Ritorno alla casa del padre

Testimonianza di Alessandro Quasimodo

raccolta da Paola Ciccioli

Il Premio Nobel Salvatore Quasimodo nei ritratti e nei cimeli conservati nel Parco letterario a lui dedicato a Roccalumera, in provincia di Messina. Il figlio del poeta Alessandro Quasimodo collabora assiduamente con i fratelli Sergio e Carlo Mastroeni, promotori dell’istituzione culturale che custodisce la memoria del percorso esistenziale dell’intellettuale siciliano. Nel mese di agosto si terrà la cerimonia di assegnazione ad Alessandro Quasimodo della cittadinanza onoraria di Roccalumera (http://www.parcoquasimodo.it/)

Dietro le quinte degli eventi ufficiali ci sono gesti privati altrettanto significativi. A questa categoria appartiene la decisione di Salvatore Quasimodo di andare ad abbracciare il padre Gaetano a Roccalumera, in Sicilia, subito dopo aver ricevuto il Premio Nobel a Stoccolma. Non lo aveva più visto da quando, giovanissimo, se n’era andato lontano per inseguire il sogno – realizzato – di essere poeta.

Di Roccalumera è da ieri cittadino onorario anche Alessandro Quasimodo, il figlio di Salvatore e di Maria Cumani, legatissimo alla famiglia del padre, a quella dello zio Elio Vittorini, ai profumi e ai sapori della “terra impareggiabile” e persino agli accenti del dialetto assorbito lì da bambino. Di seguito un altro estratto dei suoi ricordi affidati alla curatrice del nostro blog.

L’8 aprile 1960 morì mio nonno Gaetano. Decisi di andare a Roccalumera al suo funerale e in quella occasione feci il primo volo della mia vita. Avevo 21 anni. «Il viaggio in aereo si è svolto benissimo, cielo limpido, azzurrissimo, nessuna paura, solo una leggera ansia che mano a mano cresceva nell’avvicinarmi alla Sicilia». Così scrivevo a mia madre l’11 aprile del 1960 da Roccalumera e la mia lettera era una tentativo di farla partecipare a quell’evento familiare, il primo lutto che mi coinvolgesse profondamente. Anche se, è vero, nel ’49 ero andato al funerale dello zio Enzo e in quinta elementare avevo svolto anche un tema su questa esperienza: “Il mio primo grande dolore”. Però per nonno Gaetano era diverso: ero più adulto, si trattava del padre di mio padre. E poi a Roccalumera avevo trascorso tante delle mie estati di bambino, dunque l’impatto era completamente diverso.

All’aeroporto di Catania vennero a prendermi due signori con la cravatta nera del lutto, che si presentarono come cugini Quasimodo. Con loro, su una 600 in rodaggio, affrontai 3 ore e mezzo di viaggio in una mattina calda, già estiva. «Attraversando tutti i paesi della costa, su una strada piena di sole, tra aranceti, zagare in fiore e agavi dal lungo stelo, niente parlava di morte. Eppure l’ansia che avevo in me continuava a crescere (tu sai anche per quali e quante ragioni! Quante cause impedivano in me un sentimento ben definito, un dolore limpido e pacato. Tristezza, paura, incertezza…)».

Cercai di trasmettere a mia madre ogni emozione, di fissare per lei qualsiasi dettaglio. Io che sospingevo la porta della chiesa del Carmelo, «bianchissima per il riverbero», i fiori, le candele, le bandiere, l’enorme catafalco nero con la cassa di noce dalle maniglie d’argento. «Feci uno sforzo per immaginare il nonno (diritto e robusto nel ricordo) chiuso là dentro, immobile per sempre».

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