Canzone per Rita

di Erica Sai

canzone

L’immagine è tratta dal video di “Canzone” di Lucio Dalla, citata da Erica Sai in questo ricordo familiare di Rita Barozzi, morta tre giorni fa a 102 anni (il brano è contenuto nell’album “Canzoni” del 1996)

Rita è morta. Poco fa, sì. Aveva 102 anni, quasi 103 perché li avrebbe compiuti all’inizio di maggio; il 4 per la precisione, proprio come Lukas (il mio quasi nipotino) che invece ne farà due. Non ero lì, però secondo me è morta come è vissuta: senza “disturbare”.

Rita era una parente dal mio ramo paterno, cugina di mio nonno Valente; il nonno che non ho conosciuto perché è morto troppo presto, troppo anche per mio papà che era solo un bambino. È stata madrina di battesimo di mio papà, per quanto ne so in passato erano stati tenuti abbastanza vivi i rapporti con mia nonna che raccontava qualche episodio. A quei tempi c’era anche Livia, una cugina che ha vissuto tutta la vita con Rita e che molti anni fa ha iniziato ad ammalarsi. Comunque, mia nonna non aveva un gran bel carattere, mal sopportava le pesantezze caratteriali di Livia, e non era una persona molto predisposta a tirare per le lunghe le relazioni di aiuto. È stata mia mamma ad entrare nella dinamica e prestare la sua mano. Con la spesa al supermercato, poi con i medici, con l’assistenza in generale. Da decenni possiamo ormai dire.

Rita e Livia, come dicevo, hanno sempre vissuto insieme da cugine mai sposate con nessuno. La seconda, orfana di entrambi i genitori, era stata accolta sin da piccola nella famiglia dell’altra (di tredici anni più grande). Le differenze tra le due non stavano solo negli anni, ma anche nel carattere e nel tipo di vita condotta.

Rita operaia di fabbrica e Livia segretaria d’ufficio, Rita senza patente e Livia con un’automobile, Rita mite e Livia autoritaria. Rita ha iniziato a lavorare quando aveva una decina d’anni, a suo dire era un po’ ignorante per la scuola; da come l’abbiamo vista non si direbbe, mia mamma sostiene che forse era una sorta di convinzione costruita all’ombra dell’esaltazione che la cugina faceva della propria intelligenza. Senza troppi fronzoli nel concetto, ho sentito dire che Rita ha di fatto sempre servito Livia, come se una fosse la cameriera e l’altra la padrona di casa. Nessuno può sapere come stessero le cose, come venissero vissute, è solo un’impressione riflessa all’esterno. Non so cosa pensasse Rita, però la ricordo affermare che «Livia era malata, poverina», quasi a voler dire che il flusso delle cose si configurava come un naturale bisogno della cugina di essere assistita da lei più in forze. Questo non dovrebbe giustificare i modi un po’ sgarbati con i quali veniva trattata, a quanto pare anche prima che si aggravasse gravemente la sua salute. Ma chi è l’Esterno per giudicare un Interno?

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Di ipocondria si può morire. Lo conferma l’esperienza di Livia che, secondo la tesi generale in circolazione, era praticamente ipocondriaca. Ha incominciato da giovane a fare un’infinità di esami e cambiare altrettanti medici, nessuno trovava problemi ma lei era convinta di averne. Io la ricordo da quando aveva circa 65 anni, sempre depressa, che si muoveva con un po’ di fatica, poi con più fatica, poi in sedia a rotelle, poi immobile nel letto ed infine morta. Rita sempre a fianco.

Non ho frequentato molto questa donna minuta ed umile, forse ho sbagliato, “io che ho fatto sempre sbagli ma uno sbaglio che cos’è” (come canta Lucio Dalla). In ogni caso posso dire di non aver mai udito un lamento uscire dalla sua bocca a mente lucida, e lo è stata fino a non molto tempo fa.

Appassionata di giardinaggio, era piuttosto contrariata dai divieti degli ultimi anni che le impedivano di praticarlo. Finché ha potuto, però, si è prodigata nella direzione lavori; fosse anche solo dando uno sguardo dal balcone, quando ormai non era il caso di scendere le scale nemmeno accompagnata. Non che fosse particolarmente soddisfatta dell’operato. Una volta ha cercato e mostrato a mia mamma un libro sulla potatura delle rose, che a suo dire sarebbe stato il caso di mostrare ai giardinieri. Non per cattiveria, solo che così avrebbero potuto imparare meglio. Ultimamente aveva trascorso alcuni giorni molto confusa, in questa confusione nel giorno di Santo Stefano l’ho sentita dire di doversi occupare di alcune cose di sua competenza e chiedeva se ci fosse il giardiniere.

Le piaceva anche leggere, intorno ai 95 anni è stata operata di cataratta ad un occhio e le è parso di rinascere. Ha rivisto con stupore tutti i colori e soprattutto ha potuto con naturalezza riprendere l’attività di lettura. Ha iniziato con un romanzo: “I promessi sposi“. Donna d’altri tempi, per lei la cultura era Manzoni. Fino a circa un anno fa non ha perso l’abitudine, giornale locale o Televideo che fosse. Quest’ultimo perché voleva conoscere le notizie nazionali, ma non riusciva a seguire i telegiornali, condotti da voci troppo veloci per il suo udito affaticato. Si è fatta anche portare il Corriere della Sera da mia mamma una volta, però il giorno dopo le ha detto di non disturbarsi più perché era troppo difficile per lei, faticosso. Posso immaginarlo, dato che intendeva la lettura del giornale come una cosa da fare dalla prima all’ultima riga!

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Era mentalmente attiva, interessata, seria. Oltre ad avere “sette vite”, perché molto forte fisicamente pur essendo piegata da una scoliosi, aveva una bella memoria fresca se consideriamo l’età. La ricordo recitare a memoria una poesia imparata a scuola, cioè alle elementari… e il mio ricordo risale a una decina di anni fa. Era sempre aggiornata sulle nostre attività, si ricordava bene tutto. Non le sfuggivano i gesti buoni da fare secondo la sua logica, che nascevano nella sua mente ascoltando i racconti di mia mamma. Per esempio, si era presa a cuore la storia di una nostra amica di famiglia che faticava a rimanere incinta. Un giorno ha dato a mia mamma un libro su Gianna Beretta Molla, donna e madre venerata dalla Chiesa Cattolica, raccomandando di farlo avere a quest’amica nella convinzione che potesse portarle fortuna. Inutile dire la gioia mostrata poi alla notizia della gravidanza finalmente in corso.

Rita ha vissuto senza far rumore. Per questo vale la pena di rompere il silenzio un pochino, almeno per raccontare minuscoli tratti di questa vita di donna sconosciuta… ma farlo senza esagerare, ché a lei non piacerebbe.

2 thoughts on “Canzone per Rita

  1. Nonostante il loro amore per la discrezione, certe vite fanno comunque rumore per l’intensità del sentire e del fare. Mi dispiace per Rita, cara Erica, ma questo tua pennellata sulla sua vita sembra il canovaccio perfetto per una sceneggiatura di grande spessore e profondità. Pensaci su. Cordialmente, Angela Giannitrapani

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