Fragola, cioccolato e verità

di Maria Elena Sini

Doppia moneta, libertà di espressione e discriminazione degli omosessuali. Nella terza e ultima parte della sua riflessione su Cuba, Maria Elena Sini tocca questioni troppo spesso “oscurate”.

Un altro aspetto controverso di Cuba è il doppio regime monetario in vigore nel Paese caraibico: il peso cubano (Cup), utilizzato principalmente dai cubani, i quali ricevono lo stipendio dalle imprese nazionali e la pensione in questa valuta, e il peso cubano convertibile (Cuc), utilizzato dai turisti e dagli stessi cubani come pagamento di benzina, alberghi, ristoranti e della maggior parte di cibi e prodotti d’importazione. Le banconote per i turisti valgono più o meno come l’euro mentre quelle locali valgono molto poco. Per questo a Cuba sopravvive un’enorme economia sommersa, nera e parallela. Non sorprende quindi che anche chi ha una casa, un lavoro e una vita assicurata dalla mano dello Stato, spesso tenti la fuga per mare e cerchi di arrivare in Florida alla ricerca di migliori condizioni di vita.

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La psicoanalista napoletana che parlava con l’anima dei pazienti (e della sua città)

di Alba L’Astorina

BALLERINA, Mirò

Joan Miró, “Ballerina II” (c.1925)

È stato un ricordo appassionato e rigoroso quello che Ida Plastina, dalle pagine di Repubblica online, ha fatto di Maria Vittoria Turra, studiosa napoletana morta lo scorso ottobre, che nella teoria e nella pratica terapeutica ha insegnato a generazioni di medici a volgere lo sguardo dalle «malattie nervose» dell’individuo «alla sua anima, alla psiche, ai vissuti e alle interazioni nel gruppo».

Mi ha colpito, di questo articolo, il modo con cui la sua autrice accorda le note private e pubbliche di una donna che «ha tenuto in una mano le trame sofferte, oscure e sfilacciate di tanti», e del suo tentativo di sostenerle con l’impegno scientifico ed umano. Ma mi ha colpito, ancor di più, il sapore amaro della denuncia che leggo nelle parole di Ida: il rischio di una «amnesia» generale che «scava ancora di più l’assenza» di una figura femminile che ha esplorato senza pregiudizi i percorsi della mente umana e tracciato inediti itinerari di cura.

È un oblio, quello denunciato da Ida Plastina nel suo “Ricordo di Maria Vittoria Turra”, che arreca grave danno non solo a tutti quelli di noi che hanno conosciuto troppo poco la studiosa, ma offende la stessa Napoli, che deve essere stata, per lei, un osservatorio umano e ambientale privilegiato, dal quale riuscire a cogliere la “malattia” nella sua essenza più nuda e cruda. Perché, parafrasando Elena Ferrante, il “malessere” che vive l’intera umanità a Napoli non ha veli, è esibito senza pudore ma anche senza ipocrisia. E d’altra parte, se un cambiamento è pensabile, lo è solo dove è possibile riconoscere e riconoscersi.

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La Napoli geniale di chi fugge e di chi resta

di Alba L’Astorina

L-amica-genialeRacconta vicende e luoghi che conosco la trilogia di Elena Ferrante L’Amica Geniale[i].

Riporta, nelle sue pagine, sensazioni che ho vissuto, pensieri che hanno attraversato la mia mente.

Descrive personaggi che ho incontrato, sebbene quelli che popolano la mia vita abbiano avuto altri nomi, altre biografie, vissuto altri tempi.

Napoli, anni ’50. Elena Greco, detta Lenù, che narra in prima persona, e Raffaella Cerullo, detta Lina, sono due amiche che provengono da famiglie modeste, di uscieri e di “scarpari”. Condividono l’infanzia e l’adolescenza in un rione popolare di Napoli dove si uccide e si pratica l’usura, «si può morire di cose che sembrano normali», ma si fanno anche gare a chi sa computare più velocemente.

Lenù e Lina apprendono tra i banchi di scuola che l’istruzione e la cultura sono un modo per distinguersi dalla “folla”, per emanciparsi, per sottrarsi a un destino già segnato dai propri genitori, a una vita fatta di stenti, di disagi, di sopraffazione, di miseria. Scoprono che l’immaginazione aiuta a far accettare “l’insostenibilità” che avvertono nelle cose, nelle persone, nelle palazzine, nelle strade del rione.

E’ la scrittura, in particolare, la forma dentro cui le amiche sperimentano la propria via di fuga. Tra le due, Lina rivela subito di essere la più dotata, la più geniale. Nei suoi elaborati, «non lascia traccia di innaturalezza, non si sente l’artificio della parola scritta», ha una «scrittura fluida e trascinante», che «rinforza la realtà mentre la riduce a parole, le inietta energia».

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