«Quelle che Chopin sull’enciclopedia lo cercano alla lettera S.»

di Michele Di Palma

Mentre Sara legge, il padre continua a mangiare. È davvero di poche parole. Alza gli occhi dal piatto solo per guardare la figlia. Ogni tanto scruta Sara, commentando la lettura con piccoli grugniti e imbarazzanti schiocchi di palato. Poi scrolla la testa, si pulisce la bocca con il tovagliolo di stoffa suo personale, alza le spalle e lo lascia cadere sul tavolo. Si rituffa sul piatto, i gomiti alzati, arrotolando gli spaghetti con l’aiuto di un cucchiaio. Mangia rumorosamente, sbrodolando dappertutto. È proprio una bestia il padre di Sara, è la prima volta che lo vedo mangiare. Lo frequento poco perché quando vengo a studiare da Sara, a casa non ci sta quasi mai. Torna tardi la sera dal lavoro, dice lei. Qualche volta lo incrocio per strada, quando vado in Facoltà. Mi limito a un saluto frettoloso e avanzo il passo. Lui si gonfia tutto, come per darsi importanza e con una mano alzata mi saluta chiamandomi Mariotto, anzi, Mariò, una cosa che non sopporto proprio. Mi dice proprio così: «Uè, Mariò…». Che fastidio. No, non ci ho mai voluto nulla a che spartire con il signor Gianni. Lo conoscevo, diciamo così, solo di riflesso. Ora, purtroppo, lo conosco in pieno. Ma fin da quando ho conosciuto Sara avevo, di questa rozzezza, un presentimento. Forse per il mio antico pregiudizio sui padri delle ragazze che frequento: ne ho sempre avuto una paura fottuta. Sara mi ha fatto capire una volta, tra mezze ammissioni, che suo padre è un tipo brusco, che va d’accordo con pochissime persone e che con lei e la madre non ha un bellissimo rapporto. Quando sta a casa, passa tutto il tempo libero a dipingere chiuso nel suo studio. Però quella volta mi ha anche detto che a suo padre sono simpatico, che quel “Mariotto” è una prova d’affetto. Io non lo so, il padre di Sara mi sembra soltanto un animale.

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«Il piccolo popolo custodito nello scatolone dei libri. I miei libri»

di Mariagrazia Sinibaldi

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Una foto dalla scatola dei ricordi: Mariagrazia Sinibaldi con la nonna Anna a Osimo, in provincia di Ancona. Alla “Giovinezza marchigiana” è dedicatao un capitolo di “È come vivere ancora”, il libro edito dall’Associazione Donne della realtà che Mariagrazia presenterà, con la preziosa collaborazione della giornalista Margherita Rinaldi, sabato 1° ottobre proprio a Osimo, nella specialissima sede dell’Istituto Campana (http://www.istitutocampana.it/)

A pensarci bene, ci sono scatole e scatole, ci sono scatoloni e scatoloni. La casa della signora Vecchiottina, per esempio, era quasi del tutto priva di cassetti (i cassetti a lei, signora Vecchiottina che soffriva di attacchi di claustrofobia, non erano troppo confacenti) ed era, al contrario, sovraccarica di scatole: scatole di tutte le dimensioni. Dalla scatola immensa, quasi un armadio, alle scatoline piccole piccole adatte a contenere una singola monetina e nulla più.

Amava la nostra Signora questi contenitori che potevano essere spostati qua e là, o impilati uno sull’altro, o addirittura sistemati uno dentro l’altro, secondo le  necessità, e che potevano contenere in bell’ordine tutte le cose sue e quelle affidatele da figli e nipoti. Tutte le cose ben divise, secondo la loro funzione, o stagione, e ciascuna scatola aveva la sua bella etichetta indicante il contenuto. Perché la signora Vecchiottina, checché se ne dicesse in giro, amava l’ordine.

Tutto ciò, sopra descritto, era lo stadio iniziale.

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“È come vivere ancora. La vera signora del blog”

di Paola Ciccioli

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Mariagrazia Sinibaldi in un ritratto del figlio Francesco Cianciotta. Con lei l’inseparabile computer e, ora, anche il suo libro che raccoglie una selezione ragionata dei post pubblicati su questo blog

«Siamo due viaggiatrici o no?», mia domanda. «Ok» di risposta con tre coccinelle beneauguranti a colorare il messaggio. Dunque, partiamo (a dio piacendo). Per dove? Per la prima presentazione ufficiale di “È come vivere ancora”, il primo libro di Mariagrazia Sinibaldi, che è anche la prima creatura dell’Associazione Donne della realtà (che non ha neppure compiuto il suo primo anno di vita). Porterà bene questa serie di “primo”, “prima”? Ce lo auguriamo, ovviamente. Ma credo che le tre coccinelle abbiano già fatto un discreto lavoro.

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«Un’altra dimensione dentro agli occhi»

di Nikos Dimou

MUPSI

 

Stoico come un filosofo romano.

Immoto per ore, giornate.

Un’altra dimensione dentro agli occhi

Non un gesto di troppo

né un pensiero di troppo.

 

Quando sento parlare d’autoanalisi,

d’introspezione, di concentrazione,

io penso sempre a Mupsi –

il compatto rigore d’un teorema.

Gatta+Corfù

La poesia Mupsi è tratta da “La Gatta di Corfù” di Nikos Dimou. Un grazie al grande amico che mi ha donato (anche) questa antologia. Sotto, anche la versione originale in greco

* E così buona domenica. E una carezza a quella bambina lontana che gioca con la sua gattina Francesca, sì, lei ha voluto chiamarla così. E una carezza (di incoraggiamento) anche a noi che davanti a un notaio che migliore non si può il 17 settembre abbiamo fatto nascere l’Associazione Donne della realtà. E che adesso, su Facebook, al posto di un profilo abbiamo una pagina. E che (Lorenzo Di Palma ed io) ci diamo tanto da fare a mettere il più possibile in ordine nei nostri pensieri e nell’archivio del blog perché presto presto partiremo con il tesseramento e vi chiederemo – a chi c’è sempre stato e a chi vorrà unirsi a noi – di darci carezze, affetto, sostegno e amicizia. Perché c’è tanto da fare e da inventare.

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Un libro. E le parole per dirlo

Q copertina solo frontedi Paola Ciccioli

Emozione e paralisi. L’emozione è stata quella di ritrovarmelo tra le mani, questo libro. L’estate scorsa, quella del lutto più grande – la perdita di mia madre –, da far scorrere via dai pensieri e dalla vita precedente. E poi la paralisi, l’incapacità di sfogliarlo, studiarlo, trovare le parole per farlo conoscere. A partire dalla copertina che ripropone un’altra copertina, quella del settimanale Tempo del 13 maggio 1954. Nella quale Anna Magnani ascolta con le labbra socchiuse Salvatore Quasimodo che legge i propri versi, cinque anni prima che gli venisse conferito il Premio Nobel per la letteratura.

Soltanto quando Alessandro Quasimodo, il figlio del poeta, è riuscito a trovare con la consueta caparbietà questa immagine, è arrivato il momento di dare alle stampe il volume Continua a leggere