Le Emoticon di Luciana

di Luigi Galella da Il Fatto Quotidiano del 2 giugno 2010

Non è facile definire la personalità di Fabio Fazio perché è di quelle abili a mimetizzarsi. Da navigato attore degli schermi televisivi ha saputo nel corso degli anni attraversare i generi senza lasciarsene troppo contaminare, guadagnando un’immagine collaudata e vergine, che potrebbe all’occorrenza incastonarsi in qualsiasi format.
Come intervistatore dà il meglio di sé. Anche se talvolta farfuglia. Come se la lingua avesse pudore di seguire l’input del pensiero. Ma la sua è una creativa, deliberata balbuzie, che applica quando simula imbarazzata deferenza verso ospiti di riguardo. Il conduttore principe di Rai3 sa imitare, fare da spalla e interloquire con plurime competenze e su varie altezze, dal tono drammatico a quello comico. Su quest’ultimo registro, ogni settimana chiude la puntata della domenica di “Che tempo che fa” duettando con Luciana Littizzetto. L’attrice e scrittrice torinese, tra le più popolari in Italia, di cui considerati il talento e l’intelligenza si possono perfino perdonare le non brillantissime prove cinematografiche.
Luciana ha pensiero e lingua rapidissimi. Non che le battute le produca all’impronta, ma così pare e questo conta. Si muove e agita nell’angusto spazio che le è concesso, inquieta, conquistando al proprio corpo una scena giocosa e liberatoria. E ora incrocia le gambe, ora si toglie le scarpe e mostra il piede a Fazio, ora si distende sulla scrivania, mentre la sua spalla recita il ruolo di colui che dovrebbe mitigarne l’irruenza e le intemperanze verbali. L’uso frequente del turpiloquio, ad esempio, o quell’ironico “Eminence!” rivolto a Camillo Ruini, quando era segretario della Cei e spesso e volentieri si pronunciava sui temi politici più svariati, Luciana replicava a tono, inaugurando una nuova stagione della sua fortunata carriera, sensibile ai diritti civili e insofferente verso le ingerenze della Chiesa.
Giunta all’ultima puntata della stagione, nella sesta edizione del programma, ha parlato fra l’altro delle “faccette” della Busi, che accompagnavano i servizi che la conduttrice del Tg1 annunciava e stigmatizzava con la sua mimica facciale. Almeno, secondo il suo direttore. E Luciana:  «E ti credo! Minzolone, con tutti questi merdoni, non fa altro che mandare dei servizi sulle doppie punte di Bondi. O degli speciali sull’acaro della magnolia, o sul tarlo del guardaroba. Era ovvio che la Busi dicesse: scusate, non è colpa mia, con tutta la fatica che ho fatto adesso devo annunciare che a Frosinone un cavallo ha imparato a ballare il twist…». Le “emoticon” della Busi, insomma. Faccette che vanno e facce nuove, senza pensiero, che vengono.
Eppure sarebbe carino, come dice la Littizzetto, fare il telegiornale con le facce. Almeno quelle informerebbero. Sarebbero il supporto visivo “parlante” di un testo o un servizio “silenti”. La Resistenza dello sguardo. La Controinformazione degli occhi. O del corpo. Di Luciana che esemplifica: che si rivolta e piega in avanti a novanta gradi. Per chiarire che cosa vuole il governo, ancora, dagli italiani.

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