Sant’Ambrogio, il “patrono” dei senza terra

di Dario Fo*

«Questa storia è scritta con l’intento di essere rappresentata su un palcoscenico posto nel quadriportico della basilica di Sant’Ambrogio o davanti alla basilica di San Lorenzo, entrambe a Milano», scrive Dario Fo in “Sant’Ambrogio e l’invenzione di Milano”, libro diventato anche un testo teatrale. Nell’immagine di Andrea Bianchi, il drammaturgo Premio Nobel per la letteratura insieme con la moglie e principale collaboratrice Franca Rame sul palcoscenico del Piccolo di Milano nel 2009 (http://www.andreabianchistudio.it/project/santambrogio-e-linvenzione-di-milano-dario-fo/

Seguendo l’analisi degli studiosi nostri contemporanei, quali Ambrogio Donini e Cesare Pasini, diremmo che alla fine del IV secolo l’equilibrio interno ed esterno all’Impero romano stava vivendo una fase di grave crisi.

Le difese militari si stavano letteralmente sfaldando; nel tentativo di rinforzarle si sottraevano braccia essenziali alla coltivazione delle terre, e oltretutto esplodevano segni evidenti di ribellione fra le classi più disagiate. Si era arrivati al paradosso di assistere alla liberazione di schiavi nei latifondi, non allo scopo di ridare dignità a quei sottomessi, ma in quanto la terra oltretutto gravata da esose imposte non fruttava più come prima e non valeva la pena di sfamare bocche inutili. Si creavano i cosiddetti viatores (viandanti), disperati senza lavoro che vagavano intorno a proprietà in cerca di occupazione se pur occasionale, e gruppi di sbandati che spesso si davano al brigantaggio. Altri occupavano terre incolte con l’intento di lavorarle in proprio. Ma ecco che scattava la sindrome di dominio: si può lasciare che un bene vada perduto, ma guai a chi lo tocca! Perciò intervenivano uomini armati dello Stato o assoldati dai possessores che scacciavano i senza diritto o ne facevano strage. Ambrogio, indignato, prendeva posizione in più di un intervento dal pulpito e attaccava i latifondisti e i grandi imprenditori, gli stessi che nella lotta per le basiliche non solo avevano appoggiato lui e i suoi seguaci, ma lo avevano anche sovvenzionato, onde si potessero procurare vettovaglie per resistere all’assedio delle forze imperiali.

Egli prendeva abbrivio da una parabola narrata da Cristo:

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“L’onda nera che minaccia la città di Fo e Quasimodo”

di Leonardo Coen*

Questo ritaglio del “Corriere della sera” del 17 giugno 1968 proviene dall’archivio di microfilm della Biblioteca Sormani di Milano. Fu uno dei più grandi intellettuali italiani, Carlo Bo, a firmare il ricordo di Salvatore Quasimodo, scomparso il 14 giugno a Napoli. Il ritardo nella pubblicazione si deve al fatto che c’era in quei giorni uno sciopero dei giornali, infuriava il ’68 e lo stesso poeta Premio Nobel ne aveva scritto nelle ore precedenti la sua morte nell’ultimo dei suoi “Colloqui” per il settimanale “Tempo”. Tutto questo è raccontato nel libro “Assolo sul padre” che riporta testimonianze private e documenti inediti di Alessandro Quasimodo e di cui l’autrice Paola Ciccioli leggerà un’anticipazione sabato 17 novembre in corso Garibaldi a Milano (https://www.facebook.com/events/759577767714123/)

L’altro giorno, in un bar di Porta Romana, ho sentito dire che forse “è un bene stia tornando il fascismo. Così tutti questi immigrati metteranno la testa a posto”. Altrimenti, gli sparano alla testa, avrebbe ironizzato Dario Fo, come hanno fatto in Calabria. D’altra parte, Milano è la città dove ad un anarchico arrestato capitò una morte accidentale, volando giù dal quarto piano della Questura.

