È una prostituta, dunque di “sua” proprietà: fogli e quotidiani italiani alla deriva

di Roberta Valtorta*

prostituta

L’autrice del post ha analizzato l’uso delle parole nelle cronache sull’omicidio di una prostituta

«Saranno stati il caldo oppure un’improvvisa tempesta ormonale, fatto sta che il ragazzino, incensurato e di buona famiglia, nel giro di poche ore è praticamente entrato a far parte del Guinness dei primati. A scatenare in lui quello che a tutti gli effetti è definibile come un raptus di follia sarebbero state le forme particolarmente gradevoli e accattivanti dell’adolescente, la prima ad essere stata adescata, che lui stesso ha definito «una fighissima, con la minigonna».

“Tenta di stuprare tre ragazze: «Erano belle…”, Il Giornale (1)

Questo è un esempio di ciò che è possibile trovare sui giornali che sfogliamo ogni giorno. Sempre più spesso, infatti, capita di leggere articoli che, nel descrivere un fatto di cronaca, altro non fanno che giustificare il carnefice colpevolizzando la vittima. L’immagine dell’uomo che ne traspare è così quella di un primitivo totalmente incapace di controllare i propri impulsi di fronte a una donna che, stando a quanto si legge, per il solo fatto di indossare una minigonna suscita reazioni “da stupro”. Ecco che allora la vittima del reato diventa, nella maggior parte dei casi, l’istigatrice e la responsabile della violenza. Partendo da queste osservazioni, il mio lavoro vuole analizzare il linguaggio utilizzato da alcuni quotidiani del nostro Paese, con lo scopo di rilevare il modo in cui viene presentata l’immagine della donna in relazione a un fatto di cronaca.

omicidio-Daniele-Ughetto-Piampaschetto

Il ritrovamento del corpo della giovane nigeriana (aveva soltanto 20 anni) vicino a una diga sul fiume Po a San Mauro Torinese: è il 26 febbraio 2012

La vicenda che ho esaminato risale al 2012 e riguarda l’omicidio di Anthonia E., giovane di origine nigeriana, costretta a prostituirsi; accusato del reato Daniele Ughetto-Piampaschet, descritto come «il giovane che se n’era innamorato fino ad esserne ossessionato e che aveva un chiodo fisso: toglierla dalla strada per nobiltà d’animo» (2). (L’uomo è stato assolto il 9 aprile scorso, ndr).

Il corpo della ragazza venne trovato nei pressi di un diga sul fiume Po il 26 febbraio 2012, ma solo dopo qualche mese Ughetto-Piampaschet , aspirante scrittore, viene incriminato per omicidio. I quotidiani sui quali ho deciso di svolgere l’analisi sono quelli che hanno dedicato più spazio alla notizia: il Corriere della Sera, La Stampa e Il Foglio. Quest’ultimo ha attirato la mia attenzione anche per il pezzo pubblicato, qualche giorno dopo il fatto, da Camillo Langone, giornalista e scrittore anche per Il Giornale e Libero. Langone cura, per il quotidiano Il Foglio, una rubrica intitolata «Preghiera» su un tema di attualità.

Lascia ben poco spazio all’analisi la «Preghiera del 23 agosto 2012»:

«PREGHIERA per Daniele Ughetto-Piampaschet, che forse ha ucciso per amore una donna nigeriana, di mestiere puttana. Spero non sia stato lui, e se invece è stato lui spero gli venga comminata una pena mite perché chiaramente aveva perso la testa. Una preghiera per Daniele eccetera e per tutti noi maschi che al buio non capiamo più niente. Che ci si attenga sempre alla regola seguente: mai passare la notte con qualcuno con cui ti vergogneresti di passare il giorno. Le negre sono bellissime, e dopo il tramonto anche i trans sono favolosi, e così molte altre battone, baldracche e lapdancer. Ma hai davvero voglia di svegliarti con loro, al mattino? E le porteresti a pranzo nel tuo ristorante abituale? O da tua mamma? La vergogna e il controllo sociale non hanno niente di bello però qualcosa di utile sì. di Camillo Langone».

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Daniele Ughetto Piampaschet, 36 anni, il 9 aprile scorso mentre ascolta la sentenza di assoluzione. «Ex fidanzata dello scrittore, Anthonia era stata uccisa – secondo l’accusa – per gelosia. L’omicidio, sempre secondo l’accusa, sarebbe stato descritto in un manoscritto di Daniele Ughetto Piampaschet, una sorta di libro-confessione. La difesa è riuscita a provare la non colpevolezza», dal quotidiano La Stampa

Per ottenere un quadro chiaro dell’immagine della donna presentata dai tre quotidiani, nel corso dell’analisi ho deciso di concentrarmi sulle parole usate dai giornalisti per fare riferimento alla vittima (prostituta, nigeriana, donna, nome e cognome, sua, ossessione, puttana) e, per ogni termine individuato, ho poi proceduto a osservarne la frequenza d’uso.

