Diamo parole al dolore

di Ilaria Carosi*

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Ilaria Carosi è psicoterapeuta e vive a L’Aquila dove, come abbiamo ricordato nei giorni scorsi sul nostro blog, nel terremoto del 2009 ha perso sua sorella. In questi giorni è impegnata a Rieti con i colleghi dell’Associazione Psicologi per i popoli Abruzzo nell’assistenza ai parenti delle vittime del sisma che ha colpito il Centro Italia il 24 agosto. «Foto Stefano Schirato, L’Aquila, marzo 2014. Questa foto parla. A me e di me. Non ringrazierò mai abbastanza Stefano per averla scattata»: da Facebook

Ai colleghi

Carissimi, in tanti mi avete contattata, ho cercato di fornire a tutti indicazioni e risposte, per quanto ho potuto.
 Mi dispiace se negli ultimi giorni non ho potuto farlo sempre con prontezza ed in modo “mirato”, rispetto alle vostre richieste, ho avuto molto da lavorare e in una situazione delicatissima. Prioritaria, rispetto a quelle che emergeranno da qui in poi. 
Sono stata a stretto contatto con i parenti delle vittime, nel luogo del massimo dolore, contraddistinto da livelli di complessità e di esposizione a stimolazioni psichicamente devastanti, per chi è stato costretto a viverle. L’ho fatto con enorme rispetto, lo stesso che mi porta ad aver molto ragionato sull’utilità di questo post.
 Fortunatamente, in questo momento, tante associazioni di colleghi stanno gestendo le emergenze e le richieste di sostegno che ci sono sul territorio.

Emergenze, per l’appunto.

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Papà, ridotto a lavorare sotto terra come i topi

di Nora Scarnecchia, figlia di un minatore morto di silicosi*

Vengo da Barrea in provincia di L’Aquila e quello che racconto è un pezzo di storia della mia famiglia, ma è soprattutto il ricordo di mio padre.

Papà era venuto a lavorare in Belgio, da solo, immediatamente dopo la guerra. Rientrati dallo sfollamento dopo la liberazione, avevamo trovato la nostra fattoria distrutta dai bombardamenti. La situazione finanziaria dei genitori era quasi a zero perché durante la guerra si comprava tutto a mercato nero. Per nutrire la famiglia di sette figli minorenni, papà decise di andare a lavorare nelle miniere del Belgio. «Solo per poco tempo» – ci assicurò. Infatti sia lui che noi tutti in famiglia ci illudevamo di ricominciare a lavorare in azienda agricola come prima.

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Senza casa né amore non si è più niente

di Sabina Guzzanti

locandina

“Draquila. L’Italia che trema” è un documentario del 2010 prodotto, sceneggiato e diretto da Sabina Guzzanti (http://www.sabinaguzzanti.it/)

«Senza casa né amore né poesia ahimé non si è più niente». Così ha scritto Sabina Guzzanti nell’articolo apparso su Il Fatto Quotidiano (ve lo riproponiamo integralmente) a proposito della sua inchiesta sulla tragedia del terremoto dell’Aquila, diventata un film, Draquila.

Cari lettori del Fatto – come si dice target del mio stesso target – scrivo qui per annunciarvi personalmente che Draquila è pronto e vi attende nelle sale.

Dura un’ora e mezza ed è la sintesi di un anno di lavoro iniziato a maggio dell’anno scorso, quando mi sono arrivate all’orecchio strane voci su quello che stava succedendo nella zona terremotata. Ho fatto un po’ di ricerche, ho aspettato che passasse il G8 e sono partita. Dopo aver parlato con tanti cittadini mi è sembrato che L’Aquila fosse una porzione di realtà ideale per raccontare l’Italia di oggi. C’erano tutti gli elementi: la speculazione più cinica, l’assenza della politica, la propaganda sempre più spudorata, l’autoritarismo, la corruzione e l’alito della criminalità organizzata. Ho mollato quello che stavo facendo e ho cominciato a girare con una piccola troupe fatta di cinque persone, me compresa. Siamo stati a L’Aquila tantissime volte da luglio a marzo e abbiamo girato più di 700 ore di materiale.

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Da un anno mia sorella è… «quella nelle foto»

L’Aquila: questa è una delle immagini simbolo del terremoto che il 6 aprile 2009 alle 3:32 fece 309 vittime, 1500 feriti, danni per oltre 10 miliardi e più di 60 mila sfollati (fonte http://www.ansa.it/)

di Ilaria Carosi

Il 6 aprile 2009 mia sorella è diventata quella sulle fotografie. Quella che ci sorride senza poter rispondere. Quella a cui si possono regalare solo fiori perché i cioccolatini non li mangia più. Continua a leggere