A Manhattan nella cattedrale del consumo

Testo e foto di Alessandro Mongili – da New York

Lo sguardo di un sociologo dentro l’Oculus del World Trade Center Transportion Hub di Manhattan, progettato (non senza accese polemiche) dall’architetto spagnolo Santiago Calatrava nei luoghi devastati dall’attacco alle torri gemelle l’11 settembre del 2001.

Alessandro Mongili è professore di Sociologia generale presso la Scuola di Psicologia e di Processi di modernizzazione e tecnoscienza alla Scuola di Scienze umane dell’università di Padova. In questi giorni si trova a New Orleans, negli Stati Uniti, per il “4S”, il “mostruoso” (la definizione è sua) convegno annuale della Società per gli studi sociali della scienza. Prima di arrivare nella città della Louisiana, però, ha fatto tappa a New York e in questo post, prima pubblicato sulla sua pagina Facebook, racconta la sua prima volta lì in compagnia, tra gli altri, di due donne che chi frequenta questo blog conosce: Annalisa Mongili e Paola Ciccioli. Buona lettura, seguire Alessandro nei viaggi di lavoro e di ricerca intorno al mondo è sempre una scoperta.

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E ce ne costa lacrime st’America…

di Adele Colacino*

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Foto di Annalisa Mongili: «Siamo al Ground Zero Memorial, qui è proibito mettere fiori. Si può solo nel giorno del compleanno della povera vittima di quell’orribile attacco. È un luogo di una commozione intensa. Mi fa amare ancora di più la città di New York»

Naturalmente Carmine’s, non avevamo dubbi, è un ristorante che ha origini italiane. Anzi per tutti è un ristorante italiano, meno che per gli italiani. È strapieno: di gente, di lampadari a gocce, di giganteschi ritratti a olio di ogni generazione che lo ha gestito, di fiori e di piante, di camerieri di ogni colore, filippini, coreani…

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Cuba e i delfini “color dell’oro”

di Ernest Hemingway*

Tenerezze tra Annalisa Mongili e un delfino a Cuba, non lontano da Playa Esmeralda, nel nord-est dell’isola caraibica

Dev’essere molto strano, in aeroplano, pensò. Chissà com’è il mare da quell’altezza? Dovrebbero veder bene il pesce, se non volano troppo alto. Mi piacerebbe volare molto adagio a duecento tese d’altezza e vedere il pesce dall’alto. Nelle barche per le tartarughe stavo sul pennone di parrocchetto e già da quell’altezza vedevo molto. I delfini sembrano più verdi di lassù, e si possono vedere le strisce e le macchie viola, e si può vedere tutto il branco mentre nuota. Chissà perché tutti quei pesci veloci che stanno nell’acqua buia hanno la schiena viola e per lo più strisce o macchie viola? Naturalmente il delfino sembra verde ma non lo è, perché in realtà è color dell’oro. Ma quando viene a mangiare, che è proprio affamato, sui fianchi gli si vedono strisce viola come sui marlin. Che sia la collera, o la velocità maggiore a farle venir fuori?

Poco prima che scendesse il buio, mentre oltrepassavano una grande isola di sargassi che si gonfiava e muoveva nel mare chiaro come se l’oceano facesse all’amore sotto una coperta gialla, alla lenza piccola abboccò un delfino. Il vecchio lo vide per la prima volta quando balzò nell’aria, proprio come l’oro nell’ultimo sole e prese a curvarsi e sbattere all’impazzata nell’aria. Continuò a balzare spinto dalla paura e il vecchio ritornò a poppa e accoccolandosi e tenendo la lenza grande con la mano e il braccio destro, tirò il delfino con la mano sinistra posando il piede sinistro nudo sulla lenza ogni volta che ne conquistava un pezzo. Quando il pesce giunse a poppa, tuffandosi e rivoltandosi disperato, il vecchio si sporse fuori dalla poppa e sollevò a bordo il pesce d’oro brunito con le sue macchie viola.

*Una pagina da Il vecchio e il mare di Ernest Hemingway (La Biblioteca di Repubblica, 2002, traduzione di Fernanda Pivano), racconto potente e struggente, interrotto – qui – prima di una scena “cruenta”.  Allo scrittore statunitense, Nobel per la letteratura 1954, è intitolato il Premio Ernest Hemingway di Lignano Sabbiadoro, evento letterario di carattere internazionale giunto  alla 33esima edizione, che quest’anno si terrà il 15, 16 e 17 giugno. 

«Lignano e la sua laguna furono il buen retiro di Hemingway in periodi diversi della sua vita: una scelta non casuale. L’autore de Il vecchio e il mare amava profondamente Venezia e proprio “via laguna” nacque il suo speciale rapporto con la piccola penisola friulana, tra Venezia e Trieste, che lo scrittore amava definire come “La Florida d’Italia”».

AGGIORNATO IL 1° APRILE 2017

«Beni, dammi sa manu». «Vieni, dammi la tua mano»

di Peppinu Mereu

mereu_poesie

La poesia “Amore” di Peppinu Mereu è tratta dall’antologia curata da Giancarlo Porcu con traduzioni dal sardo all’italiano di Giovanni Dettori, Marcello Fois e Alberto Masala. Alessandro Mongili l’ha donata a Paola Ciccioli il 18 gennaio del 2013 al bar Magenta di Milano

AMORE

 

Beni, dammi sa manu, isfortunadu,

tue ses dignu de s’istima mia:

lottend’in-d unu mar’ ‘e angustia

custu virgine cor’as meritadu.

 

Cantas bortas pro me as deliradu

sognende cudda candida Maria,

chi t’est present’a ti narrer: isvia

su dolu, ca da ipsa ses amadu.

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