Quanti sprechi (anche di buonsenso) sui pasti agli stranieri

di Erica Sai*

Equo

“Èqua la festa 2016” (foto dalla pagina Facebook del GIM, Gruppo Impegno Missionario)

Gaily ha 24 anni e un’espressione che ne fa mostrare molti di più. A volte esplode in qualche risata, tante altre lo sguardo si perde nel vuoto. È arrivata dalla Nigeria su una di quelle barche che vediamo approdare sulle nostre coste del sud. È sbarcata in una città della quale sa il nome ma non la localizzazione geografica, una smorfia fa capire che non le interessa per niente saperlo e lo posso ben capire. Anzi no, cosa posso capire io che ho trascorso questi miei anni di giovinezza in università, in una bella casa, al lavoro in un posto comodo, su e giù da automobili, treni, aerei. Posso immaginare, ecco posso immaginare che quel viaggio, con buona probabilità caratterizzato da tutte le atrocità che qualche giornale ci racconta, voglia ben dimenticarlo.

Gaily ha un anno meno di me e la vita le ha già fatto passare tutto ciò che una persona nella mia condizione può credere di non passare forse nemmeno nell’eternità. Anche Tiraq dal Pakistan e Manuelle dalla Costa d’Avorio dimostrano un’età maggiore di quella che hanno. È proprio vero che il vissuto segna fisicamente, che non sia un modo di dire si vede sui volti di questi ragazzi adulti. Sono tutti ospiti in una comunità sulla sponda lombarda del lago Maggiore, catapultati lì da Milano. La legge, o non so che, vuole che in questi luoghi di accoglienza il cibo venga portato dalla società dedicata che ha l’appalto. Loro dicono non sia buono e non faccio fatica a crederci, immaginando bene la qualità di un pasto preparato da una mensa e comprendendo che le abitudini alimentari siano molto diverse.

Questa potrebbe essere una delle varie notizie che riguardano le proteste sul cibo messe in scena in alcuni centri, quelle che i titoli dei notiziari riportano e sulle quali molti beceri nostrani fanno propaganda. Bisognerebbe stare attenti, perché dietro il titolo come sempre potrebbe nascondersi qualcosa. Nel caso cui faccio riferimento io, infatti, i ragazzi dicono che loro andrebbero volentieri a fare la spesa, o accoglierebbero volentieri dei rifornimenti di materie prime, per poi preparare personalmente i pasti. Questo comporterebbe un bel risparmio alle casse dello Stato, che deve spendere molto per pagare tutti i pasti alle ditte fornitrici. Ma niente, non c’è verso: i viveri vengono consegnati già pronti e una bella quantità di essi finisce per essere sprecata.

Erica foto

«POPOLI IN MOVIMENTO, SOCIETA’ IN CAMBIAMENTO»: proveremo a raccontare l’esperienza dell’arrivo in Italia ed in particolare nel nostro territorio dai due punti di vista, quello di chi cerca accoglienza e quello di chi prova a rispondere a questo bisogno». Nella nostra Agenda “Oggi e dintorni” maggiori informazioni su “Èqua la Festa”, in programma sabato 27 e domenica 28 agosto al Boschetto di Germignaga, in provincia di Varese

Riconoscendo di non sapere niente sulle logiche e le regole che governano queste cose, rimane che sicuramente bisogna prestare attenzione e pesare le cattive parole di fronte a notizie che riguardano la questione alimentare in riferimento ai migranti nei centri di accoglienza.

*Erica ha scritto questa sua riflessione in treno e ce l’ha mandata quando era già “dentro” il suo viaggio ricco di attese. A lei, a tutte le blogger e a quanti ci seguono: buon Ferragosto!

P.S. L’autrice ha chiesto (e ottenuto) che i nomi delle persone citate fossero cambiati, a tutela della loro privacy.

AGGIORNATO IL 3 SETTEMBRE 2016

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