Mare e monti, la lunga estate del ’68 (con sorella)

di Luca Bartolommei

Dedicato a Loredana Morelli che ha giustamente fatto notare nel Gruppo FB Donne della realtà come in questi giorni di allarme Corona Virus, e non solo, leggere qualche racconto, magari inaspettato, possa fare piacere.

Agosto 1968. Nonni e nipoti nel giardino della casa di Pinzolo. Foto di Giuseppe Bartolommei

L’estate del 1968 è arrivata tranquilla come le altre, così come le vacanze, solo che pochi mesi prima, a gennaio, è arrivata in famiglia una bambina, Laura, quindi questa volta in villeggiatura saremmo andati in sette. L’arrivo della sorella non ha turbato più di tanto mio fratello Jacopo e me, i nonni erano contenti, i genitori pure.

Quell’anno dopo l’usato mare marchigiano di Fano saremmo andati in montagna in Trentino, Val Rendena, a Pinzolo. La novità mi riempiva di gioia, in quanto, confesso, i boschi e le montagne mi sono sempre piaciuti tantissimo, forse più del mare. E poi i bambini piccoli hanno proprio bisogno di quell’arietta fine e di quelle temperaturine alpine…

Il metodo e l’organizzazione dovevano essere applicati con maggior solerzia e attenzione del solito. I bauli dovevano tornare dalle Marche, essere svuotati per essere velocemente riempiti con tutto il necessario. Il necessario per la montagna è però ben diverso da quello per il mare: scarpe, scarponcini, pedule, scarponi, giacche a vento, zaini, maglioni e golfini, pantaloni di velluto “alla zuava” che peraltro portavo anche a Milano (i jeans non erano nemmeno all’orizzonte), camicie di flanella, calze e calzettoni, mantelle impermeabili (che odio…) corde e cordini, una sola piccozza, un po’ di chiodi e il martello (da roccia) che se mai dovesse capitare…, borracce, cappelli e ombrelli per tutti. Più tutto il necessario per la bambina. Aggiungere la mia fiammante Legnano con cambio a tre rapporti e manubrio sportivo (no, non quello da corsa). Il puntualissimo corriere Saetta avrebbe fatto trovare il tutto bell’e pronto al nostro arrivo. Così fu.

Il viaggio non in treno ma in autopullman, piazza Castello, Brescia, Gardesana e, dopo mezza giornata, eccoci arrivati. Ci accolgono il signor Celestino con il figlio Tullio e la moglie di cui non ricordo il nome. Celestino portava un paio di baffoni e fumava la pipa. La prima guerra l’aveva fatta con gli austriaci e conservava la pipa d’ordinanza in ceramica . Poco loquace ma simpatico e gentilissimo, anche con noi bambini.

Quella è stata un’estate di scoperte. Ho conosciuto dopo poche ore un paio di ragazzini bresciani con i quali abbiamo subito fatto compagnia… ne avremmo viste e fatte delle belle. Durante una passeggiata esplorativa nei boschi ci siamo imbattuti in una casupola mezzo diroccata. L’incoscienza poteva costarci cara. Aperta la porticina d’ingresso, un rapido sguardo all’interno e vedo un fuciletto in un angolo. Un po’ arrugginito, non era un fucile da guerra o un moschetto, (di armi già me ne intendevo, almeno sulla carta) e decido di puntarlo verso la finestra e sparare!!! Click, non succede niente. Ho capito subito di aver fatto una idiozia enorme, anche vedendo le facce dei miei amici. Guardo meglio e vedo una cassetta per terra con dentro dei tubi di cartoncino rosa mezzi marciti, da cui fuoriusciva una specie di materiale polveroso ma compattato dall’umidità: per me è dinamite. Torniamo di corsa in paese e andiamo dalle guide a spiegare i fatti. Dopo il sopralluogo dei carabinieri qualcuno era stato denunciato per possesso abusivo di armi e materiali esplodenti…

Con il Tullio di cui sopra e mio padre la gita è stata più tranquilla ed ha incluso una notte in rifugio sul ghiacciaio delle Lobbie, gruppo dell’Adamello. Gente che giocava a morra, cantava e trincava, minestrone Knorr, polenta e formaggi, risate, grappa, «bravo bòcia» ero io il bòcia che era arrivato fin lassù. Dormito poco ma ero felicissimo. Bastava guardarsi in giro per vedere resti della prima guerra mondiale, in effetti su quelle nevi si era svolta una delle battaglie più cruente di tutto il conflitto.

Al dancing Il Ciclamino c’era anche la sala giochi. Io ero un campione nel tiro all’orso, col fucile che emetteva un fascio luminoso e l’orso che ringhiava alzandosi in piedi. Poi, lì al Ciclamino, ascoltando una canzone che si intitolava “Monia” mi sono accorto che cominciavo a guardare le femmine con un occhio (anche due) diverso da prima. I miei amici dovevano essere poco, ma poco più grandi di me ma molto, molto più sgamati, perché mi ricordo che si parlava di preservativi e io facevo finta di sapere cosa fossero (secondo me la prima volta avevo capito preselvativi e pensavo agli abeti…) in ogni caso sapevamo che si trattava di roba da grandi… Mi piaceva una tipa (ma piaceva a tutti) che andava in giro in motorino da cross, quindi era mooolto più grande di me e non c’era speranza. Altra canzone dal juke-box “Ho difeso il mio amore”.

Ricordo che la notizia dell’invasione sovietica della Cecoslovacchia non aveva sconvolto più di tanto l’ambiente familiare, noi ragazzini la vedevamo come una gran brutta faccenda e un po’ pensavamo ad una guerra mondiale, ma poi andavamo raccogliere funghi, more e lamponi per distrarci.

L’ultima sorpresa fu quella di rendersi conto, dopo un volo memorabile, con proiezione e escoriazioni multiple al termine di una discesa affrontata un po’ troppo allegramente, che il ciclista pinzoler doveva chiedere una consulenza ad un collega per riparare la Legnano, in quanto non aveva mai visto una bicicletta col cambio…

Ora, i bauli venivano riempiti e lasciavo con un po’ di tristezza quei monti, quegli amici e anche quel motorino… Vabbè, in ogni caso la scuola non sarebbe iniziata che il primo di ottobre, la vacanza era ancora lunga!!!

Ed ecco la versione in francese di Monia. Buon ascolto.

4. Continua

©RIPRODUZIONE RISERVATA

 

3 thoughts on “Mare e monti, la lunga estate del ’68 (con sorella)

  1. Ma che bello, mi ricorda le nostre vacanze in Emilia Romagna in luglio (con spedizione di baule preceduta da riempimento di teli da bagno salvagente e giochi,) e sul lago di Como in agosto. Ricordo ancora l’emozione che saliva dentro di me per le vacanze che si avvicinavano. Veramente bello!

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  2. Bellissimo racconto, tanto che mi sono permessa di pubblicarlo su una pagina FB ” I mitici locali della val rendena..” proprio dove nasce lo spunto di questo racconto. Complimenti Vanessa Verri

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  3. Grazie per i complimenti, Vanessa. A Pinzolo sono stato solo una volta, ma è stata una vacanza davvero intensa. Avevo, tra l’altro, due amici milanesi uno a Carisolo e l’altro a Bocenago. A Carisolo ci sono andato in bici, per i campi, anche quella è stata una bella avventura… Grazie ancora e a presto. Luca

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