Volevo imparare una lingua e, scartate le altre seimila, ho scelto quella dei segni

di Giorgia Farace

Ho letto recentemente che nel mondo esistono circa 6.000 lingue. E che ne muore una ogni quattordici giorni. Ritengo che una lingua non sia solo una serie di parole e regole grammaticali, ma che racchiuda in sé una fondamentale parte della cultura di un popolo. Ci sono alcuni termini per cui non è possibile trovare un corrispettivo in due lingue diverse. Penso ad esempio alla parola siblings, che in inglese indica i fratelli, senza distinzione di genere. Nella nostra lingua non esiste nessun termine che la traduca, poiché la parola fratelli porta in sé una sfumatura maschile. Allora vado a scavare più a fondo cercandone l’etimologia e scopro che la radice sibb significa amore, amicizia, relazione e che la radice di una parola porta con sé la storia del suo utilizzo, la profondità del suo significato. E se per caso l’inglese, per assurdo, dovesse sparire, con esso perderemmo l’anima di molte parole che in altre lingue non esistono. È quanto accade, in realtà, molto più spesso di quanto noi possiamo pensare.

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Alfarrabista: la parola che mi riporta alle librerie di Porto e a una gentile donna solitaria

di Romain Valentino

Mani in tasca, mentre vaga con lo sguardo nelle bellezze e i colori di Porto, Jean Marie Valentino è fotografato dalla moglie Marie-Paule Bernard. Lo scatto è del 2015, quando i genitori dell’autore di questo post sono andati a trovare Romain che per ragioni di studio era nella “capitale del Nord”. Intanto, sono sempre di più gli italiani che vanno a vivere in Portogallo (anche per godersi una pensione esentasse): http://quifinanza.it/pensioni/portogallo-nuovo-eden-dei-pensionati-italiani-ecco-perche/58231/

Cresce in modo esponenziale il numero di italiani che si trasferisce in Portogallo per motivi fiscali. Romain Valentino, filosofo e musicista, ci è andato invece per fare l’Erasmus ed è stata la città nella quale ha vissuto un anno, Porto, a “trasferirsi” nel suo cuore. Appare evidente da questo racconto che pubblichiamo in due parti.

“Alfarrabista”. Alfa come ‘α’, un accenno di deserto incastonato al centro: le prime volte che lessi questo termine nel settembre del 2015 su vecchie insegne di negozi polverosi della baixa di Porto (per me allora esotica e misteriosa) stimolava fortemente la mia fantasia, e, prima di scoprirne l’effettivo significato, lasciai passare abbastanza tempo da dover fare ancora oggi un piccolo ma significativo sforzo per ripescarlo dietro quei prodotti vaghi dell’immaginazione che il termine continua a richiamare alla mia mente. Ma se questa parola non si riferisce direttamente ad un mondo di alchimisti e antichi saggi da mille e una notte, il suo significato si mantiene in un ambito alquanto letterario, affascinante e perfino iniziatico.

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