L’epatite C e l’adattamento al bicchiere quasi pieno

di Adele Colacino

«Per molti mesi la mascherina sul mio viso ha lasciato quasi sempre libero il posto accanto al mio, non fosse per il fatto che porto gli occhiali che si appannano con il respiro, la porterei sempre e potrei avere più spazio libero intorno a me anche in volo». Era il 2014, cioè 7 anni fa, quando Adele Colacino ci raccontava dei suoi viaggi in aereo a Pisa per sottoporsi a una cura sperimentale contro l’epatite C contratta per le trasfusioni che le avevano fatto quando ha rischiato di morire partorendo suo figlio: L’ultima terapia sperimentale contro la sindrome silenziosa è durata 6 mesi, 42 settimane, 294 notti.

Ora che le mascherine sono diventate il connotato della nostra era sofferente e incerta, Adele ci racconta l’esito dei suoi voli ricorrenti a Pisa per affidarsi alle cure della professoressa Maurizia Brunetto che ora anche noi abbiamo conosciuto attraverso i suoi interventi televisivi su virus e vaccini: La prof guerriera e io: «Siamo state compagne di rogo»

La pista ciclabile intitolata a San Salvo Marina (Chieti) al dottor Pietro Ciccorossi, di cui ci parla Adele Colacino in questo suo post. L’epatologo lavorava a Pisa, era un amante della corsa ed è morto il 28 marzo 2015 per un malore mentre si allenava (https://www.associazionepietrociccorossi.it/)

Era gennaio del 2013 quando ci siamo lasciate ed il dubbio sul mio futuro era spesso.
Le casistiche affermano che quasi sicuramente non morirò di epatite C.
Questo è il primo anno che non torno a Pisa per il controllo annuale.

Forse la prudenza che impone questa nuova sciagura che colpisce l’umanità, forse gli anni pesano sempre un poco di più, forse i cambiamenti che comunque, nella Sanità nazionale, hanno colpito anche i centri di eccellenza e poi non c’è più Pietro Ciccorossi. Mi aveva affidata al dottor Ciccorossi, la prof guerriera quando decise che potevo essere inserita nella sperimentazione di quella terapia e mi consegnò quel borsone blu pieno di barattoli di compresse senza bugiardini. Lo conoscevo già, l’equipe della prof era un gruppo coeso e speciale, la terapia creò un sodalizio tra noi fatto di alta solida professionalità arricchita da simpatia, disponibilità, comprensione, ironia.

Ricordo come fosse ora la telefonata della prof che mi comunicava: è morto Pietro Ciccorossi! Era uno sportivo, uno che faceva le maratone, quelle toste. Correndo una domenica mattina gli si è schiantato il cuore! A Cisanello, nel reparto di epatologia, per me, niente è stato più come prima, senza nulla togliere a tutti i membri di quel team fantastico ed eccellente. La prima volta che tornai per il controllo, il medico che aveva preso in carico la mia cartella non riuscì ad aprirla per alcuni lunghi minuti, mentre piangevamo in silenzio. Faccio sempre parte dell’Associazione EpaC che si occupa di malattie epatiche, è la mia seconda famiglia, ora i farmaci sono disponibili abbastanza per ritenere quasi abbattuta la “sindrome silenziosa”. È stato fatto un grande impegnativo lavoro perché questo accadesse.

Ogni tanto si sente ancora parlare di Poggiolini e De Lorenzo, di oro e perle nei pouf di casa e sangue infetto nelle sacche dei trasfusi. Di più di 40 anni di via crucis a me resta l’impegno di sottopormi ad alcuni esami un paio di volte all’anno, niente e nessuno mi hanno restituito quanto ho pagato per i danni di effetti collaterali pesanti ai quali mi sono adattata come sempre succede a chi preferisce il bicchiere mezzo pieno, anzi dopo 40 anni ho ritrovato il piacere intenso di bere, ogni tanto, un bicchiere quasi pieno di buon vino.

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