Le donne cubane dettano legge

Testo e foto di Maria Elena Sini

«Oggi le donne costituiscono la maggioranza dei giudici cubani, degli avvocati e procuratori, degli scienziati, dei tecnici, degli operatori della sanità pubblica e dei professionisti», scrive Maria Elena Sini in questa seconda parte del suo interessante e completo approfondimento

Lavoro, istruzione, diritti: prosegue il viaggio di Maria Elena Sini nelle contraddizioni di Cuba. Mentre, come abbiamo sottolineato già ieri nella presentazione del suo meditato reportage, in queste ore gli Stati Uniti di Donald Trump hanno ordinato al 60 per cento dello staff dell’ambasciata americana di lasciare l’Avana.

Descrivere il fascino dei paesaggi cubani e la cordialità della gente è facile, ma all’inizio di questo racconto ho premesso che trovavo difficile parlare della mia esperienza a Cuba perché non si può dimenticare che questo Paese, caratterizzato da tanta bellezza e gioia di vivere è governato da un regime che limita alcune libertà fondamentali. È innegabile che la Rivoluzione Castrista ha messo fine al governo di Fulgencio Batista, corrotto e legato alla mafia. Il dittatore si insediò nel 1952 con un colpo di Stato che, reprimendo ogni opposizione, abolì il diritto di sciopero, ripristinò la pena di morte e sospese le garanzie costituzionali. In quegli anni le condizioni di vita della nazione erano pessime: un terzo della popolazione viveva nella sporcizia in baracche, spesso senza elettricità o servizi igienici, vittima di malattie parassitarie. Non esisteva un servizio sanitario e veniva negata l’istruzione.

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Nipotina mia carissima, lo sai che quando ero giovane in Italia non c’erano prefette, ambasciatrici e magistrate?

di Rosa Oliva*

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Rosanna Oliva in una foto scattata il 10 settembre, giorno del suo compleanno.

Vorrei tanto che mia nipote e le sue coetanee crescessero in un Paese dove le donne fossero liberate dalla necessità di scegliere tra lavoro e famiglia, tra avere figli e fare carriera.

Cara Irene,

hai nove anni e presto ti parlerò di questa mia lettera che leggerai tra qualche tempo.

Una sera ti dirò del compito che ti voglio affidare per quando tu sarai una donna e io non ci sarò più. Devo trovare l’occasione giusta, magari uno di quei momenti felici in cui stai per addormentarti ed io accanto a te ascolto le tue domande difficili: “Nonna, ci credi in Dio?”, “Nonna, oggi ho sentito una parolaccia” e non hai il coraggio di dirmi quale, poi la pronunci sottovoce per conoscerne il significato, che io ti spiego, dicendoti che sì, le parolacce sono una cosa brutta e vanno evitate.

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Il nuovo destino di Tefta tra libertà e pregiudizi: «voi albanesi, brutta razza. Avete anche cacciato via Madre Teresa»

di Tefta Matmuja

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Tefta Matmuja fotografata dal compagno Christian. Quella che vi proponiamo è la seconda parte del discorso che ha tenuto a Roma nel corso dell’International Women’s Workshop for the Right to Education. Nel post precedente, pubblicato il 30 agosto, Tefta ha raccontato la sua formazione scolastica in Albania durante la dittatura

Purtroppo i politici non capirono. Inesperti della libertà e a conoscenza soltanto del potere, non si preoccuparono di migliorare le condizioni economiche del popolo. Il loro impegno era solo nel prendere il potere nel modo più rapido possibile. Ma la gente chiedeva libertà ormai. Non un’altra dittatura che prendesse il posto di quella precedente, anche se insistevano nel chiamarla democrazia. La gente iniziò a soffrire le privazioni economiche ed era impaurita dal fatto che nessun politico sembrava preoccuparsene.

Iniziammo noi. I giovani, la promessa futura classe dirigente e culturale dell’Albania. Licei ed università, tutti in marcia per chiedere che fossero garantiti e rispettati i nostri diritti. Marce pacifiche, scioperi della fame, e le forze che volevano conservare il potere, perché solo a quello erano interessate, cercavano di impedire tutto questo.

Il popolo spinto dalla delusione decise di prendere le armi e di rivoltarsi contro chi aveva promesso democrazia e benessere economico.

Nel 1997 l’Albania dichiarò di essere in piena guerra civile.

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«Volevo sognare. E ho sfidato la sofferenza con lo studio»

di Rosa Di Paolo

Rosa Di Paolo

Rosa Di Paolo

Non avrei mai pensato di raccontare la mia storia.

Oggi è successo e, allora, eccomi qua. Spero di non essere banale con la storia della mia vita.

Cominciamo con le presentazioni. Mi chiamo Rosa, abito in un paesino della Basilicata posto sulle dolci colline che guardano alla silenziosa Murgia, in provincia di Potenza.

Una famiglia molto unita, la mia. Mio marito, una persona intelligente e speciale e due figli meravigliosi.

Lavoro all’Agenzia entrate, ufficio nel quale non si entra volentieri; lo percepisco dall’umore dei contribuenti che arrivano sempre molto tesi.

