La sana ribellione di una “certa” età

di Maria Elena Sini*

Una foto del 1962 di Vivian Maier della quale il 23 giugno si apre una mostra al Palazzo Ducale di Genova © Vivian Maier/Maloof Collection, Courtesy Howard Greenberg Gallery, New York. (http://www.vivianmaier.com/events/vivian-maier-palazzo-ducale-di-genova/)

Sarà che mi avvicino all’età in cui posso essere definita “anziana” ma il tema mi interessa. È vero che ho una “certa” età ma quando in astratto penso alla mia fascia di età non mi colloco nel segmento giusto, mi percepisco come più giovane. Se devo essere precisa mi sento più giovane della mia età anagrafica da un punto di vista fisico, perché sono piena di energia, non mi stanco facilmente, mi sembra di essere forte. Se invece penso all’aspetto mentale a volte mi sembra di essere vecchia, mi accorgo di aver visto tante cose, di aver attraversato tanti periodi della mia vita personale e della vita dell’umanità in generale. Ma pur con questo diverso tipo di percezione sono strenuamente convinta che si possa continuare ad essere utili, ad imparare, ad essere creativi sino alla fine del tempo che ci è concesso.

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«Ma io non voglio avere hobby, voglio avere passioni»

di Giuseppina Pieragostini

Arrivederci, Susan. E grazie, Giuseppina Pieragostini: ci siamo divertit* nel vedervi fare da spalla l’una all’altra… Susan Sarandon continua a ripetere, anche attraverso la T-shirt che indossa: “Don’t dream it. Be it”. L’attrice, che di anni ne compirà 71 a ottobre, è schierata con la comunità Lgbtq, tanto più ora che il presidente degli Stati uniti Donald Trump si è rifiutato di proclamare giugno “il mese dell’orgoglio gay”, spingendo perfino Facebook a introdurre i nuovi “like” arcobaleno (http://www.milanopride.it/site/home/)

Terza (e ultima) parte del racconto L’età dell’indecenza:

L’assenza di obblighi familiari, professionali, sociali, religiosi, ti fa oscillare come una pianticina sradicata e quasi ti aggrappi al guinzaglio del cane per non finire lunga per terra.

Tra voi s’è stabilito un accomodamento basato sull’accontentarsi reciproco: lui avrebbe voluto essere il cane di Gualtiero e tu avresti voluto seguitare a badare al suo padrone.

Mentre ti strascini in giro con questo lascito molesto, comunque sempre meno di un marito, scopri l’infinita spasura di donne che hanno varcato l’infame soglia. Non le avevi mai notate, nemmeno supponevi che esistessero; con pertinacia ti sei allenata a riconoscerle leggendo in loro i segni che non vorresti vedere in te. Le segui, le sorvegli: come si veste, come parla, di cosa parla, come si muove una donna che ha sessant’anni? Impari docilmente su di loro e da loro; cerchi di individuare quale personaggio ti toccherà recitare in questa commedia dell’arte della sopravvivenza.

Appaiono equamente suddivise per tipi come i gatti: certosino, siamese, soriano, persiano, europeo e come per i gatti, i comportamenti sono dettati dalla razza di appartenenza.

Ci sono le irriducibili, sessantenni che prive del velo pietoso degli ormoni, cercano di riacchiappare per la coda qualche scampolo di femminilità, con il risultato di mettere in scena continuamente l’evocazione di un’assenza: i capelli troppo biondi, l’abbigliamento troppo provocante, le scollature abissali; i gioielli vistosi a distogliere l’attenzione.

L’incertezza si denuncia nell’incedere, diventato meno sicuro nel calpestare il mondo: la giovinezza è nei piedi. Come farà Susan Sarandon a caracollare con grazia e coraggio sui suoi tacchi? Forse stringe i denti e va o forse s’è fatta fare prima una puntura di anestetico per piede.

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«Che gli uomini siano diventati meno interessanti di un cesto di lumache, passi»

di Giuseppina Pieragostini

Eccola di nuovo con noi (e nel racconto a puntate di Giuseppina Pieragostini), Susan Sarandon. Qui l’attrice è in una foto dal suo profilo Facebook mentre pubblicizza il film da lei prodotto “Deep Run”, documentario su un giovane transessuale alle prese con l’arretratezza culturale della zona rurale del Nord Carolina in cui vive (http://www.deeprunfilm.com/)

Continua il racconto L’età dell’indecenza:

Tu che hai sempre considerato il soma solo in quanto supporto della brillantezza della mente, al massimo una sede di personalità e stile, ti ritrovi come un segugio ad inseguire ogni segno della capitolazione del corpo, che sembra prendersi le sue rivincite su tutte le volte che non lo hai massaggiato, tonificato, coperto di fanghi miracolosi, bendato con balsami ed unguenti profumati. Mica come Portia.

Non ti puoi esimere dallo spiare ogni suo progressivo cedimento; il porco nemico non si lascia intimidire e se lunedì affiorano due venuzze sotto il ginocchio destro, martedì crolla la palpebra sinistra, mercoledì compare una ruga trasversale tra la guancia e la piega labiale, giovedì non puoi più ignorare un accumulo di grasso a un polso, venerdì si evidenzia la deviazione tanto improvvisa quanto sincrona degli alluci, sabato la cianciapella dei gomiti sbatte contro l’osso. Domenica festa. No, domenica sera compare una bella macchia bruna, l’ennesima, sul dorso della mano sinistra. Se qualcuno pensa che questo sia un artifizio letterario, si sbaglia o semplicemente non ha sessant’anni o si chiama Portia.

Il tutto si va a sommare al pieghettato sotto alle ascelle, al ballonzolo bizzarro del rivestimento carnoso dei femori, nonché di quello degli omeri, ai due corpi estranei che dipartendosi dalla mandibola vanno a ricongiungersi al collo.

C’è in questa contabilità dei guasti, impietosa ma non abbastanza da essere esaustiva, l’astioso compiacimento di chi ha sempre saputo che sarebbe andata a finire così, anche quando zompettavi a destra e a manca e macinavi chilometri e chilometri a piedi, a nuoto, in bicicletta sulla moto, sulla barca, in aereo. Neanche avessi il diavolo alle calcagna. Allo stesso modo come sapevi che ciò che ti teneva unita a Gualtiero non erano le presunte affinità elettive, ma solo il raccontarvi le stesse bugie e che un giorno avrebbe trovato una più giovane con cui raccontarsele. Adesso che la bestia ti ha raggiunto, non hai nemmeno voglia di affrontarla; te ne manca, più che il coraggio, la convinzione che ne valga la pena.

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