di Adele Colacino
Sono sola in casa, giro in tondo senza combinare nulla di utile. Due sere fa ho incontrato Giovanna, molti anni fa siamo state insieme a Cuba per case particulares e paladares.
Ne rimasi segnata a vita come il graffio del vaccino sul braccio alle scuole elementari, mi rimase nella testa e nel respiro un desiderio fortissimo di tornare.
Ogni qualvolta qualcosa mi va storto, mi asciugo l’anima dal pianto pensando: «Tanto, poi vado a Cuba».
Come tutte le volte, anche quella volta al momento di salutarci chiesi a Giovanna: «Ma quando torniamo a Cuba?». Forse era un momento di stanchezza del quotidiano, del tran tran della vita che, a volte, come il latte che esce dal pentolino sul fornello brucia e lascia l’odore antico nell’aria in cucina. Mi rispose: «Guarda, se ci sono occasioni buone, ci andiamo subito».
Tornai a casa, accesi il computer e feci un giro tra i vari motori specializzati in viaggi, poi rammentai quel che mi dice sempre Alejandro, «Conviene venire in primavera, poi con il caldo o l’umido non ce la puoi fare».
Accantonai ancora una volta il progetto. All’improvviso mi venne in mente che giorni addietro avevo rifiutato di partecipare a un tour organizzato per un giro in Ungheria.
Chiamai Giovanna e la trovai ancora a casa. «Giò, andiamo in Ungheria?». «Andiamo in Ungheria», rispose e io chiamai subito il presidente del gruppo organizzatore. Continua a leggere