A gentile richiesta, dopo la quarantena

di Luca Bartolommei

L’antefatto. All’inizio della chiusura mi sono messo a fare quasi giornalmente delle dirette su Facebook in cui cantavo canzoni di ogni genere. Le prime le avevo chiamate Canzoni dal bunker e in effetti sono stato chiuso diversi giorni in un paio di B&B in isolamento perché avevo avuto per motivi di lavoro (si, anche suonare è un lavoro) contatti  che potevano essere pericolosi. Per fortuna è andato tutto bene. Riprese le dirette da casa, ovviamente col supporto essenziale di mia moglie Paola, ho man mano visto crescere l’interesse da parte di amiche, amici e conoscenti. I commenti erano molto incoraggianti quindi abbiamo continuato, tra Letture dalla terrazza di Bellano dove la giornalista di famiglia parlava di libri, e canzoni varie, alcune eseguite addirittura in due (o in duo?) ma con Paola Ciccioli decisamente riluttante all’apparire in video come cantante. Abbiamo fatto anche la nostra piccola parte in una lunga diretta per sostenere gli amici di Emergency – Milano zona 8.

Il fatto. Pochi giorni fa Paola riceve una telefonata in cui un conoscente racconta tra le altre cose di quanto gli fossero piaciuti i brani, in particolare quelli in milanese che gli hanno ricordato i venti e passa anni trascorsi nel capoluogo lombardo lavorando per il Corriere della sera. Dalla Sicilia continuava a guardare e riguardare quei video che gli davano delle belle emozioni. In particolare ha fatto i complimenti alla mia versione di O mia bèla Madonina e qui mi sono davvero inorgoglito. Saluti con promesse di incontrarsi presto, abbracci virtuali eccetera e mia richiesta di darmi qualche titolo di pezzi che gli piacciono per poter ripetere il giochetto delle dediche.

La conseguenza del fatto. Riprendo in mano la chitarra, accendo lo smartphone, ri-canto il capolavoro di Giovanni D’Anzi e lo dedico a Francesco Turco, inviandoglielo dopo averlo pubblicato su facebook. Dopo diverse settimane mi rimetto online, un po’ mi mancava. Qualche commento di amiche e amici che mi ricordano che ogni tanto devo anche sorridere… Grazie!

Seguito alla conseguenza di cui sopra. Mi arriva il messaggio che pubblico qui sotto, dopo aver chiesto l’autorizzazione al mittente (sai com’è, educazione a parte, coi giornalisti sempre meglio stare in campana…).

Buongiorno a tutti.
L’altro ieri sera all’Ave Maria – mi trovavo in campagna – tornavo da un campo di pomodori (24 piantine in tutto) e ho ricevuto il tuo messaggio. Me l’hai fatta! Il sorriso mi è rimasto appiccicato per tutta la durata della tua magistrale esecuzione. Grazie! Ancora complimenti. Mi piace molto il milanese che sentivo parlare soprattutto al mercato di piazzale Lagosta e alle nostre vicine (o bèla tosa diceva sempre l’Enrichetta chiamando mia moglie). E i ricordi delle due stanze di ringhiera in Paolo Sarpi che abitammo il primo anno… dove li metti…. ah! Era tutto un vociare pacato, quasi sussurrato. Mi sovviene che una volta cantai, io che sono stonato, la ‘Crozza’ e subito si stabilì un bel rapporto. Rivedo come in una cinematografia quei bei tempi. Belli soprattutto perché si era giovani.
Bando alle chiacchiere. Mi rendo conto di essere stato prolisso e di andare spesso fuori tema. Qualche volta se non chiedo troppo mi piacerebbe ascoltare le canzoni della ‘mala’. Ti ricordi Milva? Ciao, grazie. Francesco. (Il Franco l’ho messo su Facebook per non essere confuso con altri Franceschi). Un saluto accaldato (39 gradi!!) a te e a Paola.

Conclusione. Non c’è bisogno di commenti. Io a volte tendo a sottovalutare la forza evocatrice della musica e dei testi, e mi stupisco di come un brano stra-conosciuto e anche inflazionato come l’inno di Milano (chiamiamolo pure così!) abbia invece ancora tanto, ma tanto da comunicare. Finché la musica farà sorridere noi che la suoniamo e le persone che la ascoltano dobbiamo andare avanti tranquilli a lavorare in casa, in strada, sulle terrazze, nei locali e nelle piazze perché non possiamo mai smettere di diffondere, perdonate l’immodestia, la bellezza. Per come siamo capaci di farlo.

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