Con le “militanti della memoria”, per restituire l’identità alle vittime della dittatura argentina

Nunca Más! Mai Più!
Argentina 1976-1983

Franca Jarach, desaparecida all'età di 18 anni

Franca Jarach, desaparecida all’età di 18 anni

L’università di Milano-Bicocca sostiene la campagna per il diritto all’identità promossa dall’ambasciata della Repubblica argentina in Italia, con il sostegno della CRUI (Conferenza dei rettori delle Università italiane), per «restituire l’identità» a chi ne è stato derubato durante il regime dittatoriale in Argentina (1976-1983) e per continuare a tenere viva la memoria. Durante la dittatura, infatti, i militari fecero scomparire 30 mila persone e tra queste centinaia di bambini, figli dei desaparecidos. Da allora le Abuleas de Plaza de Mayosono alla ricerca dei loro nipoti ancora vivi, alcuni dei quali potrebbero trovarsi in Italia, cittadini argentini o italiani nati in Argentina in quei terribili anni.

All’incontro – informa una nota dell’ateneo – partecipano il rettore dell’università di Milano-Bicocca Cristina Messa, l’ambasciatore Gustavo Moreno console generale argentino a Milano, Alberto Giasanti, sociologo del diritto della Bicocca, Claudio Tognonato sociologo e curatore del libro Affari nostri. Diritti umani e Rapporti Italia – Argentina ’76-’83, Giuliano Turone, magistrato emerito della Corte di Cassazione, che fu giudice istruttore nell’inchiesta che portò alla scoperta della loggia massonica P2, e la sezione italiana di Amnesty International. Continua a leggere

Nonna, raccontami una fola (così non sarò schiava)

di Elisabetta Baccarin

Elisabetta Baccarin

Elisabetta Baccarin

leggendo del lavoro sulle emozioni in bicocca, mi è tornato in mente che nel mio piccolo, fatto di un lavoro che con l’insegnamento non c’entra più nulla da molti anni ma che mi fa ogni giorno conservare nel cuore l’insegnamento come uno dei lavori migliori che abbia fatto, mi sono laureata da adulta (avevo già 31 anni) con una tesi sulla valenza sociopedagica delle fiabe popolari. il perché della mia tesi è arrivato per caso: sono rimasta iscritta all’università per 12 anni e non ho mai frequentato, tranne qualche lezione e seminario che poteva coincidere per orari e brevità con i tempi della mia vita altra, e l’italiano era l’unico campo che avrei potuto affrontare in autonomia e senza ‘firme’ che i professori chiedevano per le lezioni. ho dato tutti gli esami e me ne mancava uno solo, ma non sapevo come terminare il mio percorso. negli ultimi anni della mia iscrizione mi sono trovata a frequentare spessissimo mantova e anche una nonna, di cui racconterò un’altra volta, che da sempre ha raccontato fole. ‘non raccontar fole‘ è un modo per dire a qualcuno ‘non dire fandonie’. e mi son tenuta questo pensiero per me, fino a che non ho visto una bimba di 3 anni che incontrando la nonna, abbandona il televisore, le corre incontro e le dice ‘ciao nonna, mi racconti una fola?’. e mi sono domandata perché e mi è tornato in testa quel pensiero sulle fandonie.

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