«Da quando hanno assassinato Leone, la città illuminata è degli altri»

di Angela Giannitrapani

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Natalia Ginzburg, giovanissima, con il marito Leone. L’immagine è tratta da http://lanostrastoria.corriere.it/2009/05/08/carlo_ginzburg_mio_padre_leone/

MEMORIA

Gli uomini vanno e vengono per le strade della città.
Comprano cibi e giornali, muovono a imprese diverse.
Hanno roseo il viso, labbra vivide e piene.
Sollevasti il lenzuolo per guardare il suo viso,
ti chinasti a baciarlo con un gesto consueto.
Ma era l’ultima volta. Era il viso consueto,
solo un poco più stanco. E il vestito era quello di sempre.
E le scarpe erano quelle di sempre. E le mani eran quelle
che spezzavano il pane e versavano il vino.
Oggi ancora nel tempo che passa sollevi il lenzuolo
a guardare il suo viso per l’ultima volta.
Se cammini per strada nessuno ti è accanto,
se hai paura nessuno ti prende la mano.
E non è tua la strada, non è tua la città.
Non è tua la città illuminata: la città illuminata è degli altri,
degli uomini che vanno e vengono, comprando cibi e giornali.
Puoi affacciarti un poco alla quieta finestra,
e guardare in silenzio il giardino nel buio.
Allora quando piangevi c’era la sua voce serena;
allora quando ridevi c’era il suo riso sommesso.
ma il cancello che a sera s’apriva resterà chiuso per sempre;
e deserta è la tua giovinezza, spento il fuoco, vuota la casa.

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Natalia Levi Ginzburg (Palermo 1916 – Roma 1991) «La sua vita ha attraversato eventi storici difficili, pesantissime tragedie personali. Cresce a Torino in un ambiente intellettuale e antifascista: continui controlli della polizia, la prigione che tocca diversi membri della sua famiglia, tra cui il padre e alcuni dei fratelli. Sono anni che sintetizzerà bene, in seguito, nel suo “Lessico famigliare” (1963)», Laura Balbo da http://www.enciclopediadelledonne.it/biografie/natalia-levi-ginzburg/

***

La poesia è stata scritta da Natalia Ginzburg qualche mese dopo la morte del marito Leone, avvenuta il 5 febbraio 1944 a Regina Coeli, in seguito alle torture alle quali fu sottoposto dai nazi-fascisti. Fu pubblicata nel dicembre del 1944 su un numero speciale della rivista Mercurio.

Qui di seguito una lettera:

Caro Adriano,

Ti scrivo da Roma. I bambini sono con i miei genitori, a Firenze, da quando è stato assassinato Leone.

Tu, conoscendo a fondo noi e il legame che ci univa, puoi capire il senso di vuoto che provo. Vedo che, attorno a me, gli uomini continuano a vivere, comprano giornali e si procurano di che mangiare. Io sono rimasta lì, vicino al suo corpo freddo, che non mi avrebbe più dato calore, che non mi avrebbe più guardata.

Il mondo, un mondo rinnovato e pieno di speranza per il futuro, va avanti, cercando di mettere da parte l’orrore e il dolore. E io non posso fare a meno di andare avanti, per i miei figli. Ma lasciate che una parte di me si soffermi ancora un pochino vicino a Leone, devo dirgli la mia tristezza, devo consumarla al suo fianco. Devo piangere tutte le mie lacrime standogli vicino. Quindi, non preoccuparti se, per un periodo, nel mio sguardo noterai l’assenza, il ricordo, la disperazione. So che è finita un’epoca buia, triste e inumana, e per questo il mio corpo e la mia ragione andranno avanti e accoglieranno il richiamo di speranza che ha portato la fine della guerra.

Tra pochi giorni inizierò a lavorare per l’Einaudi. Giulio ha accettato la mia richiesta di lavorare per lui per riconoscenza nei confronti di mio marito, e per prendersi cura della vedova del suo amico. (…)

Spero di tornare presto a Torino, un saluto caloroso dalla tua

Natalia

Giuliana+Angela

Le scrittrici Giuliana Racca e Angela Giannitrapani davanti alla libreria “Les Mots”, nel quartiere Isola di Milano, il 29 gennaio scorso

Quella che avete appena letto è una lettera immaginata. È frutto dell’ispirazione tratta dalla poesia, dalla biografia della Ginzburg e dal suo epistolario. Anche se le parole non sono uscite dalla penna della scrittrice non si può dire che non suonino autentiche. Sono plausibili e perfettamente in sintonia con i suoi sentimenti, la sua vita, lo stile. L’ha immaginata Giuliana Racca, giovane autrice di un libro intitolato “Natalia. La forza delle parole”, Effatà Editrice 2014 (la citazione è di pag. 57), ed è il racconto biografico di Natalia Levi Ginzburg.

Nella lettera si individua una Ginzburg, appena alla fine della guerra, legata al suo lutto ma incline a promettere il suo impegno nel mondo. Ancora in bilico tra privato e pubblico, chiede un po’ di tempo per riemergere dal dolore e per accomiatarsi da chi non c’è più, ma sa di unirsi presto a coloro che si impegnano a ricostruire le proprie vite e con esse un intero paese. Questo promette: come cittadina e come madre.

Il libro è sottile, un centinaio di pagine, ma ognuna di esse è intrisa della vita e del carattere della scrittrice. È come se Giuliana Racca avesse imbevuto una spugna di tutti gli scritti della Ginzburg e l’avesse, poi, strizzata sulla carta, a vantaggio di chi legge.

Durante la presentazione del libro, il 29 gennaio presso la libreria Les Mots di Milano, le ho chiesto come avesse fatto. Lei, puntuale e illuminandosi in uno dei suoi sorrisi, mi ha citato le fonti divise per categoria e ha specificato, tra queste, quali sono state quelle che le hanno fatto da guida. Nell’introduzione racconta come è avvenuto l’incontro con la scrittura di Natalia, il suo colpo di fulmine e il progressivo innamoramento per tutta la sua produzione, che tuttora perdura. Ma il tono con cui ne scrive non è prono, non risuona di piaggeria; sembra che la sua passione le sia servita a comprendere e penetrare meglio Natalia donna, donna del suo tempo, assumendo il timbro con il quale lei ha vissuto, il suo punto di vista: quello di una persona normale. Natalia si sente una donna comune ma, al suo fianco, chi legge attraversa i periodi più drammatici e significativi del Novecento insieme a figure che ne hanno fatto la storia e definito la cultura. Ci si avvicina a loro con gli occhi di lei e sembra di essere stati invitati a condividerne il privilegio, con la stessa naturalità con cui è successo a lei, per destino.

Fa riflettere questo libro, sull’essere eccezionale e sentirsi comune, sull’onestà intellettuale, sull’impegno civile, sulla discrezione del tono con cui vivere, sulla tenacia nell’esercizio della scrittura. Prima ancora di ogni senso mitico della creatività.

One thought on “«Da quando hanno assassinato Leone, la città illuminata è degli altri»

  1. bellissima la poesia della Ginzburb, la descrizione del suo dolore e di un vuoto incolmabile, che va attraversato tutto fino in fondo prima di riprendere la vita … Bella anche la recensione di Angela del libro di questa autrice che sconoscevo, Giuliana Racca. Parole che risuonano più volte in più vite. Come scatole cinesi che apri ed apri ed apri e scopri sempre variazioni diverse sui sentimenti … brave a tutte

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