Berlusconi chiamò la polizia e la minorenne fu lasciata libera

I funzionari della Questura saranno interrogati. I riscontri sulle feste ad Arcore. Il ruolo della ex igienista dentale Minetti. E spunta un nuovo «reclutatore»
ROMA – La nota della Questura di Milano diramata ieri sera per assicurare di non aver concesso a Ruby «alcun privilegio o trattamento di favore dopo la telefonata della presidenza del Consiglio», evidenzia in maniera chiara la fibrillazione di queste ore. Perché quella notte del 27 maggio scorso, mentre la giovane marocchina veniva fotosegnalata in seguito a un’accusa di furto, fu un uomo della scorta del presidente del Consiglio a contattare il gabinetto del questore per chiederne il rilascio e l’affidamento a una persona che era già arrivata negli uffici di polizia. E poi passò l’apparecchio allo stesso Silvio Berlusconi che parlò per qualche minuto con l’alto funzionario. Il capo del governo decise dunque di esporsi personalmente, probabilmente consapevole che in anticamera c’era già Nicole Minetti, l’igienista dentale che gli era stata presentata un anno prima dal direttore di Publitalia 80 Luigi Ciardiello.
Poco dopo la ragazza fu effettivamente lasciata libera. E adesso che i suoi racconti sull’amicizia con il premier e sulla frequentazione della villa di Arcore sono alla base di un’inchiesta sullo sfruttamento della prostituzione, quella telefonata diventa uno snodo cruciale per le indagini. Ma anche per il clima politico tornato incandescente visto che la giovane parla di «festini» ai quali erano invitati parlamentari ed esponenti del governo e il tema centrale del dibattito torna ad essere la ricattabilità del presidente del Consiglio, la sua vita privata che si trasforma in un’arma da utilizzare per il suo ruolo pubblico. E da brandire sulla scena internazionale, visto che al funzionario fu detto che Ruby era la nipote del presidente egiziano Hosni Mubarak.
Nella relazione trasmessa dal gabinetto della Questura al ministro dell’Interno Roberto Maroni viene sottolineato che la ragazza «fu rilasciata al termine della procedura, d’intesa con il pubblico ministero di turno presso il tribunale dei minori» e si assicura che «dal punto di vista formale non c’è stata alcuna irregolarità». Così come si evidenzia che di fronte alla scelta di trasferirla in una comunità oppure affidarla a una persona che aveva manifestato l’intenzione di ospitarla, «si preferì optare per questa seconda ipotesi». Ma adesso si dovranno ricostruire le varie fasi dei controlli effettuati, compresa quella che portò all’entrata in scena della Minetti. E per farlo saranno interrogati proprio i poliziotti che quella sera gestirono la vicenda.
Sinora il racconto di Ruby ha trovato conferma nei riscontri effettuati attraverso l’analisi dei tabulati telefonici, ma anche con l’acquisizione delle relazioni di servizio degli uomini di scorta alle personalità. In particolare quella sera del 14 febbraio 2009, quando la giovane racconta di aver varcato per la prima volta il cancello di Arcore a bordo dell’auto di Emilio Fede. La macchina sarebbe stata fatta passare da un cancello secondario, esattamente come risulta negli atti, e preceduta da un’altra a fare da «battistrada» prima dell’arrivo. Un «sistema» collaudato e utilizzato anche in altre occasioni proprio per cercare di mimetizzare alcune ospiti.
Sono questi dettagli a far comprendere quanto avvelenato sia il clima. Perché gli accertamenti disposti dai magistrati coinvolgono inevitabilmente gli uomini chiamati a proteggere le autorità, che dovranno probabilmente essere convocati in procura a ricostruire nei dettagli una vicenda che già tiene moltissime persone con il fiato sospeso. Ci sono numerose foto che circolano su quella festa e su altre occasioni mondane quando la villa di Arcore si affollava di giovani donne e dopo la cena poche prescelte venivano invitate a rimanere e trasferirsi nella camera da letto, proprio come già risultava dai racconti di chi partecipava alle serate organizzate a palazzo Grazioli.
All’epoca a soddisfare le richieste di Berlusconi c’era Gianpaolo Tarantini, rampante imprenditore barese poi finito agli arresti per aver versato tangenti ai politici che lo agevolavano negli affari e spacciato droga proprio alle giovani che pagava per avere incontri con il premier e con altri personaggi disposti ad aiutarlo. Nell’ultimo periodo, altri l’avrebbero sostituito nel reclutamento di ragazze da portare nelle sue residenze. Lele Mora, Emilio Fede, ma non solo.
Nicole Minetti è stata presentata a Berlusconi da Luigi Ciardiello, il direttore di Publitalia 80 che la reclutò come hostess del suo stand prima di farla approdare tra le ballerine della trasmissione di Italia1 Colorado Cafè. Lei gli è rimasta amica anche dopo l’elezione alla Regione nel listino di Roberto Formigoni. Non è l’unica. Perché di Ciardiello, che ha 48 anni, si racconta sia sempre circondato da donne bellissime e spesso ospitato dal presidente. Rapporto forte, come quello che Berlusconi ha con il ministro Paolo Romani, l’ex manager di Telelombardia ora diventato responsabile dello Sviluppo Economico, indicato tra i frequentatori assidui delle serate.
Una girandola di incontri che adesso si trasformano in un nuovo scandalo e tornano a coinvolgere gli apparati di sicurezza, proprio come avvenne quando l’obiettivo di Antonello Zappadu rivelò quanto avveniva nei saloni e nei giardini di Villa Certosa in Sardegna e il racconto di Patrizia D’Addario rivelò le notti bollenti di palazzo Grazioli.
E forse non è un caso che la scorsa estate, quando le indiscrezioni già raccontavano di altri possibili scandali in arrivo, uno degli uomini della scorta del presidente, certamente tra i più fidati, abbia chiesto di essere trasferito ad altro incarico. Del resto già all’epoca, durante le riunioni riservate con i vertici dell’intelligence, era stata raccomandata la selezione degli ospiti proprio nel timore che ragazze in cerca di fortuna potessero decidere di ricattare il presidente con racconti e fotografie compromettenti. Una cautela che evidentemente non si è ritenuto di dover utilizzare e adesso il timore forte di numerosi ministri è lo «scacco al re».
Fiorenza Sarzanini