La mia vita tranquilla, normale, è cambiata in seguito a un evento terribile e lacerante che ha segnato una linea di confine tra quella che era la mia vita precedente e quella che vivo adesso.

Si tratta della perdita di mio figlio.

Aveva undici anni quando non è più tornato a casa in seguito a un banale intervento di appendicite.

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Fuori dalla finestra Milano, dentro “un disperato bisogno di debolezza”

di Francesca Duranti*

Milano, autunno 1989

Il settimo racconto è autobiografico e non ha titolo. Potrebbe anche essere scritto in corsivo.

La vicenda comincia nel punto dove ho terminato l’ultima stesura della Carezza di Dio e ho dato alla macchina l’ordine di stampare.

Sono uscita sul terrazzo e mi sono seduta su una poltrona a sdraio posta a metà strada tra il crepitio della stampante, proveniente dallo studio, e il canto dei merli, che saliva dal terrazzo della signora Imposimato. Cullata dall’effetto stereofonico ho ripensato alle notti invernali sul treno della Cisa, agli arrivi alla Stazione Garibaldi deserta, all’attesa del taxi, alla consolazione di arrivare finalmente nella soffitta di Mina.

Mina è toscana come me ed è stata mia compagna all’università: è stata, per meglio dire, la mia unica compagna di università. Io, già da matricola, ero sposata con Carlo e aspettavo Nicola. Il bambino è nato in agosto, a metà strada tra Diritto Romano e Istituzioni di Diritto Romano. In seguito avevo un bambino piccolo e poco tempo da perdere. Così non frequentavo molto le lezioni e meno che mai partecipavo agli impercettibili movimenti studenteschi o alla intensa vita goliardica di quegli anni. Ero un’estranea che andava a dare gli esami in un posto dove tutti mi erano estranei e tutti si conoscevano tra di loro.

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«Come si chiama l’autore che abbiamo studiato?» «Ghett.»

di Maria Luisa Spaziani*

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Nata a Torino nel 1922, Maria Luisa Spaziani è morta a Roma il 30 giugno scorso. E’ stata candidata tre volte al Premio Nobel per la letteratura

Quasi mai Montale mi telefonava a Messina, ma quella volta c’era una strana urgenza. «Mi ha chiamato Landolfi, vorrebbe sapere subito qual è il titolo di quel gruppo di poesie di Goethe di cui gli hai parlato, un episodio che gli ispira irrefrenabili risate…» «Ah, se ne ricorda ancora, che onore che per quella piccola storia abbia coinvolto anche te.»

Nei miei primi due anni d’università avevo avuto l’incarico alla cattedra di Lingua e letteratura tedesca, in attesa di poter accedere alla cattedra di francese. C’erano, in facoltà, circa duemila iscritti perlopiù provenienti dalla Calabria, che non aveva ancora università sue. La mia parte era di circa sessanta studenti – o per meglio dire, quasi tutte matricole – di tedesco. Facevano uno o due esami, se ne andavano, e a parte i residenti, benestanti, di buona famiglia, si trattava di pendolari o lavoratori. Il secondo anno feci un breve corso monografico dedicato alle poesie di Sesenheim, che il giovanissimo Goethe aveva scritto per una ragazza, pare addirittura una fidanzata. Sappiamo che la storia finì e che la ragazza si uccise. Forse fu la sua prima profonda esperienza della morte precedente all’ideazione del Faust.

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Quel giorno, a Urbino, la parola “guerra”

di Maria Teresa Sgattoni

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Aggiorniamo questo bel post con l’immagine simbolo della mostra “Different Wars” che si è aperta oggi alla Casa della memoria di Milano: un interessante confronto su come i libri di testo raccontano la seconda guerra mondiale nelle scuole di Italia, Repubblica Ceca, Germania, Lituania, Polonia e Russia. http://www.casadellamemoria.it/ Nella foto: ottobre 1944, dopo la rivolta di Varsavia, gli abitanti lasciano la città. © Archivio di KARTA

Ricordo chi c’era quel giorno, al rettorato, com’ero vestita, come è andata e dove sono andata, dopo.

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Tornare al lavoro dopo la maternità: i perché di una “scelta”

di Cristina Giammella

Cristina Giammella

Cristina Giammella

Il 24 ottobre scorso sono stata proclamata dottoressa in Psicologia dei Processi sociali, decisionali e dei comportamenti economici all’Università degli studi di Milano Bicocca.

Ricordo quell’istante come se fosse appena trascorso perché l’emozione provata è stata grandissima.

