Testo e foto di Luca Bartolommei
Ci è stata offerta la possibilità di assistere, nel bellissimo e ritrovato Teatro Gerolamo di Piazza Beccaria a Milano, al concerto di premiazione organizzato da Le Dimore del Quartetto. Tra i premiati, il quartetto Dàidalos, formazione nata a Novara nell’ottobre del 2014 dall’incontro, tra amicizia e Conservatorio, di Anna Molinari e Stefano Raccagni violini, Lorenzo Lombardo viola e Lucia Molinari violoncello. Questi i giovani musicisti quasi tutti di vent’anni, ma c’è chi ancora non li ha compiuti, che hanno proposto per l’occasione una convincente esecuzione del quartetto “La morte e la fanciulla” di Franz Schubert. Siamo stati colpiti dalla freschezza e dalla verve interpretativa dell’ensemble, ed abbiamo chiesto alle sorelle Anna e Lucia Molinari di raccontare la parte femminile dei Dàidalos, ma non solo quella, alle nostre lettrici e ai nostri lettori.

Il Quartetto Dàidalos in questa foto scattata il 17 dicembre al Teatro Gerolamo. Potremo ascoltare i giovani musicisti, presentati dalla Società del Quartetto di Milano e proposti da Dimore del Quartetto, in un concerto organizzato il 27 gennaio 2018 a Villa Necchi Campiglio a Milano.
Incontro Anna e Lucia Molinari in un pomeriggio piovoso e freddo di fine dicembre. La conversazione con le sorelle novaresi, 18 e 20 anni, rispettivamente violinista e violoncellista, scivola via tranquilla e ci scalda da subito. Le due ragazze sono spontanee, sciolte, ma estremamente determinate, professionali.
Bene, ecco cosa ci siamo detti.
La musica è sempre stata presente nella loro vita. Cosa non difficile quando si hanno genitori musicisti, mamma violinista, papà pianista e che hanno una scuola di musica. Anna dice che «già da piccola sapevo che a sei anni avrei iniziato a suonare il violino, vedevo Lucia che suonava, i miei suonavano, mia mamma il violino, ho preso tutto da lei, è stata una cosa normale, quasi un gioco». Ecco Lucia: «anche per me è lo stesso, circondata da persone che suonavano, è stata una cosa naturale, anzi un desiderio che ho sempre avuto. Per noi è stato molto importante, un privilegio, iniziare a suonare in orchestra da subito».
Hanno deciso in fretta quale sarebbe stata la loro professione, la spinta interiore è arrivata quando erano bambine e da lì sono partite, fortunatamente senza essere forzate dai genitori (guai a farlo!) per un lungo percorso, con la grande consapevolezza della durata e della durezza del viaggio ma anche consce delle loro capacità e talenti. Per entrambe la carriera solistica sarebbe, ovvio, molto interessante, ma al momento non lascerebbero mai il quartetto, troppo bello e vasto il repertorio, anche riferito ai rispettivi strumenti, meglio salire sul palco con altre tre persone. E poi, in ogni caso, un quartettista deve anche avere la personalità del solista.
Ecco, il repertorio. Apertura totale, dal barocco al classico-romantico, al contemporaneo. Nessuna preclusione a priori, troppa la curiosità di esplorare, anche se colgo una certa loro inclinazione verso il periodo romantico, Haydn e soprattutto Beethoven ci dicono qualcosa?
Alla domanda forse banale, “ma quanto studiate?” risposta secca: il più possibile.
Un giorno sì e uno no quattro ore di prova di quartetto, unito allo studio dello strumento e per Anna c’è anche l’ultimo anno di liceo linguistico.
Fondamentale lo studio a Cremona, anche dal punto di vista non musicale, per la costruzione del gruppo. L’intero quartetto sta portando a termine il terzo anno, con grandi benefici.
Essere giovani e donne non è stato un problema. E la prospettiva è quella di un miglioramento della situazione. Già rispetto all’esperienza della madre le cose vanno meglio.

Anna e Lucia Molinari in relax dopo l’intervista, che è stata registrata da “Anche”, ristorante-caffè nel quartiere Isola di Milano
Qualche stereotipo su strumenti da donna o da uomo resiste, una ragazza che suona il contrabbasso ancora ci fa “strano”. Tra violini e violoncelli, le musiciste sono in deciso aumento al contrario di qualche anno fa. Non si sono mai sentite discriminate in quanto ragazze. In ogni caso, questa è la realtà odierna, guardando il panorama internazionale i ruoli più importanti sono ancora affidati agli uomini. Una donna che dirige un’orchestra sembra quasi un’eresia, ma perché non dovrebbe farlo?
Un’altra prospettiva per i giovani musicisti è quella di aprirsi a una esperienza fuori dall’Italia. Diverse proposte, contatti a Berlino, Berna e Salisburgo. Troppo giovani per non continuare il perfezionamento a livello individuale, ma a Anna e Lucia piacerebbe spostarsi con l’intero quartetto, tutti insieme, sarebbe un peccato sciogliersi.
Ho chiesto alle ragazze se, ribaltando finalmente i ruoli, se la sentissero di dare qualche suggerimento, magari anche scomodo, ai musicisti più grandi di loro. All’inizio sono usciti termini come aiuto, collaborazione e consigli su come affrontare le difficoltà di una carriera che richiede impegno e sacrifici costanti… ma poi siamo entrati nel vivo con le richieste ai colleghi “anziani” di aprirsi ai cambiamenti in atto nella musica classica, ci sono modi nuovi di affrontare un repertorio storico, non essere arroccati sulle loro posizioni interpretative, sul loro modo di vedere un certo autore come se detenessero la chiave segreta dell’interpretazione. Dinamicità continuamente aperta, altrimenti si rischia di essere la copia della copia della copia di chi suona o ha suonato quella data partitura. Lucia continua dicendo che ha conosciuto direttori d’orchestra che vivono la musica con troppa rigidità e autoritarismo. In realtà il bello dell’arte è quello di poterla leggere da prospettive diverse.
Ad esempio Anna ha chiesto prima di un suo concerto da solista consigli ad un ancora giovane ma già affermato violinista, Ray Chen, scrivendogli su Facebook e ricevendo suggerimenti che le sono stati molto utili.
Il bello del quartetto è che tutti hanno a che fare con la stessa materia e ognuno dà il proprio contributo per poi arrivare ad avere, attraverso il confronto, una visione comune. Senza avere paura di dare una lettura personale anche a un brano importante come “La Morte e la fanciulla” di Franz Schubert, che non può più essere suonato come lo si suonava cinquant’anni fa. Brano che, magari tra un anno, i Dàidalos suoneranno in maniera diversa da oggi, perché loro matureranno, e maturerà, dentro e tra di loro, anche il brano.
Perbacco, viene proprio da dire “sicurezza e bel gioco”! Buon anno.
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