Come si dice “Donne della realtà” in cinese?

di Sabrina Sbaccanti

Una meravigliosa ragazza in un posto meraviglioso del pianeta: la Grande Muraglia. Sabrina Sbaccanti si definisce «interprete e traduttrice. L’inglese perché who doesn’t speak English those days, il portoghese per i quattro anni vissuti a Lisbona e il cinese perché non mi piace vincere facile». Le sue parole non la descrivono compiutamente, dunque torneremo a parlare di lei. Intanto la abbracciamo e la ringraziamo per aver tradotto in cinese l’appello di “Donne della realtà” da cui è scaturito questo blog, e poi l’Associazione, e poi l’ebook, e poi il Giornale, e poi… E poi?

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«… rincorrendo e creando il mio posto»

di Erica Sai

IL MIO POSTO

Pavimenti, lavatrici, pranzi

persone costantemente

parole e noia

 

non sono fatta per questo

che mi toglie il respiro

e accende l’insoddisfazione.

 

Se così non fosse

avrei trovato un poverino

in vena di matrimoni e figli

 

non mi sarei buttata

senza coscienza nell’avventura

più grande di me.

 

Ma non è mio il lago placido

dello standard, della vita impostata

ché si fa così

 

fanno tutti così

“non sarai felice poi,

sennò, altrimenti”.

 

Dondolo quasi compiaciuta

nelle vertigini di una vita

di sete desertica

 

con gran fatica

rincorrendo e creando

il mio posto.

erica-sai

Erica Sai in una foto dal suo diario Facebook

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“Russia 1991”, nella storia con il coraggio di due fotografe

di Alba L’Astorina

russia_locandinaUn reportage fotografico racconta gli intensi e drammatici giorni del tentato golpe di Mosca del 1991, e porta alla ribalta volti, storie, simboli e accadimenti di uno dei momenti più significativi della Russia contemporanea. Il reportage, a cura di Bruna Orlandi[i] e Alessandra Attianese[ii], si intitola Russia 1991. Un altro luogo, un altro tempo e sarà in mostra a Il Tornio di Agenzia X, a Milano, dal 14 fino al 24 maggio nell’ambito di Photofestival. Dal lunedì al venerdì, dalle 15 alle 19 (http://www.photofestival.it/).

Il luogo è la Mosca dell’allora Unione Sovietica, il tempo è quello del colpo di stato del 19 agosto 1991, quando la capitale sovietica è invasa dai carri armati. Ricordo ancora lo sconcerto dei giorni in cui i media comunicarono che il presidente Mikhail Gorbaciov, autore di profondi processi di riforma[iii] che avrebbero portato alla dissoluzione dell’URSS, era stato fatto prigioniero nella dacia presidenziale in Crimea allo scopo di impedirgli di firmare il nuovo Trattato dell’Unione che avrebbe portato alla indipendenza di alcune Repubbliche.15_Orlandi

Sebbene sembri una storia ormai molto lontana, risalente a più di vent’anni fa, il reportage non può non far pensare a quello che sta succedendo in queste ore nella stessa Russia e in Ucraina. E alle cronache drammatiche dalla Cecenia cui abbiamo assistito in tutti questi anni. Forse è per questo che le autrici hanno dedicato il loro lavoro documentaristico ad Anna Politkovskaja, la giornalista russa uccisa nel 2006 durante la presidenza di Vladimir Putin, che con i suoi reportage dalla Cecenia ha raccontato con uno stile talmente aderente alla realtà da sembrare quasi fotografico, le profonde trasformazioni che il suo paese stava attraversando, denunciando la corruzione, la brutalità e la negazione dei diritti civili.

Anche le foto di Alessandra e di Bruna rivelano un occhio attento ai particolari e nel contempo discreto nell’adesione alla realtà. Sguardi che colgono lo smarrimento dei corpi, la sospensione della speranza, l’ansia della libertà, l’euforia quando, un mese dopo, l’Unione Sovietica viene sciolta. Ma che lasciano amaro negli occhi al pensiero di una primavera, quella russa, mai realmente sbocciata. Continua a leggere