Tempi duri per “El bell Fofò”

di Luca Bartolommei

Da una pagina de “Le Vie di Milano in Cartolina” del collezionista milanese Emilio Mazzocchi che in due curatissimi volumi presenta la sua vasta raccolta di cartoline d’epoca e mostra così le varie età del capoluogo lombardo. Ai due libri, editi grazie alle Imprese del Gruppo Donelli, ne seguirà entro la fine dell’anno un terzo che avrà una parte dedicata al Bottonuto, il quartiere cancellato (lo scatto è di Paola Ciccioli)

Dopo l’articolo su Alberto Savinio ecco un breve approfondimento sulla canzone che dà il titolo al recital che Paola Ciccioli ed io terremo, come Palcoscenico Milano – L&P, nell’ambito della sesta edizione di Milanosifastoria al Frida Isola, locale nel cuore del milanesissimo e storicissimo quartiere, ora di grande richiamo turistico.

El bell Fofò de via Manzon, un’altra canzone “crudele e sbarazzina” scritta dalla coppia D’Anzi – Bracchi. Stavolta la vittima dei due è un giovane uomo che a differenza di tanti suoi coscritti non è partito per il fronte, e circola ciondolando beatamente per il centro di Milano.

El bell Fofò viene definito dai due autori come una via di mezzo tra il gagà (del Motta) e la gagarella (del Biffi Scala), uno che si veste con un soprabito che gli arriva all’ombelico, porta i capelli lunghi fin sulla nuca, indossa scarpe che sembrano due barche a causa dei piedoni ed è lungo e magro come le saracche (famiglia delle aringhe) che si trovano sui banchi della famosa gastronomia Peck. Frequenta con i suoi amici Gastone e Fernando il ristorante da Fabiano in Galleria, che qualche decennio dopo sarebbe diventato la “Taverna della Giarrettiera”, e va su e giù per la via Manzoni con un piglio che el te par Napoleon, peccato che quando apre bocca per parlare a chi ascolta si arriccino le budella…

Il ritratto dell’imboscato Fofò continua così: pulito, con la barba ben fatta e leggermente effeminato, col cervello vuoto e la pipa in bocca. Insomma il tipo proprio non sembra piacere ai nostri che rincarano la dose descrivendo la sua faccia gialla come un limone che spunta da sotto un cappello con l’ala rialzata mentre, camminando come un cavallo spompato, si lamenta della difficoltà nel trovare tabacco e del vivere senza alcolici.

Poi l’affondo finale contro tutti i Fofò del regno che dovrebbero ricevere una bella cartolina di chiamata alle armi e, rispondendo al richiamo della guerra e dei cannoni e indossando una bella uniforme da fante, sarebbero, allora sì, eleganti come damerini e anche di più.

La canzone ha un che di militaresco nel ritmo ed è la perfetta conclusione della trilogia sui personaggi cui D’Anzi e Bracchi, e non solo loro evidentemente, non perdonavano alcuni comportamenti. Magari perché ritenuti poco consoni alle romane vestali giovani italiane, come l’andare “in bici” e fumare sigarette americane (con doppio senso da bar…). O che, attenzione perché coi maschi è peggio, potevano indurre gli avanguardisti simil-legionari a pensare che correre dietro a qualche ragazza per cercare di limonare potesse essere meglio che farsi ammazzare in un deserto o in una steppa, piuttosto che in cielo e in mare come si raccontava in altre canzoni.

Ah, è l’ora dell’aperitivo, ed ecco che El bell Fofò dondolando simpaticamente si congeda riprendendo il passeggio lungo la via Manzoni in direzione piazza della Scala, un po’ banalmente scomparendo nella nebbia che in questi periodi dell’anno una volta era una cosa normale. Chissà che scelta farà, Biffi o Motta? Magari qualche locale dell’Isola, in fondo i tempi cambiano ma vi assicuro che in Archinto e dintorni de Fofò l’è pien inscì…

(Appuntamento all’8 novembre per l’esecuzione dal vivo)

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