La ragazza con l’orecchino di MADRE perla

Testo e foto di Emma, 13 anni, allieva del Conservatorio di Udine*

An old shabby dad’s jacket, a yellow mom’s scarf, and a beach towel. The pierce pearl was too small, then a MOTHER-of-pearl (got the sense?) hanging earring looked perfect.  
This is how Emma has turned into that painting, which she “really digs”, spotted in a magazine during a train trip. 

Sono trascorsi ormai moltissimi anni da quando Jan Vermeer ha dipinto questo quadro. La ragazza con l’orecchino di perla. Una ragazza semplice… acqua e sapone; ma con un fascino ipnotico. Non tanto per la bellezza di per sé della ragazza, ma per il suo sguardo. Sguardo penetrante, affascinante, calmo. Io oggi ho provato a riprodurlo!

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«A scuola in pigiama (la mia esperienza con il Corona Virus)»

di Emma, 13 anni, allieva del Conservatorio di Udine

Emma, l’adolescente che ha scritto questa bellissima testimonianza, sotto una coltre di libri e giornali in uno scatto di Ettore, suo fratello minore. “Io ho preparato tutto e poi lui ha scattato”, ci ha raccontato. Meravigliosi. Grazie a loro inviamo i nostri saluti a tutte le studentesse e agli studenti italiani alle prese con il sovvertimento delle abitudini dovuto all’emergenza contagio. Forza, ragazz*!

Il mese scorso, si è sparsa una voce. Un nuovo virus è in circolazione; il Corona Virus!

All’inizio, sembrava una cosa da niente. Tutti dicevano che si era sparso solo in Cina, e che qui in Italia non sarebbe mai arrivato perché erano riusciti ad isolarlo. Ma isolare non vuol dire fermare. A poco a poco si stava spargendo in tutto il mondo. In Francia, in America, in Germania in Africa, e in molti altri Paesi.

Un giorno, andando in Conservatorio, ho notato che molti negozi erano chiusi fino a “data da destinarsi”. In città non c’era più neanche un gatto. Poi un giorno hanno chiuso anche le scuole. Fino a “data da destinarsi”. All’inizio dovevano chiudere per pochissimo tempo, poi fino al 1° marzo, poi fino al 4, fino al 16 e adesso siamo arrivati al 3 aprile.

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Ettore, il destino di un nome fa ritrovare due fratelli nella Rete

di Elisabetta Baccarin

Elisabetta, la lettera dal campo di concentramento di bolzano

La lettera di Ettore Baccarin spedita dal campo di concentramento di Bolzano. Grazie alle ricerche di Elisabetta Baccarin, pubblicate sul nostro blog, un prezioso incontro in Rete ha messo insieme due pezzi di famiglia e di Storia

“Carissimo Albano e Gilda dopo circa due mesi che manco da casa, vengo a voi con questo mio biglietto, facendovi sapere che la mia salute va bene come spero che sarà pure di tutti voi. Caro Albano mi trovo in campo di concentramento a Bolzano, dunque il motivo che sono qui io, è a causa del rifugio che sai bene anche tu, speriamo al meno che non servi. Caro Albano mi perdonerai se ti domando un gran favore se puoi quando ricevi questo scritto di mandarmi un pacchetto con un po’ di pane biscotto e un po’ di tabacco, magari di quello in foglia, come puoi e qualche pacchetto di cartine. Se puoi mi mandi anche un po’ di danaro in sicurata, che se avrò la grazia di tornare tutto ti sarà ricompensato. Gli ho scritto pure a mia moglie che mi mandi qualche cosa ma io so le condizioni che si trova la mia famiglia!

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