di Umberto Piersanti*

Il Palazzo Ducale di Urbino con i suoi inconfondibili torricini: la foto è stata scattata all’inizio degli anni ’80 da Paola Ciccioli quando la giornalista studiava lì Sociologia e il poeta Umberto Piersanti, che nella città rinascimentale marchigiana è nato, era docente a Magistero
L’ALTIPIANO
e scendono i calanchi
giù per le valli
a branchi, desolati,
quella luce assoluta
da oltre il cielo
che solo per un attimo scompare
sotto la nube più pesante
e scura
il vento, quello più gelido
di marzo e d’altipiano,
ed io cammino solo
per la strada,
non c’è una sola casa
nel cerchio attorno
vedo radi tarassaci
piegati tra l’erba
e il gelo,
e dal ceppo di foglie verdescuro
un solo favagello
pende e trema
a chi nasce spetta
spezzare la dura, gelata
crosta della terra,
sempre si viene fuori
al mondo al freddo
e al gelo ,
in una primavera che tarda,
stenta e desolata,
il seme che abbandona
la sua tiepida nicchia
sotto la terra
dopo, dopo viene il calore
o il gelo non lo senti
che la pelle s’è fatta
più spessa e più tenace,
e sono i greppi colmi
di viole e cardi,
e le giunchiglie a mille ,
la loro fiamma gialla
copre perfino il verde
s’era il gelo appena,
appena intiepidito,
quando con la sorella
per la mano coglievo
quel rosso, mai più rivisto
tulipano, nel corto,
verde e tremolante grano
dopo, sopra calanchi uguali
e freddi fossi
sono sceso con Laura
giù alla conca,
godevo di quel gran vento
sulla pelle
ora che il sole scende
e fa viola i calanchi,
oscura i ceppi,
è tempo di riprendere
la strada
(Marzo 2006)
*Pubblicata da Annie Seri in uno dei commenti al post precedente sul tarassaco, questa poesia di Umberto Piersanti fa parte della raccolta L’albero delle nebbie (Einaudi 2008). Il docente urbinate è presidente del Centro mondiale della poesia e della cultura che ha sede a Recanati e che è intitolato all’autore dell’Infinito di cui oggi, 29 giugno 2020, ricorrono i 222 anni dalla nascita.