#scritturebrevi per arrivare al cuore

di Margherita Rinaldi

La giornalista Margherita Rinaldi, a destra, con la collega Asmae Siria Dachan che oggi, 2 giugno 2019, riceve l’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine “al merito della Repubblica Italiana”. Felicitazioni!

Due cose ho imparato prima di tutte le altre nel mio mestiere: fare i titoli pensando al piombo e non avere mai paura di niente e di nessuno. Me le ha insegnate Silvano Rizza, mio direttore quando ero alla Scuola di giornalismo di Urbino e maestro di tanti colleghi, in testate storiche e in tanti anni di professione.

Non avere mai paura è una lezione di vita, oltre che di lavoro. Fare i titoli con il piombo è la mia prima esperienza di scritture brevi. Veramente a quei tempi, a metà degli anni ’90, già si impaginava con i programmi informatici (noi usavamo QuarkXpress per fare Il Ducato), però lui ci aveva consegnato un book e ci aveva spiegato che quando i titoli si facevano con il piombo lo spazio era rigorosamente prestabilito e non c’era modo di superare le misure date. Quindi noi i titoli li dovevamo fare così e allora abbiamo imparato a contare le battute. I titoli di prima misuravano tot battute e in ogni pagina, in posizioni diverse, erano previste misure diverse. Bisognava organizzarsi per mettere tutto lì, dentro quella gabbia, come ora nelle 140 battute di Twitter, per dire l’essenziale, incuriosire e farsi leggere. Io per titolare scorrevo velocemente l’articolo, ricercandone il cuore, cioè il concetto più importante, ma anche l’aspetto emotivamente più coinvolgente. E poi pulivo le parole, asciugavo il testo, sceglievo i termini più calzanti, maggiormente evocativi, fino a entrare perfettamente nella griglia. Essendo ancora molto inesperta dovevo ragionare a tal punto su quei titoli, che qualcuno ancora me lo ricordo: chiamai Fotograffiando, per esempio, l’intervista al re dei paparazzi Rino Barillari.

Del resto, come dice Mark Twain, potresti avere bisogno di più tempo, non di meno, per scrivere qualcosa di breve e di buono.

Questo pezzo di mestiere e la mia recente passione per i social network, preceduti da una laurea in linguistica conseguita con una tesi nella quale riportavo e analizzavo una mia lunga intervista con il linguista francese André Martinet, mi hanno permesso, negli anni, di dipanare una sorta di filo di Arianna, che, recentemente, mi ha portato a incontrare il progetto #scritturebrevi (e a ritrovare un’amica).

#scritturebrevi nasce nel 2010 dall’idea di due professori universitari: Francesca Chiusaroli, mia collega ai tempi della laurea e oggi professore di linguistica, tornata all’Università di Macerata dopo aver lavorato in molti altri atenei (Pisa, Udine, Roma Tor Vergata), e Fabio Massimo Zanzotto, docente di Ingegneria Informatica all’Università di Roma Tor Vergata. All’indirizzo Internet https://sites.google.com/site/scritturebrevi/ c’è il sito ufficiale, che racconta la storia di questo progetto e ne traccia le tappe fondamentali, dai convegni del 2011, ai quaderni del 2012, fino all’ingresso in Twitter, con scritturebrevi che diventa un hashtag e alla creazione di un blog collettivo, a cui tutti possono contribuire, all’indirizzo www.scritturebrevi it.

“La scrittura – si legge nell’home page del sito – quale strumento per comunicare informazioni, ha bisogno per sua natura di un mezzo materiale attraverso il quale veicolare le informazioni stesse. Che sia una tavoletta cerata, un rotolo di papiro, il mio nuovo iPhone, il rigo nella chat, ogni mezzo e ogni contesto interferiscono, e modificano le consuetudini scrittorie nelle varie epoche storiche e, al contempo, contribuiscono a modificare le lingue”. Questa è l’essenza della riflessione, che si propone di analizzare come cambia la lingua e come si modifica la scrittura con l’ingresso nella consuetudine del linguaggio degli sms prima e poi anche dei social network, in particolare di Twitter, che ha fatto della brevità un requisito fondamentale per operare ed esprimersi.

Dopo un paio di mesi di frequentazione di #scritturebrevi trovo sorprendente come, all’interno dell’hashtag, ancor più che nel blog, la riflessione su questo tema si arricchisca e cresca giorno per giorno, ora per ora, a ritmi sostenuti e con risvolti interessanti e non sempre prevedibili (digitare per credere).

Ciò che leggo all’interno di questo percorso è il modo in cui la lingua vive, si muove, si trasforma. Espressioni inconcepibili nel passato come TVB, cmq, nn, oggi sono condivise e comprese da (quasi) tutti.

La chiave l’ha espressa in modo sintetico e a mio parere molto convincente Francesca Chiusaroli:

Chi l’ha detto che i linguaggi giovanili non hanno rispetto del passato?

Un sorriso J vale più di mille parole

Il punto e virgola è a dir poco indispensabile 😉

TVB è una frase “lapidaria”.

Il cuore ♥ è un disegno universale.

Come ho già avuto modo di scrivere altrove, la storia della scrittura continua nel tempo a mettere in atto i meccanismi che “funzionano”. Brevità ed efficacia sono sicuramente tra questi, visto che il linguaggio risponde essenzialmente al principio economico del massimo rendimento con il minimo sforzo (dal punto di vista della comprensione, però, non della produzione, come suggerisce più sopra Mark Twain).

Ecco perché i linguaggi apparentemente destrutturati degli sms o dei tweet alla fine sono per tutti noi così familiari e naturali, anche se non li usiamo quotidianamente. Anche il meno socialnetwork-informatizzato di noi capisce che ke è uguale a che, cmq sta per comunque (del resto abbiamo familiarità con i codici fiscali, no?), ma anche che il disegnino del cuore significa affetto e che l’icona 😦 indica tristezza. Allo stesso modo l’espressione beniiiissssiiiimooooo!!! consente di comprendere immediatamente l’atteggiamento positivo di chi la scrive. La parola di fatto si allunga, ma lo spazio occupato è sempre minore di quello che sarebbe necessario per esprimere lo stesso concetto con una perifrasi tradizionale.

#scritturebrevi non esprime giudizi di valore, non parla di qualità della scrittura, ma osserva un fenomeno in evoluzione, perché la lingua è viva. È viva finché vive l’ultimo parlante e, dunque, la ragione fondamentale di questa vita, la sua essenza, è proprio il cambiamento, la possibilità di modificarsi. La lingua esiste perché l’uomo deve comunicare e cambia quando gli uomini che comunicano elaborano strategie diverse, sempre più efficaci nei rispettivi contesti. Come tutti i movimenti, anche quello della lingua nasce dalla perdita di un equilibrio e dalla successiva conquista di un equilibrio nuovo, fenomeno che può accadere solo se tutte le forze, quelle che innovano e quelle che conservano, svolgono la propria funzione. Ecco perché #scritturebrevi non distingue tra corretto e scorretto, ma tra  funzionante e non funzionante a livello comunicativo. E, così facendo, rende evidente un aspetto importante della nostra contemporaneità: nella concezione occidentale della scrittura iconicità e icasticità sono rimaste generalmente separate, ma oggi non è più così: iconico e icastico convivono nella nostra lingua. Dal marzo 2011, ad esempio, il cuore ❤ è entrato nell’Oxford English Dictionary.

L’ho già scritto da un’altra parte, ma mi piace ripeterlo: oggi siamo più ricchi, almeno qui.

AGGIORNATO IL 2 GIUGNO 2019

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