Alleno i bambini e le bambine a fare canestro, eliminando gli stereotipi nello sport

di Dario Lovino*

«Ognuno ha il diritto di praticare sport in ambienti sani che garantiscano la dignità umana. Donne e uomini di età differenti e diverse provenienze sociali e culturali devono avere le stesse opportunità di praticare sport. Le organizzazioni  sportive e le istituzioni devono essere responsabili per l’implementazione di politiche di parità di genere e devono trovare strumenti utili alla promozione della partecipazione delle donne nello sport, a tutti i livelli» (dalla Carta europea dei diritti delle donne nello sport).

Dario Lovino con la fidanzata Francesca

Dario Lovino con la fidanzata Barbara

Grazie al prezioso aiuto fornito dalla Carta   europea dei diritti della donna nello sport, e all’esperienza che vivo quotidianamente come allenatore di basket, mi sento di trarre delle considerazioni personali sul rapporto che lega il genere femminile alla pratica sportiva.

Prima della stesura di questo elaborato non ero a conoscenza dell’esistenza di un documento ufficiale che trattasse il tema dei diritti  della donna nello sport. Per questo motivo ringrazio la professoressa Paola Ciccioli per avermi consigliato, all’inizio del corso di Psicologia delle influenze sociali, di consultare la Carta europea che si è rivelata uno strumento molto utile per analizzare le condizioni attuali della presenza della donna in questo specifico settore. Studiando i vari ambiti in cui si articola la Carta, mi sono reso conto che l’impegno richiesto alle società sportive e alle istituzioni deve essere ulteriormente incrementato se si vuole raggiungere il pieno rispetto della figura femminile nelle palestre, sui campi di gioco e ovunque ci si alleni e si competa.

Negli ultimi anni, senza dubbio, si sono verificati decisivi miglioramenti nella considerazione delle donne nelle istituzioni sportive, ma questo non implica, secondo il mio punto di vista, che il problema debba considerarsi archiviato. Affinché lo sport  sia effettivamente uno stimolo per la crescita, e coinvolga il maggior numero di donne e ragazze possibile, è necessario modificare le prassi ed evitare esclusioni che oggi non hanno più alcuna ragione di esistere. C’è ancora molto da lavorare, a livello locale e nazionale, per garantire uguali opportunità a femmine e maschi. Posso testimoniare che gli stereotipi («loro, le femminucce, non sono capaci») sono spesso radicati anche nei bambini di 8 anni che alleno.

darioallenatore, Donne e sport

Dario con i suoi giovani atleti

Credo sia necessario impegnarsi in campagne sociali che possano fare breccia nella cultura di chi pratica e segue le varie discipline, con l’obiettivo di eliminare i più fastidiosi  luoghi comuni sul rapporto tra le donne e lo sport (due esempi: «Il calcio è cosa da uomini», oppure «La pallavolo è più adatta alle femmine perché non c’è il contatto fisico»). Per raggiungere questo traguardo è necessario il sostegno dei media, per amplificare anche i messaggi trasmessi dalla Carta dei diritti e dar voce alle atlete che si trovano in contesti che non le valorizzano. Solo così facendo le ragazze saranno stimolate a prendere parte a gruppi sportivi senza il timore di non trovare programmi che non rispettino i loro interessi e i loro corpi. Solo intraprendendo un percorso culturale che elimini gli stereotipi esistenti, il genere femminile  potrà mettere in atto un processo di empowerment in grado di portarlo in breve tempo a occupare posizioni dirigenziali.

Solo valorizzando davvero e in modo corretto la figura femminile nelle trasmissioni   televisive,  sarà possibile rendere concreti – a mio giudizio –  gli obiettivi che la Carta si prefigge di raggiungere. Ho trovato di particolare interesse, infatti, il punto in cui si afferma che «le donne sono rappresentate in modi differenti dagli uomini e l’attenzione è focalizzata sull’apparenza, la femminilità e l’attrattiva erotica».

Sulla base della mia passione per l’attività sportiva in ogni sua “sfumatura”, ritengo che lo sport sia una lingua comune in grado di unire e mettere sullo stesso piano persone di ogni razza, genere e inclinazione sessuale, senza distinzione alcuna.

Quando questo si realizzerà nella pratica di ogni giorno, allora sì che si potrà davvero parlare di Sport.

* Dario Lovino si sta per laureare all’università Bicocca in Psicologia dei processi sociali, decisionali e dei comportamenti ecomici. Da 8 anni è allenatore del Sanga Basket di Milano e vice allenatore della squadra femminile under 14. Abbiamo rivisto insieme la sua tesina (“Le donne nello sport. Alla ricerca delle pari opportunità con il genere maschile”) con la quale ha superato con me l’esame di Psicologia delle inflenze sociali, incentrata su un tema che lo riguarda in prima persona. Mi avevano colpito l’interesse con cui aveva colto al volo lo spunto che gli avevo offerto e il coinvolgimento nell’educare lui stesso alla parità e al rispetto i suoi giovani atleti. Si può produrre un cambiamento anche solo replicando con una battuta ai ragazzini che, dovendo sfidare le coetanee, dicono: «Contro di loro vinciamo facile». «E infatti le hanno prese», mi ha raccontato Dario.

(Paola Ciccioli)

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