di Patrizia Cruciani
Sono trascorsi cinque anni ma le tracce del terremoto che ha sconvolto Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo non sono visibili soltanto nei ponteggi che sorreggono case e monumenti lesionati. L’anima delle persone è ancora segnata dalla paura scatenata da quelle scosse devastanti, paura che – come ci racconta l’autrice di questa testimonianza – ha potuto trovare una valvola di sfogo nel senso di comunità che tiene in piedi, e nonostante tutto, tanti piccoli centri della nostra Italia ferita. Come per esempio Urbisaglia, in provincia di Macerata, da cui oggi è arrivato il regalo di questo racconto.

La Rocca di Urbisaglia, nel Maceratese, fotografata oggi dall’archeologa Francesca Pettinari che ringraziamo per averci concesso l’utilizzo di questa immagine
Oddio lu terremotu! Queste le parole che pronunciai la notte del 24 agosto 2016.
Io ho un sonno a prova di cannonate, ma fui svegliata dal forte rumore della casa che si muoveva: aprii gli occhi e vidi le pareti della camera che si alzavano.
Dissi subito: oddio lu terremotu.
Il mio primo istinto fu di uscire subito di casa e i secondi che impiegai per arrivare al portone d’ingresso mi sembrarono un’eternità. Mi fu possibile perché abito al piano rialzato, i miei familiari del secondo e terzo piano invece attesero la fine della scossa prima di scendere le scale.
Mi ritrovai fuori in pigiama con una tachicardia da infarto, in quei momenti mi consolò la vista dei miei vicini. Sì i miei vicini, la presenza di un tuo simile in un momento così tragico ti dà conforto e aiuto.
«Dove sarà stato l’epicentro, quale magnitudo, ci saranno morti o feriti, come staranno i nostri parenti ed amici?». Mille domande e mille pensieri.
Dopo un po’ qualcuno chiese dove fosse Marisa. Infatti, cosa strana, la nostra vicina Marisa non era lì con noi. Erano trascorsi diversi minuti e la terra, sebbene con minore intensità, ancora tremava. Poco dopo Marisa arrivò con in mano la sua borsa: «Ma do’ stavi?». «E scì che scappavo de casa senza lu portafogliu, li documenti, lu cellulare, etc.?».
La nostra cara Marisa riuscì a strapparci un sorriso. Dopo imparai tutto ciò che occorre tenere pronto, a portata di mano, in caso di fuga e queste cose includono lu portafogliu, li documenti e lu cellulare.
Mi feci coraggio e tirai fuori la mia macchina dal garage perché, in quella situazione, la macchina era l’unico posto sicuro dove poter stare, con altrettanto coraggio entrai in casa per prendere alcune cose e notai subito il perdurare del dondolio dei lampadari.
1.Continua
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(a cura di Paola Ciccioli)
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