«Che gli uomini siano diventati meno interessanti di un cesto di lumache, passi»

di Giuseppina Pieragostini

Eccola di nuovo con noi (e nel racconto a puntate di Giuseppina Pieragostini), Susan Sarandon. Qui l’attrice è in una foto dal suo profilo Facebook mentre pubblicizza il film da lei prodotto “Deep Run”, documentario su un giovane transessuale alle prese con l’arretratezza culturale della zona rurale del Nord Carolina in cui vive (http://www.deeprunfilm.com/)

Continua il racconto L’età dell’indecenza:

Tu che hai sempre considerato il soma solo in quanto supporto della brillantezza della mente, al massimo una sede di personalità e stile, ti ritrovi come un segugio ad inseguire ogni segno della capitolazione del corpo, che sembra prendersi le sue rivincite su tutte le volte che non lo hai massaggiato, tonificato, coperto di fanghi miracolosi, bendato con balsami ed unguenti profumati. Mica come Portia.

Non ti puoi esimere dallo spiare ogni suo progressivo cedimento; il porco nemico non si lascia intimidire e se lunedì affiorano due venuzze sotto il ginocchio destro, martedì crolla la palpebra sinistra, mercoledì compare una ruga trasversale tra la guancia e la piega labiale, giovedì non puoi più ignorare un accumulo di grasso a un polso, venerdì si evidenzia la deviazione tanto improvvisa quanto sincrona degli alluci, sabato la cianciapella dei gomiti sbatte contro l’osso. Domenica festa. No, domenica sera compare una bella macchia bruna, l’ennesima, sul dorso della mano sinistra. Se qualcuno pensa che questo sia un artifizio letterario, si sbaglia o semplicemente non ha sessant’anni o si chiama Portia.

Il tutto si va a sommare al pieghettato sotto alle ascelle, al ballonzolo bizzarro del rivestimento carnoso dei femori, nonché di quello degli omeri, ai due corpi estranei che dipartendosi dalla mandibola vanno a ricongiungersi al collo.

C’è in questa contabilità dei guasti, impietosa ma non abbastanza da essere esaustiva, l’astioso compiacimento di chi ha sempre saputo che sarebbe andata a finire così, anche quando zompettavi a destra e a manca e macinavi chilometri e chilometri a piedi, a nuoto, in bicicletta sulla moto, sulla barca, in aereo. Neanche avessi il diavolo alle calcagna. Allo stesso modo come sapevi che ciò che ti teneva unita a Gualtiero non erano le presunte affinità elettive, ma solo il raccontarvi le stesse bugie e che un giorno avrebbe trovato una più giovane con cui raccontarsele. Adesso che la bestia ti ha raggiunto, non hai nemmeno voglia di affrontarla; te ne manca, più che il coraggio, la convinzione che ne valga la pena.

La concretezza del corpo e l’opacità dei suoi limiti, oppongono sempre più resistenza e non sono più sufficienti, come allora, una seduta dal parrucchiere o un velo di abbronzatura per farti tornare a volare a testa alta con il vento nei capelli. A questo punto, per risultati più convincenti dovrebbero passarti sopra con la schiacciasassi e poi ci vorrebbe una mano pia che ti rimpastasse. A pezzi e bocconi, ti racconcia con i chiodi e la sega, giusto l’ortopedico che ha scosso la testa davanti al tuo menisco ‘usurato’. Sei diventata accorta e non chiedi  «Come mai?» per non vederlo stringersi nelle spalle e rispondere «L’età».

Dopo la pulizia del viso con latte e tonico, spalma la crema specifica per la zona perioculare, quella contro la secchezza della fronte e quella contro la couperose sulla punta e alla radice del naso, picchietta le gocce di siero sul collo, sui solchi labiali del labbro superiore, cospargi inoltre la pomata schiarente sulle macchie ai lati delle guance. Passa quindi alla crema idratante per tutto il corpo e a quella specifica per le mani ed i piedi. Prima dei pasti ricordati gli aminoacidi per il tono muscolare, gli estratti a base di mirtillo per gli occhi, gli integratori per la pelle i capillari e i capelli. Stendi lo smalto rinforzante sia alle unghie delle mani che dei piedi. Non dimenticare, in ogni momento libero, di masticare con forza due gomme americane che aiutano a irrobustire la struttura mandibolare. Adesso puoi dedicarti alla ginnastica specifica per i tricipiti, al massaggio ai piedi, alla ginnastica facciale. Prima di metterti a letto, sistema con la pellicola trasparente e la carta argentata l’impacco di olio di semi di lino contro i capelli aridi.

Ma chi ti credi di essere, Portia? Queste sono faccende che esigono l’allenamento di una vita; sono buoni tutti a correre ai ripari all’ultimo istante, come quelli che si pentono sul letto di morte.

