«La notte mi assale l’emozione: e se ricoverano anche Andrea?»

di Maria Grazia Nichetti

Febbre, saturazione, pressione, ossigeno, cibo, sonno, incubi, reazioni del corpo, dolori, ansie, rapporto con altre donne malate, notizie sulle condizioni del marito Andrea Veronesi – come lei stimato psicologo di Milano – alle prese con la stessa malattia ma a casa. «Tutto è iniziato con un raffreddore», il diario dal Covid di Maria Grazia Nichetti prosegue.

Questo è il quaderno nel quale la psicologa milanese Maria Grazia Nichetti ha annotato il suo “attraversamento” del Covid, dal raffreddore con cui la malattia si è annunciata fino alla fine dell’incubo durato oltre un mese di cure ospedaliere (la foto è sua).

14 novembre Questa notte ho dormito abbastanza fino alle 4,20, poi sono stata sveglia (se continua così mi farò dare qualcosa per dormire, quando mi sveglio nella notte mi assale l’emozione del momento che sto vivendo, penso a casa e mi viene un po’ da piangere, anche la preoccupazione per Andrea che non è seguito da nessuno… e se viene ricoverato anche lui??? Devo farmi dare qualcosa per dormire meglio, più rilassata, sicuramente il cortisone mette agitazione). Al passaggio il medico prova la saturazione con oss: 95, quindi mi toglie l’ossigeno per un po’ e poi la riprova, ma la saturazione si abbassa a 90: quindi rimesso ossigeno a 2 litri questa volta.

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Era d’estate

di Maria Falcone con Francesca Barra*

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La lapide nell’isola dell’Asinara, in Sardegna, dove i magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino vennero trasferiti nel 1985 perché minacciati dalla mafia. A quel periodo di isolamento è dedicato il film “Era d’estate” di Fiorella Infascelli, in programma sabato 5 marzo allo Spazio Oberdan di Milano nella prima giornata del Cinema Italiano Festival

Così accadde. Il 28 luglio 1985 fu ucciso proprio Beppe Montana, mentre passeggiava con la fidanzata a Santa Flavia, il giorno prima di partire per le ferie. In quel momento Ninni Cassarà capì che il prossimo sarebbe stato lui. «Dobbiamo convincerci che siamo uomini morti che camminano» ebbe a dire.

E infatti, il 6 agosto 1985, gli spararono sotto casa. Duecento colpi di kalashnikov. Il primo a morire non fu lui, bensì l’agente di scorta Roberto Antiochia. Cassarà sarebbe caduto pochi secondi più tardi mentre correva, ferito, sulle scale di casa. Successe sotto gli occhi della moglie e della figlia che gli si stavano precipitando incontro.

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