Bologna per Vincenzina e le altre 84 vittime del tradimento della nostra Costituzione

Testo e foto di Paola Ciccioli

Il 2 agosto 1980 Vincenzina Sala era andata alla stazione di Bologna insieme con il marito Umberto Zanetti perché la loro figlia Daniela stava tornando in treno da Basilea dove aveva subito un intervento chirurgico. Con loro c’era anche Marco, il figlioletto di 6 anni di Daniela, che non vedeva l’ora di riabbracciare la sua mamma.
Quando alle 10,25 scoppiò la bomba, Vincenzina Sala morì all’istante e con lei altre 84 persone. Il bambino rimase ferito così gravemente che il padre, Paolo Bolognesi (qui), lo riconobbe da una voglia sull’addome.

In queste ore è stata depositata la motivazione della condanna all’ergastolo, emessa il 6 aprile 2022, di Paolo Bellini, terrorista di Avanguardia nazionale, il “quinto uomo” della strage neofascista che 43 anni fa insanguinò il capoluogo emiliano e la democrazia italiana.

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Strage di Bologna: una quarta condanna e una ferita aperta

Paola Ciccioli (Milano): «2 agosto 1980. Maria e io lavoravamo a Cesenatico, nelle colonie del Comune di Reggio Emilia. Maria doveva partire per Bologna, quel giorno. Ed essere alla stazione proprio quando scoppiava la bomba. L’ho sempre ricordata in piedi davanti al televisore, impietrita, a seguire per ore e ore gli aggiornamenti sulla strage. Trauma, offesa e cicatrice della nostra generazione. Io quel giorno ero lì. Mi piacerebbe sapere come lo avete saputo voi».

Renato Guttuso, “Il sonno della ragione genera mostri” (2 agosto 1980), inchiostro di china, acquarello e acrilico su cartone intelato. Il maestro siciliano realizzò quest’opera appena saputo della strage e il settimanale “L’Espresso” la utilizzò pochi giorni dopo per la sua copertina. Il quadro è stato esposto fino al 12 gennaio 2020 a Villa Mirabello di Varese dove, a cura di Serena Contini, si è tenuta la mostra molto apprezzata “Renato Guttuso a Varese, opere dalla Fondazione Pellin” (foto di Paola Ciccioli)

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