Un’estate di musica, ragazze che cantano e ragazzi che crescono

di Luca Bartolommei

A Fano nel vecchio borgo dei pescatori c’è un vicolo che prende il nome da el Gugùl, una particolare rete da pesca che ormai non si usa quasi più. La viuzza parte larga e va stringendosi, proprio come quel particolare attrezzo. La città negli anni è cambiata, come è normale che sia, ma in quella zona del porto possiamo ancora trovare qualche atmosfera dei tempi andati. Il mio racconto delle vacanze giovanili trascorse alla Sassonia e dintorni termina qui e mi è sembrato giusto lasciare Fano con un’immagine che parlasse dell’importanza di avere delle radici, delle tradizioni, una storia. La Fano romana, i Malatesta, il Carnevale, per carità, tanto di cappello, siano il vostro orgoglio care e cari fanesi, ma lasciatemi partire con un saluto alla fatica e al lavoro di generazioni di pescatori e marinai che alla vostra (ma anche un po’mia) città hanno dato tanto. Sembra che tra poco potremo ritornare a muoverci e a pensare addirittura alle vacanze… chissà se, insieme a me, anche a qualcun altro verrà la voglia di passare qualche giorno a Fano e dintorni. Se poi, leggendo questo e gli altri post sull’argomento, di cui trovate i link in fondo all’articolo aveste dei ricordi simili da condividere fatecelo sapere. Provvederemo.

El Gugùl, nel borgo storico dei pescatori fanesi, fotografato da Ramona Neri.

L’anno non è importante, la cosa certa è che l’infanzia era finita. Non più la casa in viale Adriatico 5, non con l’intera famiglia, basta bancarelle e giocattoli, fine dei giochi sulla sabbia, la sera dopo cena non si gioca più a nascondino.
Ero a Fano con mia nonna Elia e basta. Stavamo praticamente di fronte alla casa di prima, eravamo infatti alla pensione Sassonia, stessa aria, stessa gente ma tutto diverso. Ero cresciuto, eravamo cresciuti. Incontri l’amico che l’anno prima (forse anche un paio d’anni prima) era, sebbene più grande di te, un fanciullo e vedi che è diventato un giovanotto, infatti tiene un po’ le distanze. Al trampolino rivedi quella ragazzina “de Terni” (la d e la t si pronunciano con la punta della lingua che spinge contro l’arco palatale…) e noti che ha tutte le cose al suo posto, come si dice a Milano, e il fatto che ti chiami per nome ti conforta per il prosieguo della vacanza. Al chiosco della Maria Giulia non guardi più il calcio-balilla o il flipper ma ti accorgi (c’era anche prima, però…) del juke-box. Continua a leggere

La ri-partenza è un’alba lungo una spiaggia di Fano

di Luca Bartolommei

Lunedì 4 maggio 2020. Si riapre. Come ogni mattina una donna si alza molto presto, il lockdown non l’ha fermata, lei lavora nel reparto pasticcceria-panetteria di un grande centro commerciale a Fano. Andando al lavoro passa accanto alla spiaggia libera della Sassonia (proprio la “mia” Sassonia) e scatta una foto, come è abituata a fare. Del resto, chi non va a lavorare all’alba senza la macchina fotografica, vi pare? Ramona Neri ci ha regalato un altro dei suoi bei momenti e noi la ringraziamo. La ripartenza, l’alba, il lavoro, in questa  foto le suggestioni sono tante e per tutt* e ciascun* di noi. Intanto continua il mio racconto delle vacanze fanesi.

L’alba del 4 maggio 2020 a Fano, fotografata da Ramona Neri dalla spiaggia libera della Sassonia. La sua foto sarà di buon auspicio.

Il periodo clou delle vacanze era ovviamente quello del Ferragosto. Si succedevano le attività, le iniziative e i momenti d’intrattenimento e svago, i villeggianti erano continuamente sollecitati a parteciparvi. Dalla corte Malatestiana al porto un susseguirsi di concerti, dalla musica classica al liscio con orchestre e orchestrine. Le auto con gli altoparlanti invitavano a recarsi al dancing Florida, dove sabato sera avrebbe suonato il complesso “I Friends”, con il proprio repertorio di musica moderna da ballo. Ricordo di aver assistito proprio al porto ad una esibizione dell’orchestra di Secondo Casadei, che suonava il violino. Sul viale Adriatico, un’altra volta, un gruppo più modesto quantomeno nella formazione, proponeva il refrain “i cavalli son stanchi nell’umida sera”.

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Da Maciachini a Fano (con i bauli di nonna Elia)

di Luca Bartolommei

L’amica Silvia Tamburriello ha colto l’occasione nei giorni scorsi di parlare di Carnevale durante uno dei suoi consueti collegamenti con Tony Pasquale su ICN Radio New York. Ovviamente si parlava di carnevali marchigiani e segnatamente di quello di Visso e di quello di Fano. Amo le Marche e Visso, ma quando sento parlare di Fano perdo l’obiettività, perché ho passato in quella città molte estati della mia fanciullezza e dell’inizio della mia adolescenza.  Fano è una delle tre città marchigiane candidate a diventare capitale italiana della cultura per il 2021.

Nella foto di Ramona Neri un particolare della sfilata dei carri allegorici a Fano durante il Carnevale lo scorso 9 febbraio. In basso a sinistra si scorge il “Vulon” la tipica maschera fanese.

La partenza per Fano veniva organizzata con molto metodo e discreto anticipo.

La prima operazione era quella di fare i bauli, sì, proprio i bauli, quelli verdi con le costolature nere con i rivetti in ottone, così come le serrature laterali con le cerniere e la chiavetta (occhio a non perderla, sennò…) e quella centrale predisposta a ricevere un bel lucchetto robusto, che non si sa mai…

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