dal Corriere della Sera – 29 ottobre 2010

 

L’ex questore: “La chiamata? Arrivò. Dissero che era parente di Mubarak”

«Ma a Ruby nessun priviliegio»
di Paolo Colonello
MILANO – «Massì, qui di telefonate ne arrivano a decine: ministri, parlamentari, personaggi pubblici.
Ognuno ha un suo problema, di scorte, di ordine pubblico. Se anche arriva una telefonata della presidenza del Consiglio, non è che uno si deve scandalizzare». Il neo prefetto Vincenzo Indolfi, questore fino a tre settimane fa in via Fatebenefratelli a Milano e ora nominato «ispettore generale di amministrazione del Consiglio dei ministri», è un napoletano che nella vita ne ha viste e sentite tante.
E dunque tende a sdrammatizzare. Ma non nega che la sera del 27 maggio scorso, da poco passata la mezzanotte, al suo capo di gabinetto Pietro Ostuni arrivò una telefonata davvero singolare, nonché «pesante»: dalla presidenza del Consiglio chiedevano espressamente di rilasciare la «nipote di Mubarak», ovvero Rachida R., appena diciassettenne, fermata poco prima da una pattuglia in seguito a una denuncia per furto aggravato di 3000 euro.
«Ma non è che chiedevano proprio di rilasciarla – precisa Indolfi -. Più che altro si raccomandavano, visto che era minorenne, di fare quel che dovevamo fare ma di gestire la cosa nel modo più corretto possibile. Così il mio capo di gabinetto ha chiamato la centrale operativa per informarsi». Ma cosa diceva esattamente questa telefonata della presidenza del Consiglio? «Una cosa tipo: è vero che avete fermato questa persona? Allora fate gli accertamenti e poi vedete cosa fare…». Così? «Così». Ma dicevano proprio che era la «nipote di Mubarak»? Indolfi tentenna un attimo e poi conferma: «Sì, se non sbaglio dicevano che era una sua parente. Sì, mi sembra “la nipote”».
Insomma, una di quelle telefonate a cui non si può dire di no. Chi ci fosse esattamente dall’altra parte della cornetta però l’ex questore preferisce non chiarirlo: «La presidenza del Consiglio è la presidenza del Consiglio». E voi l’avete liberata subito? «Non subito. Abbiamo rispettato tutti i crismi delle regole e della procedura, anzi è rimasta qui anche più del dovuto…». E perché? «Ma perché dovevamo fare tutti gli accertamenti del caso, no? E poi abbiamo chiamato un pm della Procura minorile e la ragazza sarà uscita che erano le 4,30 o le 5 del mattino. Tutto in regola». Si dice che però sia stata persino annullata la foto segnaletica del caso. «Ma no, gliela abbiamo fatta la foto, gliela abbiamo fatta…».
In fondo era una minorenne accusata di furto aggravato. Comprensibile che, data l’ora, data la chiamata, data la bellezza di Rachida, che poi era in realtà l’ormai famosa «Ruby»”, in Questura quella sera ci sia stata una certa agitazione. Anche perché alla portineria di via Fatebenefratelli nel frattempo era arrivata la consigliere regionale Nicole Minetti, altra prorompente e agitata bellezza entrata dalle elezioni regionali scorse nelle grazie del Cavaliere e che, cellulare alla mano, chiedeva che la giovane minorenne venisse subito rilasciata per esserle affidata, in quanto «ben conosciuta».
«Così poi abbiamo telefonato al pm della Procura minorile ed è stato lui a darci il benestare per affidarla alla consigliera regionale». Peccato che poi sia partita anche una segnalazione in Procura.
da la Stampa 29/10/2010

1 thoughts on “Berlusconi chiamò la polizia e la minorenne fu lasciata libera

  1. L’unica parola che mi viene sulle labbra è, come al solito, “voltastomaco”. Aggiungerei un’altra perla alla collana messa insieme questa volta: se si trattava di una minorenne affidata ad una casa famiglia, quale altro reato si configurerebbe?

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