Natalia Goncharova e l’arte di scandalizzare

di Maria Elena Sini – da Firenze

Natalia Goncharova (Governatorato di Tula 1881-Parigi 1962), tra i principali artisti dell’avanguardia russa, “attiva come pittrice, costumista, illustratrice, grafica, scenografa, decoratrice, stilista, ma anche come attrice cinematografica, ballerina e performing artist ante litteram”. Qui l’artista è nel suo studio di Parigi in rue Jaques-Callot alla fine degli Anni 20 (foto da https://www.tate.org.uk/whats-on/tate-modern/exhibition/natalia-goncharova/exhibition-guide)

Fino al 12 gennaio 2020 Palazzo Strozzi a Firenze celebra Natalia Goncharova attraverso una grande retrospettiva che ripercorre la sua vita controcorrente e la sua ricca e variegata produzione a confronto con i capolavori di Gauguin, Matisse, Picasso e Boccioni. Il percorso della mostra ospita quadri, disegni, bozzetti, filmati che documentano l’arte e la vita dell’artista. Natalia Goncharova (1881-1962), poliedrica artista russa, ha aderito al Futurismo e al Cubismo, unendo elementi del primitivismo e della tradizione russa alle spinte moderniste tipiche delle tendenze della sua epoca. Non è stata solo pittrice ma anche scrittrice, costumista, illustratrice e scenografa. Nata in Russia in una famiglia della buona società, studiò scultura all’Accademia d’Arte di Mosca, dove incontrò Mikhail Larionov, suo futuro marito, che la indirizzò verso la pittura per la quale mostrava un evidente talento.

Pur rimanendo influenzata dagli aspetti primitivi dell’arte russa mostrò grande attenzione a quanto stava accadendo a Parigi in quei decenni: recepì la lezione di Gauguin con la sua sensibilità per il mondo popolare, quella di Matisse con la violenza cromatica tipica del fauvismo, per poi passare ad esplorare il Cubismo e il Futurismo del quale condivise l’attenzione per le macchine, le fabbriche, la velocità ma ne contestò l’esaltazione della guerra e il maschilismo che non permetteva alle donne di far parte del gruppo.

Con il marito Mikhail Larionov stabilì una lunga e felice alleanza umana e artistica durata 60 anni durante la quale svilupparono il “Raggismo” un movimento che filtrava il reale attraverso frecce di luce, “raggi” che costruivano il quadro con immagini che rimandavano all’atmosfera futurista. Sempre più attratta dal dinamismo futurista cominciò a mostrare meno interesse per le figure del folklore per lanciarsi verso le immagini della modernità sino a meritarsi il soprannome di “amazzone dell’avanguardia russa”. Dal 1915, con Larionov, si trasferì in Europa e il celebre impresario Sergej Diaghilev invitò i due artisti a Parigi per disegnare le scene e i costumi per gli spettacoli delle Stagioni russe : questa occasione permise alla creatività e al gusto per i colori vivaci dell’artista di trovare piena espressione contribuendo fattivamente al successo dello spettacolo come testimoniano i filmati della sala numero 6. La sua attitudine alla ricerca e all’innovazione è forse l’elemento fondamentale che le ha consentito di infrangere le barriere tra arte e design, progettando e dipingendo stoffe, ricami, tappeti, carte da parati e copertine di libri. La sua
versatilità quindi al di là della pittura e del teatro determinò la nascita di importanti collaborazioni con Maison di moda come quella di Coco Chanel e riviste come Vogue e Vanity Fair per le quali disegnò anche bozzetti di vestiti.

Dopo aver visitato la mostra, penso che il suo titolo Natalia Goncharova : una donna e le avanguardie tra Gauguin, Matisse e Picasso non sia stato rispettato in pieno perché in realtà il confronto con questi grandi pittori non è indagato a fondo, sono esposte pochissime opere di questi grandi con i quali effettuare un parallelo (appena due Cézanne, due Gauguin, un solo Picasso). Citare questi Maestri sembra quasi un pretesto per attirare i visitatori che forse non sarebbero stati attratti dal solo nome della Goncharova. L’aspetto che invece a mio parere emerge maggiormente dalla mostra è la capacità di sperimentare differenti stili che l’artista è riuscita a fondere in maniera molto personale.

Natalia Goncharova ha attraversato la prima metà del Novecento mostrando un’inquietudine che l’ha spinta ad esplorare tecniche e materiali diversi. La molteplicità degli stili e delle tendenze evidenti nelle sue opere hanno sollevato accuse di eclettismo, alcuni l’hanno considerata priva di originalità in quanto seguace di tendenze già affermate. Ma io credo che la varietà della sua produzione non sia il frutto di emulazione quanto di una inesauribile curiosità nei confronti di quanto accadeva nel mondo dell’arte della sua epoca, di un’insopprimibile ansia di innovare, di cimentarsi con forme espressive differenti che ha sempre connotato con un suo tocco personale. La pluralità e la diversità degli aspetti della sua arte è una deliberata dimostrazione del diritto degli artisti di avere un proprio sviluppo e di avvalersi senza restrizioni di qualsiasi precedente come fonte per creare nuove opere.

