di Luca Bartolommei

In soli sei minuti: dall’ingresso del Palataurus di Lecco al “selfie” post-vaccinazione. Tutto bene, ma qualche effetto collaterale bisogna aspettarselo sempre, soprattutto se ci sono di mezzo i Pink Floyd.
Niente di strano neh, almeno così sembrerebbe, seconda somministrazione del vaccino contro il Covid-19. Appuntamento alle 11.20 del 21 luglio 2021. Arriviamo con un paio di minuti di anticipo al Palataurus di Lecco, Paola mi aspetta alla macchina, entro e alle 11.26 faccio l’autoscatto di prammatica e lo pubblico su Facebook a beneficio di amiche e amici. A parte il viso mascherinato si vede la mia t-shirt “Gilmour Academy 63”. Chissà perché mi sono messo proprio quella, mah, è la riproduzione di una maglietta che David Gilmour ha indossato nel 1972, ma quella originale non era nera. La Gilmour Academy è un college cattolico statunitense che si trova nei sobborghi di Cleveland, Ohio. Forse l’ho messa perché finalmente ho sessantatrè anni, non so.
Ho avuto qualche fastidio rispetto alla prima inoculazione ma niente di particolare, tutto a posto, in fondo è solo una punturina, e poi lo dicono tutti che è facile non sentirsi bene. Attenzione a queste parole, che sono nate come pensieri intorno al decorso post-vaccinale.
Esterno notte tra il 23 e il 24 luglio 2021, terrazza di casa a Bellano, ultima (sono poche, tranquill*) sigaretta della giornata, ripenso alla maglietta e al leggero fastidio alla spalla sinistra che persiste. In effetti un bel po’ di Pink Floyd nel corso degli anni li ho suonati, a volte da solo, in trio (bellissimo…), con gli On the Run, qui eravamo in tanti, insomma, palchi, palchetti, pollai, tanta strada e pochi soldi, ma forse qualche amicizia dura ancora.
Colpa di questa pandemia, non si suona più, le lezioni le faccio a video, basta cafferini coi genitori dei ragazzi, basta pubblico, basta «Ohh, devi studiare di più – piega quel polso – guarda che è maggiore – e tira ‘sta corda, che il bending è importante», basta birretta a fine prove, pensieri vari e poi il dolorino… dai, è solo una piccola iniezione, ok… ok… just a little pin prick, there’ll be no more ahhhhh, but you may feel a little sick. Can you stand up? Sì sto bene. I do believe it’s working, good, eh anch’io sono convinto che funzioni… come on, it’s time to go, certo è ora di andare, a letto. Ossignòr, ma sto praticamente cantando Comfortably Numb!!! E non ci avevo pensato prima, nonostante quindici anni di prove, ricerca dei suoni e conseguenti esibizioni. Non ci hanno pensato né un’amica né un amico. Credo che se fosse successo tempo fa, prima del disastro intendo, il collegamento sarebbe stato immediato. Invece no. Ecco dove sono cambiato, ecco perché non sarà più come prima, ecco perché conviene farsene una ragione e abituarsi. In fondo pensare a una canzone è una cosa bella, pensare a un brano dove eri tu a farti i cinque minuti di assolone finale dovrebbe essere automatico, invece no, qualche contatto si è staccato, qualche legame elettrochimico è saltato e non ci pensi.
Ma la mente è cosa strana, quindi la mattina che ti devi vaccinare scegli, penso sia stata la seconda volta che l’ho messa, proprio quella maglietta della Gilmour Academy 63. Chissà cosa volevo far vedere, forse che il dolore è relativo e si guarisce, che bisogna vaccinarsi per cominciare ad arrestare la pandemia e guarire anche nell’anima, in fondo there is no pain, you are receding…
Salto sulla sedia e vado praticamente a svegliare Paola, «Scusami, ma ho un bell’articolo per il blog!». In queste situazioni potrebbero venire fuori risposte tra il colorito e l’assonnato, e invece, «Sì, bene, dai dimmi…». Gh’è nient de faa, per il blog questo e altro. Buonanotte, Pa’.
2 luglio 2005, Londra, Live 8. I Pink Floyd si ritrovano e chiudono la loro esibizione con Comfortably Numb. Dite quello che volete, ma ‘sta canzone la g’ha on quajcoss che… boh.