di P. L. Travers

Gatto e Gattino fotografati da Paola Ciccioli
Michele ha un gran mal di denti ed è rimasto in camera, mentre seduta su una vecchia poltrona Mary Poppins dipana una matassa di lana. Il bambino si mette a fissare il gattino di porcellana sulla mensola del camino, dono che gli ha fatto la zia Flossie il giorno prima. È in quel momento che la fantasia della magica governante si mette in azione e fa nascere la storia del Re che sapeva ogni cosa tranne una, la più importante. Il brano che segue è stato tratto da Paola Ciccioli da una edizione datata 1961 di Mary Poppins apre la porta. Buone feste e buone letture.
“Che cosa avete da dire o Re?” domandò volgendosi verso lo scrittoio.
Ma nessuna parola fece eco alla domanda. Il Re piangeva.
“O uomo sapiente, perché mai piangi?” chiese il gatto.
“Perché ho vergogna di me stesso”, singhiozzò il Re. “Ero fiero della mia intelligenza. Pensavo di saper tutto o quasi, ed ora trovo che un vecchio, una donna e un ragazzo sono più saggi di me. Non cercate di confortarmi!” disse, piangendo, mentre la Regina e il Primo Ministro gli stringevano le mani.
“Non ne sono degno! Non so proprio nulla. Nemmeno chi io sia!” e nascose il viso tra le mani. “Oh sì, so che sono un Re!” continuò, “so il mio nome e il mio indirizzo, naturalmente! Ma non so, dopo tutti questi anni, chi veramente e realmente io sia!”.
“Guardami e lo saprai”, disse il gatto con calma.
“Ma ti ho già gua…guardato!” singhiozzò il Re, nascondendo il viso nel suo fazzoletto.
“Non molto bene”, insistette il gatto con gentilezza. “Mi hai soltanto guardato di sfuggita, ogni tanto. Un gatto può guardare un Re, tu hai detto. Ma anche un Re può guardare un gatto. Se lo fai, saprai chi sei! guardami negli occhi e cerca di vedere!”.
Il Re sollevò il viso dal suo fazzoletto e fissò il gatto, attraverso le lagrime. Gli occhi del Re errarono sul musetto bianco e tranquillo e finalmente si fissarono negli occhioni verdi del gatto. In quello sguardo luminoso e profondo egli vide riflessa la sua propria immagine.
“Più vicino, più vicino”, comandò il gatto.
Ubbidiente, il Re si chinò ancora più vicino. E mentre egli intento guardava quegli occhi impenetrabili, sul suo viso avvenne uno strano cambiamento.
Lentamente, il volto magro e grinzoso divenne più grasso, le gote pallide divennero rosee e rotonde, e mentre le rughe sulla fronte si spianavano, dei riccioli coprirono la sua testa e una barbetta bruna spuntò sul mento brizzolato. Il Re ebbe un gesto di sorpresa e sorrise: un uomo piacente e lieto, rise negli occhi, tersi come uno specchio, del gatto.
“Oh mio glorioso fantasma! sono io questo”, egli esclamò. “Ecco, ora so veramente chi sono! E non sono, no, l’uomo più intelligente del mondo!” e alzando la testa con un riso felice, continuò: “oh, oh, vedo ben tutto, ora! Non sono affatto un uomo di pensiero, sono soltanto un uomo felice!”.
Egli agitava le mani davanti ai suoi cortigiani stupiti. “Ecco, voi, portate via queste penne e questi quaderni. Gettate via tutti gli appunti. Bruciate gli scrittoi! E se qualcuno mi accenna ad una sola ricerca, di mia mano gli taglierò la testa!”.
Con un’altra rumorosa risata, abbracciò il Primo Ministro con tanta forza quasi da soffocarlo. “Perdonami, amico mio fedele!” egli esclamò. “E portami la mia Pipa e una tazza di vino dolce caldo, e chiamami i Tre Violinisti”.
“E tu, gioia mia, mio Tesoro, mia Colomba”, disse aprendo le braccia verso la Regina. “Oh dammi di nuovo la tua mano, o mia amata; mai più ti lascerò!”.
Lagrime di gioia rigarono le guance della Regina e il Re, dolcemente, le asciugò. “Non ho bisogno delle stelle del Cielo”, egli mormorò, “perché le ho, qui, nei tuoi occhi”.
“Perdonami se t’interrompo. E io?” domandò il gatto.
“Ebbene, hai avuto il Regno, hai avuto la Corona. Che cosa vuoi di più?” chiese a sua volta il Re.
“Be!”… disse il gatto. “Non mi servono, in fondo! Accettali, ti prego, come un dono di amicizia. Però un gatto non dà niente per niente; in cambio ti domando due piccole cose”.
“Oh, qualsiasi cosa! qualsiasi cosa!” disse il Re, con un gesto largo da gran signore.
“Mi piacerebbe, di tanto in tanto”, disse il gatto “venire a Palazzo per vedere…”.
“Me? Ma certamente! Sarai sempre il benvenuto”, interruppe il Re con un riso soddisfatto.
“Per vedere la Regina”, continuò il gatto come se non avesse udito la risposta del Re.
“Oh, la Regina! Ma benissimo! quando ti farà piacere. Puoi aiutarci anche a cacciare i topi”.
“La mia seconda richiesta”, proseguì il gatto, “è la catenella di fiori verdi e azzurri, che la regina porta al collo”.
“Prendila e che ti porti fortuna!” disse il re con gentile arguzia. “era solo una catenella a buon mercato, in fondo”.
La Regina portò le mani al collo e, sciolta la collana, dolcemente, la mise attorno al collo del gatto, e la allacciò attorno al corpo peloso facendola passare sopra e sotto la coda.
Poi, profondamente e a lungo, ella guardò negli occhi verdi del gatto e il gatto guardò lei. In quello sguardo stavano tutti i segreti che le Regine e i gatti custodiscono nel cuore, nascondendoli a tutti.
Nella pagina Facebook di Donne della realtà Maria Elena Sini ha lasciato un commento e la foto della copertina della stessa edizione del libro di T.L. Travers da cui abbiamo trascritto questo brano.
Ecco cosa scrive Maria Elena: «Negli anni ’60 dopo aver visto il film di Walt Disney comprai diversi libri della storia di Mary Poppins , “Mary Poppins apre la porta”, “Mary Poppins ritorna”, “Mary Poppins nel parco”, tutti con la copertina flessibile celeste dell’edizione Bompiani. Ricordo che rimasi stupita nello scoprire che nei libri la celebre tata aveva un carattere arcigno e modi molto più bruschi rispetto al personaggio dolce interpretato da Julie Andrews nel film».
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