Accontentati piuttosto di un bel cerotto antireumatico al diclofenac sodico, della bustina di glucosamina solfato per le cartilagini, del collirio con sodio ialuronato contro la secchezza dell’occhio, del dentifricio al fluoruro amminico, del cucchiaio di alginato di potassio contro il reflusso notturno, degli ovuli al clotrimazolo contro la candidosi recidivante e di una doppia razione di sonnifero al lorazepam che domani ti aspettano la mammografia e il controllo per la presbiopia.

Tanto per essere chiari, qua non si sta divertendo nessuno, tanto meno tu a fare questo striptease indecente e del corpo e pure dell’animo. Piuttosto ringraziassero Dio che non ti lamenti e se qualcuno ha da ridire, si accomodi, che tu non vedi l’ora di cedere il posto.

Non per invidia, manco per impicciarsi, ma come farà Susan Sarandon?

Mettere toppe a disastri reali e prossimi venturi richiede una resistenza accanita e una tempra da ventenne; inoltre, l’arte del restauro esige una dedizione totale. Ne sa qualcosa Portia che non ha mai tempo per fare la spesa, tanto che viene a mangiare sempre a casa tua, non risistema un cassetto da venti anni e non sa cosa sia il cambio di stagione. In compenso non manca mai una seduta dall’estetista né una nuova collezione di moda.

Non c’è bisogno della maga per sapere come mai ti fossi scelta un’amica come lei e perché tua madre, che ti aveva allevato alla sobrietà e al rigore, ne andasse pazza, ma ce ne sarebbe bisogno oggi per spiegarti come mai tolleri ancora i suoi vezzi e frivolezze e gli infiniti sfoghi telefonici sulle sue baruffe con il giovane artista che vive alle sue spalle. La banalità è entrata anche nella sua vita ed il marito se ne è andato a stare dalla segretaria; lei dopo neanche un mese aveva rimediato questo sedicente pittore greco che si fa chiamare Ulisse e che le svuoterà il conto in banca e dopo ti toccherà pure mantenerla. Forse perché hai un debito di gratitudine e lo devi a lei se l’hai scampata da amori ridicoli, da depressioni post partum e dalla lordosi da tacchi alti. C’era sempre lei a prendersi tutto al posto tuo, compreso quel timido clarinettista che ti aveva stretta forte da toglierti il fiato, finché quella sera lei non ti aveva accompagnato al concerto. Portia lo aveva buttato via dopo due settimane, «Un bamboccione appiccicoso» sbuffò, mentre tu per un anno hai pensato che dal cielo piovessero pietre roventi.

 

Solo Portia può credere che avere sessant’anni si risolva nello stare in agguato della progressiva disfatta del corpo e nel tentare di porvi rimedio con incontri sempre più ravvicinati con il chirurgo estetico.

Sessant’anni, lo so se lo ripeto ancora una volta ti metti a urlare ma è difficile chiamarli in altro modo, dunque dicevamo che questa cosa innominabile, è innanzitutto una dimensione ontologica.

Inavvertitamente muta la tua posizione nel mondo, cambi tu e il mondo stesso; la rivoluzione copernicana, ti fa un baffo.

Il mancato accesso alla bellezza di sé, sembra dilagare all’universo intero: vai al cinema e il film non ti piace, vai a teatro ed esci al secondo atto, compri un romanzo e lo lasci a pagina 43, esci per una conferenza sul senso della vita e a metà strada devii per il negozio dei casalinghi, ti invitano ad una cena ed è più la fatica dell’addobbo che il guadagno della compagnia, un uomo ti avvicina per strada e tu gli dai una moneta.

Se loro non scrivono per te, non recitano per te, non parlano di te; se tu non sei nella loro mente, loro non sono nella tua. Tiè.

Prima, appena ventiquattro ore fa, andavi al cinema e diventavi Susan, andavi in India e ti sentivi un santone indù, andavi a un concerto rock ed uscivi una ragazza perduta, ora ti senti un bronzo che non risuona, impermeabile ai tuoi stessi sogni.

Guardi il mondo da un punto di vista che ti era sconosciuto: il respiro nascosto delle cose, quello che provoca un sobbalzo così intimo che nessuno prova a raccontarlo, sembra sfuggirti, come perso per sempre.

Restano solo il comodo e lo scomodo il faticoso e il risposante. Per non parlare dell’utile, dell’economico, del ragionevole, del serio e via trapassando per il rassicurante per affossarsi definitivamente nel perbene; ti cambiano sotto agli occhi le categorie del tuo essere al mondo e senza neanche chiederti il permesso.

Che gli uomini siano diventati meno interessanti di un cesto di lumache, passi, il fatto è che non ti piace più niente, proprio niente.

