“Sei una moltitudine di mani che cercano altre mani”

di Salvatore Quasimodo*

Il Corpo sanitario italiano è candidato al Premio Nobel per la pace 2021 e la pacifista Lisa Clark ne ha sostenuto la motivazione con queste parole: «La sua abnegazione è stata commovente. Qualcosa di simile a un libro delle favole, da decenni non si vedeva niente del genere. Il personale sanitario non ha più pensato a sé stesso ma a cosa poteva fare per gli altri con le proprie competenze». Anche noi la pensiamo così e per dire grazie offriamo, dopo quelli di Umberto Saba, i versi che un altro grande poeta ha dedicato a un’infermiera.

Italia 2020. Foto di Paola Ciccioli

VARVÀRA ALEXANDROVNA

Un ramo arido di betulle batte

con dentro il verde su una finestra a vortice

di Mosca. Di notte la Siberia stacca il suo vento

lucente sul vetro di schiuma, una trama

di corte astratte nella mente. Sono malato:

sono io che posso morire da un minuto all’altro;

proprio io, Varvàra Alexandrovna, che giri

per le stanze del Botkin con le scarpette di feltro

e gli occhi frettolosi, infermiera della sorte.

Non ho paura della morte

come non ho avuto timore della vita.

O penso che sia un altro qui disteso.

Forse se non ricordo amore, pietà, la terra

che sgretola la natura inseparabile, il livido

suono della solitudine, posso cadere dalla vita.

Scotta la tua mano notturna, Varvàra

Alexandrovna; sono le dita di mia madre

che stringono per lasciare lunga pace

sotto la violenza. Sei la Russia umana

del tempo di Tolstoj o di Majakovskij,

sei la Russia, non un paesaggio di neve

riflesso in uno specchio d’ospedale

sei una moltitudine di mani che cercano altre mani.

*Questa poesia è stata scritta da Salvatore Quasimodo per l’infermiera conosciuta in Unione Sovietica durante una lunga degenza ospedaliera. Lo ricorda Carlangelo Mauro nell’Oscar dedicato da Mondadori nel 2020 al poeta Premio Nobel: «Alla fine del ’58 compie un viaggio in Russia, ma il giorno dopo il suo arrivo a Mosca viene colpito da infarto, che lo costringe a un ricovero di sei mesi all’ospedale Botkin: ricorderà le cure amorevoli dell’infermiera Varvàra Alexandrovna nella poesia a lei dedicata in Dare e avere».

a cura di Paola Ciccioli

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