di Umberto Saba*
Dedichiamo questi versi al Corpo sanitario nazionale italiano, da oggi ufficialmente candidato al Premio Nobel per la pace 2021 per il lavoro svolto a tutela della salute pubblica durante la pandemia. Grazie.
RITRATTO DI MARISA
Marisa è un’infermiera. Ha gli occhi tondi
come gli uccelli; ma non sa più di che colore. Azzurri
li hanno detti una volta nella tessera,
verdastri un’altra. E così adesso è in dubbio.
Marisa è un’infermiera ed una brava
bimba. Non si è dipinta mai la faccia, si mostra
come Iddio la volle. Schiva
appare di pietà verso i malati
sebbene in petto ella nasconda un raro
gioiello (il più nel nostro mondo raro):
un cuore.
Marisa è un’infermiera. Ha gli occhi tondi
come gli uccelli,
cangianti un po’ come le biglie, quali
si giocava accosciata sotto un albero,
contro i maschietti del paese. Spesso
perdeva; non piangeva – dice – mai.
*Umberto Saba dedicò l’ultima delle “Sei poesie della vecchiaia” a l’infermiera Marisa Calligaris, conosciuta nell’agosto del ’54 quando «venne ricoverato d’urgenza all’Ospedale Maggiore di Trieste in seguito a una caduta che gli aveva fatto perdere l’uso delle gambe». L’episodio è ricordato nel libro Saba di Stefano Carrai (Salerno Editrice 2017).
Nel “Canzoniere” il poeta triestino fa precedere i versi da queste parole: «Al Prof Dott. Marino Gopcevich – per una sua intuizione – con affettuosa riconoscenza».
a cura di Paola Ciccioli