Avevo accanto a me tutte le persone alle quali voglio più bene, mia mamma, mio padre, il mio ragazzo e molti amici e, nello stesso tempo, ho avuto la fortuna di trovare una commissione molto disponibile con la quale ho fatto una dignitosa discussione Continua a leggere

“Ecco chi è Ico Gasparri, ecco cosa ha fatto contro lo scempio dei corpi femminili in pubblicità”

icodi Zaira Kasongo*

Il 24 gennaio 2013 ho intervistato il fotografo, archeologo e scrittore, Ico Gasparri con l’obiettivo di comprendere com’è nata la sua idea di fotografia e com’è maturata la volontà di raccontare le sue sensazioni nel primo libro “Chi è il maestro del lupo cattivo?” , relativamente all’oggettivazione sessuale nel mondo pubblicitario utilizzando il metodo iconografico per la descrizione delle immagini. La passione per la fotografia nasce nel 1975 (“un bel giorno i miei mi hanno regalato una macchina fotografica e da lì ho capito di avere una dote, potevo guardare il mondo attraverso le immagini”) Continua a leggere

Marisa Ombra, la forza di ribellarsi all’“incantamento” del fascismo

Marisa Ombra

Marisa Ombra

di Maria Elena Sini

Sembra una signora come tante, gli occhi azzurri vivaci e penetranti sotto il caschetto di capelli grigi e una innata eleganza, ma Marisa Ombra, classe 1925, non è una donna comune, ha alle spalle una storia importante: di famiglia operaia antifascista, inizia l’attività clandestina collaborando alla preparazione degli scioperi del marzo ’43 e dopo l’8 settembre diventa staffetta nelle brigate partigiane garibaldine.

Nell’incontro con la cittadinanza organizzato dall’Anpi, con la collaborazione dell’Arci e NoiDonne 2005, che si è tenuto a Sassari il 30 gennaio 2013 nell’Aula magna dell’Università, questa donna minuta e apparentemente fragile ha raccontato con semplicità, come se fosse una cosa normale, la sua vita leggendaria. Continua a leggere

Rivoluziona il sapere! Liberiamoci dalla politica sessista dell’Università

Pretendiamo strumenti di conoscenza liberi da forme di dominio

In seguito alle scelte operate dall’Università di Torino e dalle istituzioni locali  torinesi abbiamo organizzato un seminario interdisciplinare di studi di genere come atto di protesta.

In occasione, dell’ultima gionata di seminario 31 maggio 2012,  presenteremo questa petizione (allegato) con la quale chiediamo un’azione immediata e concreta per l’anno accademico 2012-2013:

Il ripristino del corso di Storia delle donne e un impegno di lungo termine nell’attivazione di programmi di gender studies, dottorati, master o attività analoghe all’interno delle facoltà dell’UniTo Continua a leggere

Il rapporto tra etica, scienza e tecnologia: una ricerca in ottica di genere

Giovedì 15 dicembre – ore 9.30-13.30
Aula Magna del Rettorato Università Roma Tre, via Ostiense 159
Saranno presentati i dati raccolti e sarà proiettato un filmato con le interviste alle studentesse e agli studenti
Riflettere sull’etica per i giovani di Roma Tre è utile e interessante. Questo il risultato della ricerca “Il rapporto tra Etica, Scienza e Tecnologia: ricerca in ottica di genere”.
Il progetto, coordinato da Francesca Brezzi, docente di Filosofia morale e delegata del Rettore per le Pari Opportunità dell’Università Roma Tre, ha preso il via nella scorsa primavera Continua a leggere

Musulmana non può pregare in ateneo. E una prof le concede il proprio ufficio

E’ accaduto all’università Bicocca di Milano. Dove si sta pensando di realizzare una ‘stanza del silenzio’ da mettere a disposizione degli studenti di religioni diverse per le loro preghiere

Una studentessa musulmana in università non ha un posto per poter pregare Continua a leggere

Suggerimenti agli studenti: «Rileggiamo lo scandalo Noemi»

Noemi Letizia mostra una foto autografata di Silvio Berlusconi

Ieri mi è capitata una cosa bellissima: grazie alla professoressa Chiara Volpato ho avuto l’opportunità di confrontarmi con un’aula dell’università Bicocca di Milano. Per oltre due ore ho potuto dialogare con studentesse e studenti curiosissimi e preparatisulle difficoltà che tutti abbiamo a essere compiutamente informati, sulle gravissime omissioni dei tg del servizio pubblico, sulle conseguenze del conflitto di interessi. Per capire e poter giudicare la portata dello scandalo Noemi, per esempio, ho suggerito alle ragazze e ai ragazzi di andare su Internet e rileggere l’articolo di Giuseppe D’Avanzo e Concita Sannino del 24 giugno 2009. In quell’articolo, che riproponiamo, i due giornalisti di Repubblica intervistano l’ex fidanzato della minorenne napoletana, il quale racconta come il presidente del Consiglio ha “abbordato” Noemi e come le abbia passato al telefono, già in quel primo contatto, Emilio Fede. Tornata a casa dalla Bicocca, mi sono messa a leggere i giornali online e ho scoperto che il direttore del Tg4 era addirittura indagato per favoreggiamento della prostituzione. Per comprendere la portata del nuovo scandalo Ruby, nel quale è appunto coinvolta un’altra minorenne, bisogna dunque avere ben presente la storia di un anno fa, troppo in fretta archiviata. E con responsabile cattiva fede descritta da molti come “fatto privato” o addirittura “gossip”. Su Repubblica di oggi, Giuseppe D’Avanzo ritorna, giustamente, sulla vicenda Noemi. Ecco perché postiamo anche questo articolo.

(Paola Ciccioli)

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