Alda Renzi, un’eroina senza clamore

di Paolo L. Bernardini*

«Alda Renzi Lausdei in memoria, eroina della Resistenza dorica, di professione sarta, si occupava delle aggiustature delle divise degli ufficiali di stanza alla Caserma Villarey e dopo l’armistizio, con astuti stratagemmi che misero più volte a rischio la sua vita, salvò centinaia di giovani soldati che non accettarono di passare nelle fila dell’esercito nazifascista»: questa la motivazione con cui oggi il Comune di Ancona ha attribuito la civica benemerenza alla partigiana, in occasione della festa del patrono San Ciriaco che ricorre appunto il 4 maggio. La data che aspettavamo per parlare di due libri che la raccontano.

“Di dolore ostello” di Paolo L. Bernardini riprende le recensioni apparse su “La Nostra Storia”, blog del Corriere della Sera curato da Dino Messina. Il volume pubblicato all’inizio del 2022 da Ronzani Editore è stato nominato come uno dei “Books of the Year” dal Times Literary Supplement, edizione del 26 novembre 2021.

Grandiosa la vicenda di coloro che – ponendo a rischio la propria vita – cercarono, riuscendo assai spesso nella nobilissima impresa, a salvare la vita altrui. Spesso più di una. Talora centinaia o migliaia. La vicenda dei Giusti tra le Nazioni è ben nota; coloro che con gli espedienti più strani, dando spazio alla fantasia nel suo uso migliore, quello morale, salvarono vite di ebrei altrimenti condannati alla deportazione, e, quasi sempre, allo sterminio. Ma vi sono storie, vicende umane, individuali, talora per decenni, per mezzo secolo perfino, ignorate, non legate agli ebrei ma ad altre vittime (magari senza connotazioni religiose) su cui lo storico felicemente si concentra; e non solo per rendere giustizia di destini eroici, spesso tragicamente conclusi. Anche per gettar luce sul “contesto”, o piuttosto i contenti, la “Grande Storia”, nella quale – come un minuscolo rivo d’acqua preziosa e pura spesso affluisce nel vasto fiume – figurine modeste e semplici seppero apporre, per dir così, il sigillo della naturale benevolenza umana, sulla cera di eroica virtù, esercitata con la naturalezza con cui la sarta cuciva i vestiti, o preparava le vivande per la numerosa, poverissima famiglia. Con assoluta dignità, senza alcun clamore.

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«Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale»

di Eugenio Montale*

La luce e il mare a Monterosso in una foto scattata con il cellulare da Luca Bartolommei il 21 agosto 2017. Il paesaggio ligure ha inciso profondamente nella sensibilità di Eugenio Montale e i sentieri del Parco nazionale Eugenio Montale e delle 5 Terre sono punteggiati da mattonelle con i versi più celebri del poeta genovese, compresi quelli scelti oggi da Paola Ciccioli nella ricorrenza del 36° anniversario della morte del Premio Nobel (http://www.parconazionale5terre.it/)

Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale

e ora che non ci sei è il vuoto a ogni gradino.

Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.

Il mio dura tuttora, né più mi occorrono

le coincidenze, le prenotazioni,

le trappole, gli scorni di chi crede

che la realtà sia quella che si vede.

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«Come si chiama l’autore che abbiamo studiato?» «Ghett.»

di Maria Luisa Spaziani*

Foto_Intervista_Spaziani

Nata a Torino nel 1922, Maria Luisa Spaziani è morta a Roma il 30 giugno scorso. E’ stata candidata tre volte al Premio Nobel per la letteratura

Quasi mai Montale mi telefonava a Messina, ma quella volta c’era una strana urgenza. «Mi ha chiamato Landolfi, vorrebbe sapere subito qual è il titolo di quel gruppo di poesie di Goethe di cui gli hai parlato, un episodio che gli ispira irrefrenabili risate…» «Ah, se ne ricorda ancora, che onore che per quella piccola storia abbia coinvolto anche te.»

Nei miei primi due anni d’università avevo avuto l’incarico alla cattedra di Lingua e letteratura tedesca, in attesa di poter accedere alla cattedra di francese. C’erano, in facoltà, circa duemila iscritti perlopiù provenienti dalla Calabria, che non aveva ancora università sue. La mia parte era di circa sessanta studenti – o per meglio dire, quasi tutte matricole – di tedesco. Facevano uno o due esami, se ne andavano, e a parte i residenti, benestanti, di buona famiglia, si trattava di pendolari o lavoratori. Il secondo anno feci un breve corso monografico dedicato alle poesie di Sesenheim, che il giovanissimo Goethe aveva scritto per una ragazza, pare addirittura una fidanzata. Sappiamo che la storia finì e che la ragazza si uccise. Forse fu la sua prima profonda esperienza della morte precedente all’ideazione del Faust.

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Per un’amica

di Paola Ciccioli

Un pomeriggio di fine novembre, nella sala del Grechetto della libreria Sormani, a Milano. Donatella Bisutti presenta la sua raccolta poetica: Rosa Alchemica, edita da Crocetti. Al suo fianco Maria Luisa Spaziani, ribattezzata a suo tempo da Eugenio Montale “la volpe”. La grande maestra ricorda tra l’altro un incontro con Iosif Brodskij, a Venezia, nel corso del quale il poeta russo le sottopose una specie di indovinello: «Qual è il più grave crimine contro l’umanità?». Per rispondere poi, lui stesso, che è l’indifferenza la colpa più grande di cui ciascuno di noi si macchia. Donatella Bisutti legge tre poesie della sua raccolta, pensata e messa insieme nel corso di vent’anni. Una è dedicata a un’amica scomparsa, non dice niente di più. Così le ho scritto e sono andata a trovarla nella sua casa, quella di Milano. L’autrice del long seller La poesia salva la vita per molto tempo si è infatti divisa tra la città lombarda e l’isola portoghese di Madeira, un giardino in mezzo all’oceano famoso perché è lì che la principessa Sissi era andata a cercare di recuperare la propria salute.
Di seguito la poesia, tratta da Rosa Alchemica. Si intitola Hereafter.

La poetessa Donatella Bisutti fotografata da Dino Ignani (https://www.dinoignani.net/

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