Come diamine ti è venuto in mente di mettere piede in una scuola da ballo, proprio tu che hai sempre considerato con disprezzo ogni manifestazione ludica! Per farla breve era pieno zeppo di sessantenni che saltellavano caparbiamente, senza alcun senso del ridicolo. «E vai col mambo!» istigava una meraviglia d’insegnante con tutte le forme al posto giusto e il ritmo che le camminava addosso come un serpente boa, «Coraggio: due passetti veloci e una sgambata birichina». E quelli via a smuovere braccine corte e grassocce, ma che si accorciano le braccia a una certa età? A dimenare sederi che non avevano più alcun senso di culo, a sbattere gambotte tutte d’un pezzo e corte pure quelle. Solo tigna e accanimento a cercare di sostituire la grazia e l’armonia perdute. Sei fuggita inorridita anche se avevi pagato tutto il trimestre.

Le cose sembrano aver perso l’anima e la primavera il suo profumo; ma fosse, fosse che non profuma solo per te e che è l’anima tua a essersi disseccata, come quel gelsomino che prima ti aveva incantato e che poi hai dimenticato d’innaffiare?

Non ti puoi nemmeno rifugiare nella fantasia di un futuro in cui tutto sarà diverso: «Quando salire le scale diventa un problema; quando uscire dalla vasca da bagno diventa difficile, chiamate la DeSenectuteservice» recita la pubblicità sul display dell’autobus. Infine compare una coppia, piuttosto ganza come i presunti bisognosi di prima, che si scompiscia mentre azzanna pezzi di carne arrosto; tra uno sbattere e l’altro di mascelle, si annida l’incresciosa informazione «Uno dei due porta la dentiera» e lì ti passa la voglia di mangiare carne alla brace per i prossimi dieci anni. Comunque per ottenere i medesimi, fantasmagorici, risultati, basta chiamare la Ganashservice.

Chissà se Portia, l’ha vista? Se l’ha fatto avrà pensato a te, ci puoi giurare.

Scorgi per la prima volta anfratti fino ad allora invisibili come se l’occhio selezionasse la realtà a seconda dell’età. Lo scaffale in farmacia espone una serie di ammennicoli misteriosi per dolori misteriosi: un rimedio per ogni punto, a configurare una dolorante sindone privata. Poi una serie infinita di negozi vecchiotti di scarpe comode, pantofole, pancere, borse dell’acqua, zuccotti per tenere la testa al caldo, scarpette di lana per piedi freddi. Un mondo risorto da un lontano passato di scaldini in terracotta con le braci dentro, mezzi guanti di lana, papaline con la nappa. La vecchiaia deve averla inventata Dickens.

Sì. Se ne sono accorti tutti, che ti è scappata la parola oscena; così maledettamente scorretta che vige di fatto un’apologia di reato per chi si azzardi ad usarla.

Quando sei così temeraria e incauta da varcare la frontiera dei sessant’anni, l’avvoltoio appollaiato sul confine inizia a sorvegliarti da dietro senza fretta.

Tanto vale lasciare passare il tempo che manca, ciabattando per casa sintonizzata su quel campo dei miracoli, dove chiunque vi entri diventa beato. Oggi c’è un padre diventato femmina piacente, venerato dalla figliola con la barba; quindi una madre sciantosa che dorme con il figlio innocente di trent’anni; seguono una figlia che ritrova la madre dopo un’eternità per sentirsi dire che fa ancora troppo baccano. Poi folle di muti che parlano e di assassini che piangono. La televisione sembra diventata l’unica alternativa credibile al suicidio. Ecco, potresti farti assumere in cielo anche tu, e magari essere ripartorita come una delle amiche di Maria. Così diventi pure bionda. Alla faccia di Portia e pure di Susan Sarandon.

II – Continua

10 thoughts on “«Che gli uomini siano diventati meno interessanti di un cesto di lumache, passi»

  1. semplicemente fantastico, ho sempre pensato ci fosse una fenomenologia o anche femminologia nel varcare i 40.
    ora, a 46, mi accorgo di essermi portata avanti coi lavori.

    PS ricordati di mangiare le fibre, tante ma così tante che potresti arrivare a sfornare -un maglione a dolcevita. questo distende l’umore e risolleva i nervi, ma anche viceversa se non ti fai prendere dall’agitazione. ne trae beneficio anche la pelle, ma solo prima, quando cioè hai la pancia ancora così tesa che pare la ruota di un TIR, ma almeno non appare lassa.

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  2. Il mio punto di vista come uomo di 62 anni non si focalizza in una estetica ma invece un afflato femminile che le donne con il passare del tempo sanno trasmettere e che a volte è silente per anni per far emergere la fisicità . La sinapsi femminile fuori da condizionamenti attrae intellettualmente ed anche fisicamente .
    Questo è il mio sentire .

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  3. Mia moglie, da sempre, sostiene ,ha 61 anni , che l’unico autentico fattore comune tra un uomo ed una donna sia il sesso (etero). La “formae mentis” femminile è completamente diversa da quella maschile pertanto le evidenze e tantomeno le sfumature di qualsiasi genere non vengono colte dagli uomini . Questa diversità si accentua con il passare del tempo perché il trauma androgeno è molto più pesante di un “ex post” fertilità a volte anche “frizzantina . Si parla ma non c’è interesse : un cesto di lumache …….è vero.

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