di Luca Bartolommei

Gianandrea Noseda dirige con “bagnata fisicità” la London Symphony Orchestra al Teatro alla Scala di Milano nel concerto inaugurale di MITO 2016 (http://www.mitosettembremusica.it/programma/03092016-2100-debussy-recasted-teatro-alla-scala.html)
Sabato 3 settembre 2016. Data fatidica. Confesso, non avevo mai ascoltato, prima di quella data, musica sinfonica alla Scala.
Inaugurazione del Festival MITO, London Symphony Orchestra, Debussy e Rachmaninov, Gianandrea Noseda sul podio, può bastare?
Non parlerò del programma musicale se non incidentalmente, ma solo delle immagini e delle emozioni che mi sono rimaste dentro.
Prima fila, ebbene sì, prima fila! Gli arpisti, soli sul palco, accordano i loro strumenti. Lei concentratissima, all’arpa di lui si rompe una corda, sostituzione della stessa che neanche il pit-stop della Ferrari è così veloce, entra l’orchestra, tutti accordano, e già quel suono disordinato mi entra dentro.
Tutti a posto, code del frac del primo violino che praticamente sfiorano il naso, volto all’insù, di Paola.
Entra il Maestro Noseda. Moto d’invidia quasi violento. Bello, alto, biondo, occhio chiaro, ben spallato, dinoccolato e, diavolo, dirige la LSO, il tutto a un metro da mia moglie, sono già geloso.
Preludi di Debussy, nati per il pianoforte, arrangiati per orchestra, ben cinque su dodici, e già sul palco l’atmosfera si scalda, il direttore inizia a muoversi, si sente il suo respiro, sbuffa.

“Hokusai dal British Museum” apre il 25 e 26 settembre 2017 all’Area Metropolis di Paderno Dugnano la rassegna “La grande arte al cinema”. «Un tour nella mostra del British Museum di Londra dedicata a Hokusai (1760-1849), l’artista che ha rivoluzionato l’arte occidentale folgorando gli impressionisti e lo stesso Van Gogh» (http://www.cinetecamilano.it/film/hokusai-dal-british-museum). Ne parliamo qui perché l’artista giapponese ha realizzato la copertina della prima edizione della partitura di “La mer”.
La mer, sempre Debussy, io sono in un altro mondo, sento il vento, il suo dialogo con le onde, osservo una violinista ossuta che sembra ipnotizzata dal direttore, seguo la danza degli archetti dei violoncelli, allineati come soldati, durante i vari pizzicati. Sul podio il Maestro danza, si ferma, incalza l’orchestra, gronda di sudore, fa scomparire i suoni nel pianissimo, fa un salto, bofonchia e il secondo movimento finisce con l’orchestra, non mi viene un altro termine, a manetta.
Respiro, finalmente. E vedo davanti a me una violinista dai tratti orientali, forse coreana, con un vestito ornato di strass. Guardo meglio, strass sulla sordina, sui tiracantini e su una sfera, incastonata nel ricciolo di una delle effe.
Ha anche qualche pennellata di blu nei capelli. Sorride.
Nel terzo movimento della seconda sinfonia di Rachmaninov l’orchestra è monumentale, dinamicamente travolgente, e il direttore, sì, il mio rivale, un gigante che fa di tutto per stordirmi e confondermi, con la sua forza espressiva, sempre più grondante e quasi sofferente nel volto.
Ci riesce.

Luca Bartolommei il 3 settembre mentre aspetta l’inizio del concerto al Teatro alla Scala. Sullo sfondo gli arpisti di cui parla nella sua emozionata cronaca della serata (scatto con il cellulare di Paola Ciccioli)
Sigaretta sotto il portico. Beatitudine.
La cosa che mi ha impressionato di più, però, non è stata un suono, ma un rumore.
In uno dei tanti pianissimo, io adoro la dinamica del suono, sentivo, ed ascoltavo, lo strofinio degli archetti sulle corde dei violini, non mi era mai successo.
Certo, roba da prima fila.
AGGIORNATO IL 21 SETTEMBRE 2017