«Cosa ti è rimasto di me, la tua maestra?»

di Anna Caltagirone Antinori

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Anna Caltagirone Antinori con Paola Ciccioli quando “la maestra Antinori”, così i suoi allievi la chiamano e la ricordano, ha insegnato nella scuola elementare della frazione Convento di Urbisaglia, nel Maceratese (foto dall’archivio privato della giornalista che ha inventato e dirige questo blog)

Da bambina il mio gioco preferito era fare la maestra. Ripiegavo più volte un foglio di carta e ritagliavo con le forbici il profilo della sagoma di un pupazzetto e veniva fuori una fila di femminucce con le sottane o maschietti con i pantaloncini, li coloravo e li mettevo seduti in fila su scatole di cartone. Sul tavolino preparavo la mia cattedra: una sveglia, un quaderno per il registro, il calamaio e la penna. Al muro appendevo una lavagnetta che mi era stata regalata e con il gessetto scrivevo i nomi degli alunni. Facevo l’appello e mettevo vicino ad ogni nome chiamato una crocetta o un segno meno, io stessa rispondevo: presente o assente. Scimmiottavo la mia maestra che ammiravo moltissimo e di cui avevo tanta soggezione.

Col passare degli anni mi convinsi sempre di più che ero portata per l’insegnamento. Frequentai l’Istituto magistrale e a 18 anni mi diplomai. Nel 1946 cominciai ad insegnare nelle scuole sussidiate: niente stipendio, a fine anno veniva il Direttore didattico ad esaminare gli alunni. Per ogni promosso il Comune ci assegnava un compenso. Era importante raggranellare punti per andare avanti in graduatoria e dopo 4 anni di sacrifici, ottenni l’incarico annuale che per me voleva dire stipendio mensile e indipendenza.

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La figlia ha la sindrome di Asperger: lei va in aspettativa per frequentare la stessa classe e insieme si diplomano

di Maria Elena Sini

Maria Elena Sini ad Alghero, estate 2013 (foto di Paola Ciccioli)

Maria Elena Sini ad Alghero, estate 2013 (foto di Paola Ciccioli)

Lucia non dimostra i suoi anni: non si trucca come le sue compagne, non sperimenta nuove pettinature o strani colori di capelli come le altre ragazze della sua età, non segue la moda ma indossa sempre jeans o pantaloni neri da ginnastica e una felpa nera con cappuccio.  Anche limitandosi alla sola immagine si capisce subito che ha una sua “unicità”.

Lucia ha la sindrome di Asperger, un disturbo pervasivo dello sviluppo imparentato con l’autismo che non presenta per tutti gli individui che ne soffrono lo stesso insieme di sintomi e nella stessa configurazione.

Lucia ha limitate relazioni sociali per cui spesso manifesta il suo disagio estraniandosi dalla classe. Quando stacca i contatti con il resto del mondo si copre la testa con il cappuccio della felpa e si isola in un’altra realtà attraverso il disegno o digitando furiosamente sulla tastiera del suo videogioco. Può così attuare una sorta di “fuga” da una realtà insoddisfacente, noiosa e anonima e riesce a trovare rifugio in un ambiente virtuale .

Presenta un egocentrismo inusuale con una mancanza di attenzione verso gli altri e i loro diversi punti di vista, a volte usa un tono di voce con un volume insolitamente alto, tende a parlare verso (piuttosto che con) gli altri, solitamente del proprio interesse con poca preoccupazione circa la reazione di risposta degli altri. Per lei anche piccoli cambiamenti risultano sconvolgenti e le causano veri e propri attacchi di panico; non è in grado di leggere le espressioni facciali per cui non comprende una battuta di spirito o uno scherzo. È priva della naturale abilità nel capire ciò che non viene detto esplicitamente nelle relazioni sociali e in pari modo ha difficoltà a comunicare con accuratezza i propri sentimenti o il proprio stato emotivo.

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