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Una ballata per due Jokermen

a cura di Luca Bartolommei

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«Vola alto alla luce della luna», canta Bob Dylan nella sua canzone Jokerman (termine intraducibile che si avvicina a “buffone”). Da Jokerman a Jokerman, da Premio Nobel per la letteratura 2016 (Bob Dylan) a Premio Nobel per la letteratura 1997 (Dario Fo). Nel video Dylan fa un omaggio alla bellezza e alla creatività universale, compresa quella che ha portato gli astronauti dell’Apollo 11 sulla luna. «Buzz Aldrin sulla Luna. Il riquadro mostra il riflesso sul suo visore, che permette di distinguere Neil Armstrong ed il modulo lunare – Credits: NASA» (immagine da http://it.ibtimes.com/)

Standing on the waters casting your bread
While the eyes of the idol with the iron head are glowing.
Distant ships sailing into the mist,
You were born with a snake in both of your fists while a hurricane was blowing.
Freedom just around the corner for you
But with the truth so far off, what good will it do?

Jokerman dance to the nightingale tune,
Bird fly high by the light of the moon,
Oh, oh, oh, Jokerman.

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Notorietà

di Wisława Szymborska

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La tomba di Franca Rame (Parabiago, 18 luglio 1929 – Milano, 29 maggio 2013) in uno scatto di Sandro Bizzarri al Cimitero Monumentale di Milano, poco tempo dopo la morte dell’attrice. Oggi se n’è andato anche Dario Fo (Sangiano, Varese, 24 marzo 1926 – Milano, 13 ottobre 2016). Si potrà rendere omaggio al Premio Nobel per la letteratura oggi 14 ottobre nel foyer del Teatro Strehler dove è stata allestita la camera ardente (dalle 9,45 a mezzanotte) e domani dalle 8,30 fino alle 11, quando il corteo partirà per accompagnare l’artista in piazza del Duomo per i funerali laici https://www.piccoloteatro.org/

Eccoci qui distesi, nudi amanti,

belli per noi – ed è quanto basta –

solo di foglie di palpebre coperti,

sprofondati nella notte vasta.

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Storia di una foto nella Milano in rosso

Paola Ciccioli dopo il funerale di Franca Rame (foto di Sandro Bizzarri)

Paola Ciccioli dopo il funerale di Franca Rame (foto di Sandro Bizzarri)

di Paola Ciccioli

Questa foto ha una storia che vuole essere raccontata.

Venerdì 31 maggio, intorno all’una, davanti al Teatro Strehler di Milano. La commemorazione di Franca Rame è finita ma ci sono ancora capannelli che commentano, discutono, ricordano. Sulla facciata del teatro una grande immagine verticale dell’attrice che quasi sfiora una pedana in metallo su cui sono adagiati mazzi e mazzi di fiori. Alcune donne estraggono dal cellophane una rosa per portarla a casa, in memoria di un addio e un giorno in rosso. Mi avvicino, sono tentata di fare la stessa cosa, ma mi chiedo se sia giusto, se sia corretto.

Avevo un appuntamento alle 11, l’ora in cui Dario Fo ha tessuto un merletto di parole, forse le sue migliori, per lasciar andare la moglie. Sono arrivata che l’ufficialità era archiviata ma mi piace così, mi piace di più. Del resto, con Alba eravamo passate dal Piccolo a notte fonda per salutare questa donna, tutte e due abbiamo più di un debito di riconoscenza nei suoi confronti. Un debito antico, degli anni dell’università – lei a Napoli, io a Urbino – quando andavamo a vedere i “loro” spettacoli – di Dario Fo e di Franca Rame – per imparare, per crescere, per credere. Per fare la nostra parte. Eravamo ignare l’una dell’altra, sono state Milano e i nostri valori che sono corsi paralleli a unirci nel sentimento della condivisione.

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Respirare aria pulita

di Concita de Gregori

Ho respirato aria pulita, ho incontrato persone magnifiche nelle ultime quarantott’ore ed ho ascoltato parole bellissime: è talmente un sollievo, di questi tempi, che voglio condividerlo con voi.  Mi hanno invitata le donne, sia a Udine che a Milano. A Udine, anzi a Percoto – a casa loro – Giannola Nonino e la sue figlie. A Milano Iaia Caputo, scrittrice, che ha raccolto al volo la richiesta che sale dalla rete Continua a leggere