di Ilaria Carosi*

Ilaria Carosi è psicoterapeuta e vive a L’Aquila dove, come abbiamo ricordato nei giorni scorsi sul nostro blog, nel terremoto del 2009 ha perso sua sorella. In questi giorni è impegnata a Rieti con i colleghi dell’Associazione Psicologi per i popoli Abruzzo nell’assistenza ai parenti delle vittime del sisma che ha colpito il Centro Italia il 24 agosto. «Foto Stefano Schirato, L’Aquila, marzo 2014. Questa foto parla. A me e di me. Non ringrazierò mai abbastanza Stefano per averla scattata»: da Facebook
Ai colleghi
Carissimi, in tanti mi avete contattata, ho cercato di fornire a tutti indicazioni e risposte, per quanto ho potuto. Mi dispiace se negli ultimi giorni non ho potuto farlo sempre con prontezza ed in modo “mirato”, rispetto alle vostre richieste, ho avuto molto da lavorare e in una situazione delicatissima. Prioritaria, rispetto a quelle che emergeranno da qui in poi. Sono stata a stretto contatto con i parenti delle vittime, nel luogo del massimo dolore, contraddistinto da livelli di complessità e di esposizione a stimolazioni psichicamente devastanti, per chi è stato costretto a viverle. L’ho fatto con enorme rispetto, lo stesso che mi porta ad aver molto ragionato sull’utilità di questo post. Fortunatamente, in questo momento, tante associazioni di colleghi stanno gestendo le emergenze e le richieste di sostegno che ci sono sul territorio.
Emergenze, per l’appunto.
Mi preme sottolineare altro.
Il lutto traumatico ha tempi di elaborazione lunghi che mal si accordano con gli interventi di emergenza e con figure di riferimento che si alternano nei giorni. Lo sapete, lo sappiamo, non sto a raccontarvi nulla di nuovo.
Quel che è certo è che, per le specificità della popolazione coinvolta, vi troverete, soprattutto a Roma, ad entrare in contatto con persone che hanno perso i propri cari a causa del sisma. Proprio allora, quando accadrà, sarà importantissimo raccogliere i bisogni psichici ed emotivi di queste persone, proprio allora sarà fondamentale il vostro aiuto.
“Date parole al dolore”, direbbe Luigi Cancrini, mio maestro. Diamo parole al dolore. Parole, non psicofarmaci – che potranno essere utili in specifici casi ma nient’affatto risolutivi nella presa d’atto di questa tristissima realtà. Nel lunghissimo percorso di “restituzione di senso”, laddove ora non può proprio essercene.
Sarete preziosi. Io ci sono e ci sarò, nel caso. Resto a disposizione, c’è tanto lavoro da fare.
Grazie.
*«Stamattina, prima di partire, mi sono coccolata mio figlio e lui mi ha riempito di coccole in modo esagerato… poi mi ha dato un suo giochino da mettere in borsa… degli occhiali di plastica da dottore, vuole fare “il dottore dei grandi”…». Ha raccontato questo su Facebook, Ilaria Carosi, per informare con delicatezza ed estremo rispetto gli amici e i colleghi su quel che è andata – volontariamente – a fare a Rieti subito dopo la devastante scossa di terremoto. E cioè assistere, nella tendopoli- obitorio, chi ha perso figli, genitori, nonni, parenti, nel riconoscimento dei propri cari. È lì che l’ho raggiunta per dirle che mi ero ricordata della lettera che aveva scritto alla sorella morta nel terremoto dell’Aquila.
«Mi è stato di conforto sapere che le mie parole non erano state dimenticate», mi ha detto stamattina al telefono mentre il figlioletto di 3 anni le girava attorno e lei si preparava a ritornare, domani, a Rieti. (Paola Ciccioli)