Gli occhi di cielo che urlano: «Giustizia per Bhopal»

Testo e foto di Lucia Vastano

sheela, bhopal

Questa magnifica bambina non può parlare: porta addosso l’eredità del gas fuoriuscito dallo stabilimento della Union Carbide nel 1984

Quegli occhi non te li aspetti. Perlomeno non te li aspetti lì, in quel posto e addosso a una bambina indiana, dalla pelle color delle nocciole. Occhi azzurri profondi, come il cielo e la camicetta che indossa. Due occhi che parlano come purtroppo non può fare lei, Sheela (è il nome che le ho dato io), nata a Bhopal oltre vent’anni dopo la strage di 25mila innocenti avvenuta la notte del 3 dicembre 1984, ma che porta addosso l’eredità di quel gas, l’isocianato di metile, fuoriuscito dallo stabilimento della multinazionale americana Union Carbide. Una nube mortale che ha soffocato un’intera città e che ancora intossica il suo suolo e la sua aria.

Le mamme di Bhopal di oggi continuano a partorire figli affetti da numerose gravi sindromi (soprattutto a livello cerebrale). La bimba con il cielo negli occhi frequenta il Chingari Trust, un centro che aiuta le piccole vittime del disastro con classi speciali e riabilitazione, a seconda delle loro esigenze. Il centro è stato messo in piedi da due donne forti come l’acciaio, Champa Devi Shukia e Rashida Bee. Loro hanno voluto coinvolgere altre donne nella lotta.

«Sono le donne che portano dentro il gas assassino e purtroppo lo lasciano poi in eredità anche ai loro figli. Per questo a Bhopal la lotta per la giustizia è soprattutto un affare di donne. Giovani che allora non erano ancora nate o vecchie con la vista spenta dal gas, ma anche bambine dal futuro purtroppo già segnato. Tutte decise a non arrendersi finché i colpevoli non avranno la giusta punizione e non verrà finalmente fatta la bonifica della fabbrica, lasciata all’incuria del tempo ad avvelenare e a uccidere ancora», spiega Champa Devi, la cui famiglia è stata distrutta dalla nube tossica.

Da quasi trent’anni le donne di Bhopal sfilano a ogni anniversario della strage con il pugno alzato e gridando ad alta voce la loro fame di giustizia. Vogliono farsi sentire anche dai sordi, quelli della Union Carbide, diventata ora Dow Chemical, sponsor dei giochi olimpici di Londra del 2012, ma anche dai poteri forti che li proteggono perché cane non morde mai cane. «Ma noi non ci arrenderemo mai e prima o poi vinceremo», ribadisce Rashida Bee.

Sfila anche Sheela con i suoi stupefacenti occhi che urlano al posto suo. Un giorno vincerà anche lei.

Lucia, Gandhi

Arun Gandhi, nipote del Mahatma, mentre legge “La magnifica felicità imperfetta” di Lucia Vastano a Mumbai

*Lucia Vastano, profonda conoscitrice dell’India e pluripremiata giornalista e scrittrice, ha scattato queste foto nel dicembre scorso, in occasione delle riprese del documentario “I Vajont”, il titolo è provvisorio, girato con Maura Crudeli e Federico Aliotto.  Arun Gandhi, nipote del Mahatma, al quale Lucia è legata da una lunga amicizia, tiene in mano una copia del suo romanzo “La magnifica felicità imperfetta” (Salani), in un momento di riposo nella casa del figlio Tushar, a Mumbai. Collaboratrice di importanti testate internazionali, Lucia Vastano ha scritto per noi anche la versione in inglese del suo intervento.

Traduzione in inglese, English version:

You do not expect those eyes. At least you do not expect them there, in that place and on an Indian girl with the skin of the colour of hazelnuts. Deep blue eyes, like the sky and the blouse she wears. Two eyes that speak as unfortunately she cannot. Sheela, the name I gave her, was born in Bhopal over twenty years after the massacre of 25 thousand innocent people took place on the night of December 3, 1984. She wears the legacy of the gas, methyl isocyanate, that escaped from the factory of the American multinational Union Carbide. A deadly cloud that stifled an entire city and still intoxicates its soil and air.

Today the mothers of Bhopal continue to give birth to children suffering from various severe syndromes, particulary neural. The little girl with sky in her eyes attends the Chingari Trust, a center that helps young victims, offering, depending on their needs, special classes and rehabilitation. The center was set up by two women strong as steel: Champa Devi Shukla and Rashida Bee. They seek to get more women involved in the fight. According to Champa Devi whose family was destroyed by the cloud.

«It is women who keep inside their bodies the mourderous gas and unfortunately they leave it as an inheritance to their children . For this reason the struggle for justice in Bhopal is above all an affair of women. Young children yet unborn or older women blinded by the gas, and little girls such as Sheela whose future is already marked. They’ve all decided not to give up until the culprits are punished and have thorougly cleaned up of the factory that still poisons the soil and kills those who live in its vicinity».

For nearly three decades the women of Bhopal parade at each anniversary of the massacre with raised fists, shouting out their hunger for justice. They want to be heard even by the deaf -those of Union Carbide, now Dow Chemical, sponsor of the Olympic Games in London in 2012- and also by those who protect them because power always support power.

«We will never surrender, and sooner or later we will win», insists Rashida Bee.

Sheela takes part in the parade with her amazing eyes that cry out for her. One day she too will win .

AGGIORNATO L’1 GIUGNO 2014

3 thoughts on “Gli occhi di cielo che urlano: «Giustizia per Bhopal»

  1. sì, ce l’ha dipinto negli occhi quell’isoCYANate, un atto d’accusa potente… blu ciano, il ciano con cui viene rappresentato il veleno che Shiva Nīlakaṇtha beve su preghiera di brahma per salvare l’universo dal ‘veleno’. dopo averlo bevuto, Nīlakaṇtha lo trattenne in gola e venne così chiamato ‘blue-throated One’.

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    • Puntami una fiamma ossidrica negli occhi
      Versa acido nella mia gola
      Strappa i tessuti dei miei polmoni
      Affogami nel mio sangue
      Soffoca la mia bambina davanti ai miei occhi
      Fammi vedere come si dibatte morendo
      Mutila i miei figli
      Fa che il dolore quotidiano sia il loro solo compagno di giochi
      Non risparmiarmi nulla. Distruggi la mia salute
      Così che non possa nutrire la mia famiglia
      Guardaci crepare di fame, di’ che tu non c’entri nulla,
      Non sognarti neanche di chiederci scusa
      Avvelena la nostra acqua, fa’ nascere mostri
      Facci maledire Dio
      Blocca la crescita dei nostri figli
      Ignora le nostre urla
      per diciassette anni,
      Insegnami che la mia rabbia è inutile,
      Come le mie lacrime
      Provami al di là di ogni dubbio
      Che non esiste giustizia al mondo
      Tu, ricca multinazionale americana
      Io, vittima del gas di Bhopal
      (Indra Sinha, Senza titolo, 2002, tr. it. di Vincenzo Mingiardi)

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