di Luca Bartolommei
Bicicletta, passante ferroviario, metropolitana, breve camminata ed eccoci nel chiostro del Conservatorio Giuseppe Verdi. Un albero di Natale ci accoglie, meccanico, metallico, austero e fantasioso, ma invece è un’opera di Arnaldo Pomodoro che si chiama “Lancia di luce” il cui colore si intona perfettamente all’ambiente circostante, il bel cortile vuoto e ordinato, silenzioso e quasi buio, gli spazi a terra ben delimitati da file di lastroni in pietra a contenere ciottoli stondati che ricordano le strade di Roma antica, belli ma mortali per le caviglie delle signore che azzardino anche soli cinque centimetri di tacco.
Insomma siamo dentro e subito una maschera ci zittisce, ancora nell’atrio, perché il collegamento con la Scala è già iniziato, anche se siamo ai titoli di testa. La sala Verdi è accogliente, comme d’habitude.
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella viene abbracciato da tutto il teatro alla Scala con un applauso che, almeno a me, ha detto molte cose e fatto commuovere. Sala Verdi risponde all’applauso.
Parte “Fratelli d’Italia”, e scatto in piedi in automatico, qualcuno ci pensa un attimo ma poi, anche per non fare figuracce, si adegua. Poco tempo fa il nostro stimatissimo assessore Filippo Del Corno ha ricordato (ha dovuto ricordare, mannaggia) su facebook che l’inno nazionale va ascoltato in piedi e con le braccia distese lungo il corpo. La penso come lui, quindi lascio tranquillamente ai buffoni l’orrore dell’ostentazione della manina sul cuore. Applausi in sala anche per la senatrice Liliana Segre.
Premetto che non ho mai assistito a Tosca prima d’ora, tantomeno in teatro, quindi scriverò solo di emozioni e, ma non so se posso permettermelo, di qualche dettaglio pseudo-tecnico, il tutto con lo sguardo di un bambino che è stato portato lì per imparare qualcosa e con un linguaggio familiare, pop.
Mi pare che il tenore attacchi a cantare con troppa foga e spero che tenga fino alla fine senza affogarsi…
Belle le scenografie semoventi, il sacrista è simpatico ma quando il Cavaradossi resta solo in chiesa mi pare che Angelotti ci metta un po’ troppo a entrare in scena.
Poi arriva una Tosca che sorprende per l’eleganza e per i colori, rosso, nero e blusa bianca… vengono in mente un sacco di marchi milanesi della moda, ma guarda un po’. La Tosca-Anna Netrebko chiaramente sa il fatto suo, ma mi sembra a volte un po’ distante un po’ altera, il duetto della gelosia è molto tenero e lei diventa addirittura simpatica quando dice (anmò torna…) al suo Mario “ma falle gli occhi neri” dopo aver discusso e alzato la voce (!) minacciando sfracelli e tremende vendette, ma questa se non sbaglio è un’altra storia, nei confronti di quella biondina slavata dell’Attavanti.
Poi gran botta di luci dallo sfondo e dal portone che si spalanca di colpo ecco l’irruzione in Sant’Andrea della valle di un gruppo di uomini inselvatichiti e ringhianti con un uno alto e grosso alla loro testa.
Giuro che per un attimo mi sono sentito confuso, cosa ci fa qui, cioè lì, Roger Waters col suo cappottone di pelle? È Pink? Sta iniziando The Wall? Poi, non sto scherzando, guardando meglio mi son detto ma no Luca, l’è el Scarpia! Peccato.
Anche lui in nerorosso col trucco truce da cattivo vero, tanto imponente quanto convincente da subito. Il baritonone è stato davvero molto bravo e il barone molto cattivo, certo è che la Tosca non si è risparmiata in quanto a coltellate, gliene ha affibbiate assai, rendendo forse la scena dello scarpicidio un cicinin cruenta, con strangolamento finale tra gorgoglii e rantoli che a me ha fatto impressione. Brutto Scarpia, però! (cit.)
Nell’andare dietro all’emozione dello scrivere quasi mi dimentico del tenore… il quale “E lucevan le stelle” l’ha cantata in modo impeccabile, niente da dire. Il mio lato oscuro mi fa però aggiungere che se alla Scala, prima inclusa, programmano Tosca (ti piace vincere facile eh?) con Netrebko, Salsi, Chailly, Livermore & Co., e il Meli non la pennella, ha solo da morire disperato, ma davvero…
Voi, amiche e amici dall’orecchia fina avete per caso colto un leggero errore nell’attacco di “Recondita armonia”? Fatemelo sapere, grazie. L’aria da professorino che abbiamo visto nei servizi di contorno (terribili come i jeans attillati che Meli indossava durante le prove) in scena si tramuta in una presenza forte, nel faccia a faccia con Scarpia a Palazzo Farnese Mario ci ha regalato un momento intenso e drammatico, proprio da melodramma.
Nel punto in cui il Cavaradossi si toglie l’anello e lo consegna al carceriere ho notato che ne indossava altri due, simili a fedi… Un ferma-anello più un altro suo o che cosa, vai in scena con la tua fede al dito, forse Floria e Mario erano sposati e non lo sapeva nessuno? Potrebbe essere uno scoop.
La Tosca non si smolla e rimane mooooolto diva. Cancella a colpi di volume il povero Mario nel duetto sugli spalti di Castel Sant’Angelo.
Brava anche nell’indossare una mise che ho trovato davvero brutta. Il vestitone da sirena con la coda rossa, di un bell’azzurro quasi da nazionale di football unito alla patriottica tiara dei tre colori (chissà se dalla platea il particolare si è visto) mi son sembrati un po’ “tanti”, ecco.
Peraltro Netrebko nei filmati di cui sopra ci era apparsa in canotta nera con fibbia sulla spallina sopra svolazzanti pantaloni plissettati color di fucsia, definiamolo così, di tutto rispetto.
Arriviamo verso la fine e capita un pasticcio, ma penso che non abbia aggiunto o tolto granché al valore della recita. Bravo comunque Salsi a riprendere il filo…
Scena finale che è tra la caduta verso il basso, la sospensione a mezz’aria e la vera e propria assunzione in cielo della Tosca, con la controfigura di Netrebko che sembra sempre di più la sirena Codarossa che nuota. Boh?
L’inizio del terzo atto non lo avevo mai ascoltato, ed è qualcosa di meraviglioso. Forse azzardo, ma tanto prog rock arriva da qui e più in generale dalla musica di Giacomo Puccini, scrivo anche il nome sia perché è corretto farlo sia perché qualcuno, tipo Fabio Fazio lo chiama Giuseppe… scherzi del tempo che fa…
Finisco con i complimenti alla vera primadonna della serata e saluto, spero per l’ultima volta alla prima della Scala, Milly Carlucci che con la sua frangetta da “Grease”, il suo sorriso finto come la sua boccuccia autogonfiante e la sua giacchettina a squame, altro pesce azzurro, ha contribuito da par suo ad abbassare il livello dei collegamenti, se ce ne fosse stato bisogno. Ma già so che ci toccherà anche l’anno venturo.
Il bambino milanese vi saluta canticchiando così: «… se sbatten in del Tever, roba tragica, esageren, me par, on cicinin…».
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