di Kahlil Gibran*

Illustrazione da “Il profeta” di Kahlil Gibran (Bsharri, 6 dicembre 1883 – New York, 10 aprile 1931)
E una donna che reggeva un bambino al seno disse: Parlaci dei Figli.
E lui disse:
I vostri figli non sono figli vostri.
Sono figli e figlie della sete che la vita ha di se stessa.
Essi vengono attraverso di voi, ma non da voi,
E benché vivano con voi non vi appartengono.
Potete donar loro l’amore ma non i vostri pensieri:
Essi hanno i loro pensieri.
Potete offrire rifugio ai loro corpi ma non alle loro anime:
Esse abitano la casa del domani, che non vi sarà concesso visitare neppure in sogno.
Potete tentare di essere simili a loro, ma non farli simili a voi:
La vita procede e non s’attarda sul passato.
Voi siete gli archi da cui i figli, come frecce vive, sono scoccati in avanti.
L’Arciere vede il bersaglio sul sentiero dell’infinito, e vi tende con forza affinché le sue frecce vadano rapide e lontane.
Affidatevi con gioia alla mano dell’Arciere;
Poiché come ama il volo della freccia, così ama la fermezza dell’arco.
* Ripartiamo dalla celeberrima pagina de “Il Profeta” di Kahlil Gibran. Ripartiamo da qui perché in queste ore, a Ragusa, i magistrati stanno cercando di capire cosa si nasconde nelle parole incongruenti della madre di Loris, il bambino di 8 anni – suo figlio – ucciso, violato, e ritrovato da un cacciatore in un canneto non lontano da Punta Braccetto. Sono, per me, luoghi di affetti profondi – Ragusa, Santa Croce Camerina (dove Loris era nato) e Punta Braccetto. Ma, ben al di là di questo, c’è quel che scrive Gibran: «I vostri figli non sono figli vostri». Dunque nel canneto di Punta Braccetto è stato trovato il corpo di un “nostro” figlio. E la sciagurata omertà che gli inquirenti lamentano, rende necessario un grido di dolore collettivo.
Ripartiamo da Gibran dopo giorni di silenzio. Mercoledì 26 novembre se n’è andata una persona di cui sono figlia, anche se il suo corpo non ha mai generato figli. Se, nel 2009, in una posizione tutt’altro che comoda, ho deciso di tentare una mobilitazione delle giornaliste italiane, incoraggiandole a dire “no” alle troppo spesso oscene storie (e immagini) di donne di cui “devono” scrivere, è proprio perché ho sempre avuto nel cuore lei e le tantissime donne sue simili. Nelle nostre redazioni si è colpevolmente omesso di ricordare, osservare, onorare e amare la forza e la dignità contenute in biografie umili e nascoste. Di questo parlerò, brevemente, domani a Roma, agli Stati generali delle donne.
Mi scuso intanto con chi ci legge, con Lorenzo, con le blogger e i collaboratori che hanno inviato in questi giorni interventi come al solito belli, caldi e interessanti. Ma sono convinta che anche le pause e i silenzi debbano – a volte – far parte del cammino. Grazie.
Un’ultima precisazione: la copertina de “Il profeta” che vedete qui non è quella dell’edizione che ho io (Es, 1985): un regalo di Barbara con una dedica che porta la data del 10 dicembre 1994. In casa ho una foto che mi ricorda (ma non ce ne sarebbe bisogno) del giorno in cui ho tenuto a battesimo “suo” figlio Valerio.
Capita che ci si deve “stoppare”, come per fermare un’immagine, per poi restare lì a guardarla per un tempo che solo il tempo decide…prima di riprendere il cammino.
Loris…”figlio nostro” due volte ucciso… Quante le grida che dovrebbero levarsi?
"Mi piace""Mi piace"