Al cinema con tutti i sensi

di Alba L’Astorina

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“I am Cuba”, titolo originale “Soy Cuba”, uno dei film proposti dalla rassegna Flesh Mind and Spirit alla Fondazione Prada di Milano. «”Soy Cuba”, del 1964, è una meditazione del regista Mikhail Kalatozov sulla necessità della rivoluzione, raccontata attraverso la brama di libertà dei cittadini di Cuba che vivono sotto il regime tirannico di Batista».

«Ci sono film che appagano certe parti del nostro essere, film che parlano allo spirito in modo lieve e luminoso. Altri che nutrono la carne, che sono fatti con le pelvi, con il fegato… ci afferrano per la gola con un bombardamento sensuale e sensoriale. E poi ce ne sono altri che sconvolgono la mente. Come una terra incognita, questi film esprimono cose che non avevo mai visto prima». È con queste parole che lo stesso Alejandro González Iñárritu presenta la selezione di film che hanno formato la sua felice carriera di regista (in questi giorni è nelle sale Revenant con Leonardo Di Caprio) e a cui ha dato il titolo di Flesh Mind and Spirit.

Si tratta di quindici titoli che la Fondazione Prada (http://www.fondazioneprada.org/) presenta al pubblico fino ai primi di febbraio nei suoi bellissimi spazi milanesi in largo Isarco. La proposta è co-curata dal critico Elvis Mitchel (presente in sala in molte proiezioni), che passa in rassegna e discute con gli spettatori l’immaginario cinematografico che ha nutrito la narrazione del regista messicano. I film, da diverse angolature, latitudini, stili ed epoche, affrontano il tema della famiglia, del ruolo che ha nelle nostre vite e della inevitabile crisi che scoppia quando qualche suo componente cerca di seguire un percorso alternativo e originale per la propria vita e tracciare nuove strade. Ma parlano anche del rapporto tra natura e cultura, e dei mezzi che l’uomo mette in campo per trovare una conciliazione tra forze che solo apparentemente sembrano opposte.

Ci chiede di vedere con i suoi occhi in questa rassegna, Iñárritu, ma di farlo usando i nostri sensi («tutte le parti del corpo»), fino a far emergere e condividere con il regista anche l’immaginario che regge la nostra stessa vita. È successo a me, quando ho rivisto Padre Padrone, dei fratelli Paolo e Vittorio Taviani, di riscoprire una dimensione umana della critica al potere e al patriarcato che negli anni della contestazione in cui il film era uscito confesso di non aver colto. O di vedere un film come L’anno scorso a Marienbad, di Alain Resnais, e condividere la reazione di Iñárritu, che ammetteva di «non averlo mai capito veramente e forse non averlo mai voluto capire» perché l’essenza stessa del film era piuttosto nell’esperienza visiva. Tra i registi proposti, un altro italiano, Marco Bellocchio, anche lui presente in sala alla prima proiezione del film I pugni in tasca, Herzog, Dreyer, Sokurov ma anche autori meno conosciuti al pubblico e con una forza espressiva altrettanto potente e suggestiva, come Kalatozov, Burnet e Jiwoon Kim.

È un progetto culturale interessante, a mio avviso, quello che la Fondazione Prada propone al suo pubblico, perché lo rende protagonista di un processo creativo e non solo spettatore. Anche nel dibattito finale con il critico e gli organizzatori, che segue molte proiezioni, si percepisce un reale interesse al dialogo e al confronto di idee che farebbe ricredere anche lo scettico Moretti. Non è la prima volta che la Fondazione offre una rassegna cinematografica fatta di titoli che hanno ispirato i registi contemporanei (a luglio era stata la volta di Roman Polanski), spero vivamente non sia l’ultima.

Anche questa volta la rassegna è a ingresso gratuito, su prenotazione. Per informazioni: http://www.fondazioneprada.org/exibition/flesh-mind-and-spirit/

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