata metta da parte la professionista per desiderio di apparire. Ben colgo il punto, ma una vocina nella testa mi fa concentrare, più che sul focus della questione, proprio sulla Ferrari! Umberto si dichiara colpito dalla partecipazione della giornalista a Ballando con le stelle, risalente al 2005: personalmente ha suscitato in me più stupore la bizzarra querelle insorta a cavallo tra 2012 e 2013 sul tema “l’estetica della Ferrari, non l’auto, la giornalista”.

Questi i fatti: alla giornalista, già al timone della Domenica Sportiva, viene affidata la conduzione delle dirette a commento degli Europei di calcio del 2012. Il web, soprattutto Twitter, osserva con disapprovazione che la Ferrari si faccia sparare in viso luci potentissime nella speranza di togliersi qualche ruga, paragonandola ora a una bambola col volto di plastica, ora a una Madonna irradiata da luci eteree. Lei se la prende per questi insulti gratuiti e anonimi ma, anziché far semplicemente abbassare le luci in studio, dichiara di voler querelare Twitter: che è un po’ come dire che, se viaggiando in autostrada trovi sconcezze sul tuo conto scritte sulla porta di un bagno, quereli l’Autogrill.

Fin qui però ci può anche stare, è una forma di autodifesa pubblica piuttosto condivisibile, ma la storia non finisce qui: qualche mese dopo, la Ferrari pubblica sul suo profilo Twitter (dove?!) le proprie foto al naturale, senza trucco e senza inganno, per farci sapere che è bella anche così. E allora perchè investire il canone Rai nell’acquisto di fari da santuario mariano se non ti spaventano le rughe, se non ti vergogni del fatto che un viso maturo può essere anche segno di esperienza? Che poi, diciamocelo: Ferrari, sei l’unica donna in un consesso di uomini – taluni da studio, taluni da casa – che discutono di pallone, quindi l’ultima loro preoccupazione sarà cercare di indovinare quanti anni dimostri, ritocchini o mica ritocchini. Oltretutto è risaputo che gli uomini guardano con sospetto noi donne quando parliamo di sport: la Ferrari ha espugnato una roccaforte tipicamente maschia come la Domenica Sportiva, diventando la prima donna al comando della trasmissione più antica della Rai, facendo un vanto della sua posizione di apripista e paladina dell’affermazione delle professioniste donne anche in settori appannaggio maschile. E poi si riduce a bisticciare con gli utenti senza nome e senza volto di Twitter.

A uno magari viene anche il tarlo che possa essere stata la Rai a volere la faccia della Ferrari flashata da luci da stadio, però basta ragionare per confronto: la nostra TV pubblica è stata ed è piena di coetanee della Ferrari (che è del 1960), dalla Clerici, alla Carlucci, alla Ventura, senza scadere in eccessi anagrafici tipo la Carrà, che quest’anno fa i suoi orgogliosi 70, eppure nessuna di loro ha mai avuto i lineamenti distorti dalle illuminazioni come è accaduto a Euro 2012 alla nostra giornalista.

Tornando alla questione sottolineata dal signor Umberto, credo che la partecipazione di giornalisti a show televisivi che poco hanno a che fare con il loro mestiere sia da considerare quasi al pari di una trasgressione da liceale in gita: la serietà si dimostra col lavoro di tutti i giorni, con la concentrazione che la professione di giornalista richiede (anche fare il giornalista sportivo è un lavoro serio, checché se ne dica) e con la coerenza necessaria che mi fa dire che, se hai 30 anni di esperienza alle spalle, voglio vederteli anche in faccia.

Ripeto, ho ben colto la questione sollevata da Umberto, ma questa bagarre della Ferrari mi aveva già fatto uscire dai gangheri ai tempi e ora mi ha dissepolto il fastidio.

paola_ferrari

La prova schiacciante della treccia di lato

BREAKING NEWS: avevo già finito di scrivere questo pezzo quando Paola (Ciccioli, non Ferrari) mi informa che ne è successa una nuova. Questa, più o meno, la ricostruzione dei fatti: c’è la Ferrari che sta facendo zapping in un anonimo giovedì sera, mi piace figurarmela sul divano coi popcorn, quando d’un tratto si imbatte in Announo, il nuovo talk show di Giulia Innocenzi su LA7. Lei salta su, quasi si ingozza, ed eslcama: «Quell’acconciatura l’ho inventata io!», un po’ col tono che al Bagaglino aveva Martufello quando imitava Pippo Baudo, e corre a postare il suo sgomento sul profilo Twitter (ma dai?!). «La coda o la treccia da un lato l’ho portata io per prima alla DS. Ora copiano! Guarda la… bella Giulia Innocenzi su La 7!!». Poi, sapendo che se non si forniscono delle prove qualsiasi affermazione è aria fritta, twitta doverosamente anche una foto: “Ecco!”, commenta.
Si attende una piccata replica di Rapunzel sulla primogenitura della treccia bionda.

4 thoughts on “Luci da stadio su volti da studio: intrecci di menti, corpi (e fotine su Twitter)

  1. L’ha ribloggato su adelecolacinoe ha commentato:
    La quota di scemenza che ci appartiene alla nascita, pur faticando con lo studio, l’applicazione tenace, è come una ciambellina gonfiata che si tiene sott’acqua con il piede. Appena ti sposti un attimo, magari dalla DS, ti scivola il piede e paf quella arriva in superficie. E mò ci sono anche più strumenti per darle brio : Fb – twitter- e mail – e vaii

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