di Roberta Valtorta
Serate di grande atletica a Londra, tenniste che scivolano sul doping in Italia, i migliori arcieri del mondo in gara a Berlino fino a domenica. Tiro con l’arco? Già, giusto un anno fa…
Il 7 agosto 2016 le arciere azzurre Guendalina Sartori, Lucilla Boari e Claudia Mandia hanno concluso la gara femminile a squadre ai Giochi Olimpici di Rio con il quarto posto: «il miglior risultato del tiro con l’arco italiano nella storia dei Giochi Olimpici»[1].
Il giorno successivo, QS – il Quotidiano Sportivo del gruppo Poligrafici Editoriale che si occupa di gestire le notizie sportive delle testate collegate a QN, Quotidiano Nazionale – aveva riportato l’impresa delle atlete con un titolo che le etichettava come il “trio delle cicciottelle”.
Si era parlato tanto dell’accaduto, motivo per il quale non ho voluto subito aggiungere la mia opinione alla lunga lista di persone che, in modo o nell’altro, hanno espresso il proprio punto di vista sull’argomento; non ho voluto sino ad oggi, quando Paola mi ha chiesto una riflessione a freddo.
Che dire… c’è poco da riflettere, la realtà dei fatti è (ahimé!) una sola: una vera impresa per l’Italia femminile, con tutti i sacrifici che questa comporta, è stata miseramente ridotta a un titolo che definisce delle grandissime atlete delle semplici “cicciottelle”.
Non riesco a immaginare quello che devono aver provato le tre ragazze: anni di rinunce e una vita dedicata allo sport, un grandissimo risultato che, nonostante tutto, è anche un sogno sfumato (seppur bello, un quarto posto è sempre un’esclusione dal podio) e l’amara sorpresa della mattina seguente. Non un sostegno della stampa italiana, ma un’umiliazione.
L’editore Andrea Riffeser Monti aveva sollevato dall’incarico Giuseppe Tassi, direttore di QS, che poi si era pubblicamente scusato.
«Che buffonate! […] con tutte le disgrazie e morti che succedono nel mondo vanno a torturare persone che non hanno fatto nulla di gran che! Dire cicciottella, ciccetto, ciccettino, noi tutti non abbiamo mai fatto questi commenti e magari anche ai nostri figli e figlie? Dai! Le parole prendiamole come vengono: “volano” sono i fatti che contato! Se no, ci ammazziamo tutti ogni due minuti per due parole di troppo».
«Gli atleti, specialmente in periodo di Olimpiadi, sono personaggi pubblici in cui il pubblico si identifica. Se non sono psicologicamente in grado di sopportare (nel bene e nel male) la luce dei riflettori che facciano gli impiegati!».
«Sessimo ma anche no… è pura verità».
«Falsi e ipocriti. Il politically correct è diventato un cancro dilagante. Ben altre son le cose per cui scandalizzarsi. Solidarietà per lo sfortunato (e avventato) direttore».[2]
Sono stati molti i commenti a sostegno delle ragazze, ma altrettanti quelli che sminuivano l’accaduto. Non sono assolutamente in grado di dire se si possa arrivare a rimuovere un direttore per un titolo, ma so per certo che dare risalto all’aspetto fisico nel contesto sportivo, dove l’estetica non c’entra assolutamente nulla, è tutto fuorché sinonimo di giornalismo serio.
A tal proposito, vorrei condividere il bellissimo filmato[3] che Guendalina Sartori aveva pubblicato su Facebook in risposta all’articolo di QS: «Non credo ci siano altre cose da aggiungere dopo la visione di questo video» – aveva commentato l’atleta – ed è ciò che penso anche io perché, come recita lo slogan del progetto dietro la creazione del video «Female athletes should be asked about their athletic ability, not their looks».
[1] Dichiarazione di Mario Scarzella, Presidente Federazione Italiana Tiro con l’Arco
[2] Commenti tratti da http://www.gazzetta.it/Olimpiadi/2016/09-08-2016/caso-cicciottelle-licenziato-direttore-qs-quotidiano-sportivo-giuseppe-tassi-160670426984.shtml?refresh_ce-cp
[3] https://storify.com/RepresentPledge/askhermore-at-the-olympics
mi trovo d’accordo
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