«Un inno all’indipendenza, all’amore, alla libertà e alla giustizia sociale»

di Maria Elena Sini

Seconda e ultima parte dell’originalissimo “reportage poetico-musicale” da Cuba di Maria Elena Sini. In questa foto, la visita in una scuola dove la guida Zaili Lorenzo mostra un pannello sui protagonisti della storia nazionale: José Martí, Ernesto Che Guevara, Fidel Castro…

“Guantanamera” di Hector Angulo, Pete Seeger, José Martí

Yo soy un hombre sincero
de donde crece la palma
y antes de morirme quiero
echar mis versos del alma.
mi verso es de un verde claro
y de un carmín encendido,
mi verso es un ciervo herido,
que busca en el monte amparo.
Cultivo la rosa blanca
en junio como en enero
para el amigo sincero
que me da su mano franca.
Y para el cruel que me arranca
el corazón con que vivo
cardo ni ortiga cultivo:
cultivo la rosa blanca.
Yo sé de un pesar profundo
entre las penas sin nombres:
la esclavitud de los hombres
es la gran pena del mundo.
Con los pobres de la tierra
quiero yo mi suerte echar,
el arroyo de la sierra
me complace más que el mar.

GUANTANAMERA

Sono un uomo sincero
Di dove cresce la palma
e prima di morire voglio
far uscire i versi dalla mia anima.
Il mio verso è di un verde chiaro
e di un color rosso acceso,
il mio verso è un cervo ferito,
che sul monte cerca riparo.
Coltivo la rosa bianca
in giugno come in gennaio
per l’amico sincero
che mi dà la sua mano franca.
E per il crudele che mi strappa
il cuore con cui vivo
non coltivo né cardi né ortiche:
coltivo la rosa bianca.
Io conosco un dispiacere profondo
tra le pene senza nome:
la schiavitù degli uomini
è la grande pena del mondo.
Con i poveri della terra
voglio dividere la mia sorte,
il ruscello della montagna
mi seduce più del mare.

Un viaggio a Cuba, un libro acquistato all’aeroporto, i segreti di una famosissima canzone e la storia di chi l’ha scritta. Presegue il racconto di Maria Elena Sini.

Il testo di “Guantanamera” racconta la volontà di un uomo semplice nato a Cuba, chiamata spesso l’isola felice delle palme, che prima di morire vuole recitare i versi che scaturiscono dalla sua anima. I suoi versi esprimono sentimenti liberi e puri ed esprimono la passione, le parole possono consolare chi si trova ad affrontare la sofferenza profonda per la schiavitù degli uomini. Ma l’uomo non serba rancore, durante tutto l’anno coltiva la rosa bianca, simbolo di sentimenti nobili, e non i cardi e le ortiche forniti di spine, simbolo di astio e malevolenza, sia per l’amico che gli tende la mano sia per l’impostore che gli strappa il cuore. Condivide i suoi giorni con i poveri della terra sulla montagna, dove tra i freschi torrenti si sente più a suo agio che vicino al mare.

Ancora una volta l’incontro con un libro mi ha permesso di posare gli occhi su una storia che non conoscevo e di scoprire come una canzone che molti di noi considerano uno spensierato canto d’amore tipico della cultura latino americana ha invece una lunga storia carica di significati e riferimenti, e pertanto è anche una canzone patriottica, un inno all’indipendenza, all’amore, alla libertà e alla giustizia sociale.

II – Fine

2 thoughts on “«Un inno all’indipendenza, all’amore, alla libertà e alla giustizia sociale»

    • Si, certo la canzone risente del clima storico caratterizzato dalle istanze di riscatto di grandi fette della popolazione, ma scaturisce anche dalla sensibilità e dalla passione di un uomo del quale scopro cose sempre più belle via via che crescono le informazioni su di lui. A José Martì si attribuisce questa emblematica affermazione : ” L’unico modo per essere liberi è essere colti”.

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