“Modella (su sfondo blu), il dipinto scandalo del 1909-1910 di Natalia Goncharova fotografato a Firenze da Maria Elena Sini

L’altro aspetto che mi ha colpito è l’intreccio coerente tra il suo stile di vita anticonformista e la sua poliedrica produzione artistica. Sfidando la morale dell’epoca, fu la prima donna in Russia ad esporre dipinti raffiguranti nudi femminili come Modella (su sfondo blu) o La dea della fertilità,, nei quali la resa dell’anatomia è pienamente esplicita a differenza di nudi più accademici di pittori contemporanei. I suoi nudi sono intensi, hanno tratti pronunciati come intagliati nella materia, nel legno o nella pietra, tanto da provocare uno scandalo per cui le opere vennero ritirate e l’artista fu sottoposta ad un processo per offesa alla pubblica morale e pornografia, al termine del quale fu assolta.

La parte superiore dell’opera Modella (su sfondo blu), utilizzata come trailer della mostra, è stata censurata da Instagram (che successivamente ha sbloccato la pubblicazione del video) perché «raffigurante nudità e porzioni di pelle eccessiva». Un’immagine davvero molto potente se dopo oltre un secolo riesce ancora a scandalizzare come aveva fatto nel 1910. Altrettanto scandalose furono le sue opere ispirate a soggetti religiosi, vere   provocazioni consapevoli, in primo luogo perché dipinte da una donna, cui la tradizione ortodossa impediva di eseguire rappresentazioni sacre, attività riservata agli uomini perché solo loro creati a immagine di Dio. In secondo luogo perché la Goncharova si ispirò alle stampe popolari ma le rielaborò con lo stile dell’avanguardia occidentale e
pertanto le sue opere vennero considerate parodie e furono sequestrate per ordine del Santo Sinodo che denunciò l’artista per blasfemia. In una lettera aperta del 1913 Natalia Goncharova scriveva: «Donne (…..) dovete credere che tutti, donne comprese, hanno un intelletto a forma e immagine di Dio, che non ci siano limiti alla volontà e allamente  umana».

Nel 1913 Natalia Goncharova con il marito Mikhail Larionov e Ilia Zdanevich organizzarono performance di pittura del  corpo e camminarono per le strade più eleganti di Mosca con il volto dipinto con immagini, declamando parole offensive e frasi destinate a scandalizzare i benpensanti, anticipando i metodi della body art. Ma, come le sue opere trasgressive, anche questa performance non aveva lo scopo di scandalizzare («épater le bourgeois»), proprio perché non si limitava ad una manifestazione esteriore ma rappresentava una fusione tra la sua vita controcorrente e la sua arte innovativa per la quale pagava costantemente il prezzo attraverso sequestri delle opere e processi. La continua ricerca di forme e mezzi espressivi è testimoniato nel 1929 dalle parole della poetessa Marina Tsvetaeva: «D’estate la sua pittura vive e si alimenta, d’inverno lavora», in riferimento ai dipinti invernali che con diversi toni di bianco e di grigio mostrano in modo malinconico un periodo dell’anno che l’artista non amava e trascorreva a Mosca, proprio a sottolineare che l’arte di Natalia Goncharova si alimentava dalla vita, dalle esperienze, dagli incontri. Per tutta la vita l’artista ha respinto ogni convenzione nella vita privata così come nell’arte enell’abbigliamento. Visse per oltre cinquant’anni con Mikhail Larionov, lasciando spazio anche ad altre relazioni e sposandosi solo nel 1955, al fine di garantire a chi fosse sopravvissuto il lascito artistico dell’altro.

Natalia Goncharova muore nel 1962 e viene sepolta secondo il rito ortodosso russo nel cimitero di Ivry-sur-Seine. Larionov, nel 1963 a Fontenay-aux-Roses, nella casa di riposo in cui vive, sposa Alexandra Tomilina, a lungo sua partner sentimentale e collaboratrice. A conferma di uno stile di vita anticonformista nel 1946 Natalia aveva scritto a Larionov «non sono gelosa di Alexandra, la rispetto e ammiro il suo fascino, anche lei non è gelosa di me». Nel 1964 anche Mikhail Larionov muore e viene sepolto nella stessa tomba di Natalia. Alexandra Tomilina eredita dunque il lascito culturale della coppia, che, seguendo le disposizioni dei due artisti, destina allo Stato sovietico dove le opere arriveranno nel 1989. Alla sua morte, avvenuta nel 1987, anche le ceneri di Tomilina vengono inumate nella tomba di Ivry-sur-Seine: una sepoltura unica per tre persone unite dalla lontananza dalla patria e da comuni esperienze controcorrente.

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