di Giorgia Farace

Wendy Whelan, prima ballerina nel 1991 del New York City Ballet, è una dei 43 artisti ritratti nella video installazione di David Michalek. L’opera , che si intitola Slow Dancing, illuminerà fino al 9 ottobre, la piazza Bernardino Luini a Lugano
Roma. Sabato pomeriggio. Sto passeggiando per la città con i miei fratelli e mio papà quando, dopo qualche ora di “assenza”, riprendo in mano il telefono e trovo una chiamata di Paola. Non ci siamo mai incontrate fino ad ora e quindi richiamo rapidamente, chiedendomi ad ogni squillo quale possa essere il motivo della telefonata. Mi risponde e poche frasi dopo arriva al dunque:
«Lunedì 19 settembre sono stata invitata alla conferenza stampa per l’apertura della nuova stagione del LAC, a Lugano. Io ho un altro impegno, così ho pensato a te che ami la danza: credo possa farti piacere partecipare».
Mi sono fermata un attimo in mezzo al marciapiede per realizzare: LAC, nuova stagione, presentano l’opera Slow Dancing di David Michalek, artista californiano. Pannelli appesi in tutta la città da qualche settimana lo pubblicizzano. Balletto. Conferenza stampa.
Anche se mi guardasse un passante vedrebbe l’emozione nei miei occhi. «Sì, ci vado! Che onore! Grazie per aver pensato a me, è bellissimo!».
Dopo qualche telefonata ed email per avvertire le responsabili della trasferta, mi arrivano la conferma e l’invito.
E così si apre una nuova stagione.

Megume Eda, nata in Giappone, dal 2005 fa parte della compagnia newyorkese Armitage Gone! Dance. Tutte le immagini di questo servizio sono tratte dal sito del LAC Lugano Arte e Cultura, «il centro culturale dedicato alle arti visive, alla musica e alle arti sceniche, uno dei punti di riferimento culturali della Svizzera»
Quante volte l’abbiamo sentito o letto? È proprio in queste settimane che i teatri di tutto il mondo presentano al loro pubblico i grandi nomi di artisti e attori che calcheranno le scene nei prossimi mesi. L’anno scorso ha segnato un nuovo inizio, un’iniezione di cultura nel panorama ticinese e, perché no, svizzero. Dopo anni di lavori, nel 2015 è stato inaugurato il LAC, non solo opera architettonica, ma nuovo quartiere che vuole essere un centro d’arte e cultura a Lugano.
Ed è così che, alla presenza del direttore artistico Michel Gagnon e dell’artista David Michalek, ho assistito all’accendersi delle luci. «Era da 8 anni», ha spiegato Gagnon, «che sognavo insieme a David di portare il suo Slow Dancing sulla scena». Quest’opera è del tutto nuova nel suo genere. Sono tre i valori fondamentali su cui Gagnon si concentra: la qualità del progetto, indiscussa; la trasversalità del LAC come museo, sala da concerti e teatro, punto di riferimento per una cultura che si fa spazio nella realtà del territorio; l’accessibilità dell’opera, riprodotta nella piazza antistante il teatro (fino al 9 ottobre 2016, dalle 20,30 a mezzanotte).
Ma è solo con le parole di Michalek che si entra nella vita di quest’opera. Confessa, infatti, che la prima volta che vide il marmo delle facciate s’immaginò di scorgere una verde collina e di poter rappresentare il suo lavoro dove sempre l’aveva sognato: ai bordi di uno specchio d’acqua. Acqua, mare, lago che rifletteno i colori, che riflettono le nuvole, permettendo agli spettatori di tornare bambini, immaginando le passeggiate durante le quali volgevano lo sguardo al cielo e osservavano le nuvole passare e diventare forme, animali, oggetti.
L’opera da lui concepita vuole essere rappresentativa della storia dell’arte, della fotografia, della pittura e del movimento, riunendone tutti gli aspetti. Essere un capitolo nell’evoluzione del ritratto dell’uomo contemporaneo, che Michalek esplora nelle proprie opere attraverso l’uso del movimento e della gestualità.
Sposarsi con una ballerina e poterle vivere accanto è avvertito come un privilegio dall’artista californiano, che ritiene la danza un veicolo d’ispirazione per ciascuno di noi. I ballerini parlano una lingua e comunicano delle emozioni attraverso lo sguardo e i gesti che tutti possiamo capire, pur essendo estranei al loro mondo.

Nejla Y. Yatkin, coreografa e danzatrice di origine turca nata in Germania, nel 2000 ha fondato la compagnia di danza-teatro NY2DANCE, di cui è direttrice artistica
Grazie all’amore per la danza, Michalek ha deciso di creare una serie di 43 video-ritratti di artisti e coreografi internazionali e filmarli con apparecchiature veloci e ad altissima definizione che riproducono il movimento in hyper-slow-motion, fino a creare per ognuno un sequenza di dieci minuti.
La politica di inclusione seguita dall’artista statunitense vuole abbracciare culture, stili, fisicità differenti; e così ecco apparire su tre enormi schermi, collocati all’esterno del teatro, uomini, donne, disabili, giovani e meno giovani, bianchi, neri, ballerini di hip hop, di danze tradizionali balinesi e danza Butoh, per nominarne solo alcuni.
È a quel movimento impercettibile cui appartiene la perfezione della danza che Michalek, penso, voglia rivolgere la propria attenzione. A come in ogni minima frazione di secondo tutto il corpo sia concentrato e miri alla realizzazione di un movimento. Allo scrutare in ogni dettaglio come il più piccolo particolare che sfugge all’occhio umano sia invece il frutto di ore di prove e di anni di studio. Ciò che i ballerini regalano al pubblico è qualcosa di meraviglioso che, oserei dire, tende alla perfezione e che, grazie a quest’opera, abbiamo l’occasione di osservare in tutta la sua maestosità.
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