Per quanto riguarda Il Foglio, l’articolo analizzato è di Alessandro Giuli, datato 22 agosto 2012, e titola, citando uno scritto del presunto assassino, «Bruciami negra». Ho individuato, a differenza degli altri due quotidiani, un largo utilizzo dell’aggettivo possessivo «sua» (riferito all’uomo, «sua» di lui) e dell’espressione, ben poco giornalistica, «puttana». Non si fa mai riferimento alla giovane in termini di “donna” e quando la si dentifica con il nome di battesimo, lo si accompagna all’aggettivo di possesso: «sua Anthonia». Nel corso del pezzo si parla poi della giovane come ossessione dell’uomo che viene definito «sfortunato» per non essere riuscito a controllare la «sua» passione: «Ha cercato e conosciuto, senza riuscire a dominarlo, “l’Eros nero”». L’articolo de Il Foglio è a mio avviso il più sessista dei tre: al di là delle espressioni utilizzate per fare riferimento alla donna, dal pezzo emerge – neanche troppo implicitamente – l’idea di una giovane che, in quanto prostituta, è di proprietà del «suo» cliente che può dunque farne ciò che vuole, a maggior ragione se lui se n’è invaghito. Nel corso dell’articolo si parla di «un cliente che ammazza la sua puttana». (…)

Guardando agli articoli con un’ottica più teorica, nel pezzo del quotidiano Il Foglio il rimando continuo al concetto di appartenenza attraverso l’uso di aggettivi possessivi – sua puttana, sua Anthonia, sua ossessione – è facilmente collegabile con quella che Martha Nussbaum definisce una delle dimensioni chiave dell’oggettivazione: la proprietà. L’immagine che traspare dall’articolo è, infatti, quella di donna come oggetto: è «puttana», quindi strumento per il soddisfacimento dei bisogni altrui, in particolare del «cliente» che ne ha il possesso. Per lo stesso motivo, i sentimenti e le emozioni della ragazza sono trascurabili e irrilevanti: si ha qui ciò che la Nussbaum definisce «negazione della soggettività».

La violenza è dunque giustificabile, a maggior ragione se la donna è «nigeriana».

Roberta Valtorta

Roberta Valtorta

* In sintesi, ecco la tesina con cui Roberta Valtorta ha superato con me l’esame di Psicologia delle influenze sociali all’Università Bicocca dove, nel frattempo, si è brillantemente laureata. Sua la scelta di mettersi a frugare nel vocabolario dei giornalisti italiani per testarne il tasso di sessismo. E di volgarità e abbrutimento, aggiungo io. Tanto che ho deciso di non riportare un altro bell’esempio che lei ha inserito nell’introduzione, e cioè un articolo di Massimo Fini apparso sul quotidiano Il Fatto nel marzo 2012. Chi vuole se lo vada a leggere sul web, in questo blog – per quanto possibile – cerchiamo di non reiterare all’infinito l’osceno. Come sta succedendo in queste ore sui socialnetwork per la nuova e non qualificabile sortita di “Chi” sulla ministra Marianna Madia. 

Tra qualche passo avanti e precipizi nei burroni del trucido, la qualità dell’informazione resta il tavolo verde su cui si è giocata la civiltà di un intero Paese.

(Paola Ciccioli) 

1) L’articolo de Il Giornale, non firmato, è del 14 luglio 2010

2) “Lo scrittore che volle diventare protagonista del suo racconto”, La Stampa, 21 agosto 2012

14 thoughts on “È una prostituta, dunque di “sua” proprietà: fogli e quotidiani italiani alla deriva

  1. Articolo interessante. Squallido e brutale il modo in cui viene presentato questo fatto. Noto l’attenzione concessa ai sentimenti dell’omicida. Nessun riferimento al fatto che la ragazza uccisa era, con molta probabilita’, una delle tante vittime della tratta tra la Nigeria e l’Italia. Un buon giornalista dovrebbe indagare sui retroscena legati alla vicenda. Chi era la donna? Da dove è arrivata? Quali sono le circostanze che l’hanno spinta a venire in Italia? Inoltre il pezzo la preghiera. Agghiacciante. Sin dal titolo. Moralismo becero associato a impulsi sessuali distorti, e la dimensione religiosa della preghiera. Autrice: brava.

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    • Grazie mille.
      Mi sono imbattuta un po’ per caso nell'”agghiacciante” (è decisamente la parola giusta!) “Preghiera” de Il Foglio: è stato proprio questo pezzo a darmi l’idea del lavoro di analisi.
      Condivido pienamente tutto il discorso sulla vittima: ho tristemente appurato che non sono molti i quotidiani che in fatti di cronaca di questo tipo decidono di soffermarsi su chi subisce la violenza. L’idea che mi sono fatta è che, purtroppo, si preferisce focalizzare l’attenzione sull’aspetto “morboso” (forse non è il termine adatto, ma è l’unico che mi viene in mente) dell’accaduto. Ho idea che si sottovaluti non poco il lettore/spettatore, dando per scontato che sia incuriosito più dal sospettato/colpevole e dagli insani meccanismi che lo portano all’azione, che dalla vittima e dalla vita che conduceva. Così su due piedi mi viene in mente il caso di Garlasco: ricordo moltissimi articoli e altrettanti servizi, ad esempio, sulla laurea a pieni voti all’Università Bocconi dell’indagato. Sulla vittima, invece, quasi niente.
      Lo stesso discorso, anche se forse in questo caso la questione mediatica sottostante potrebbe essere più articolata, mi verrebbe di farlo anche per l’omicidio di Meredith Kercher, di cui hanno fatto un film intitolato “Amanda Knox”.

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      • io però farei una distinzione: un film e un romanzo anche quando ispirati a eventi reali hanno tutto il diritto di raccontarci il “colpevole” (o sospetto tale) anche descrivendo il suo punto di vista, in quel caso non c’è giustificazione. un articolo di giornale è una cosa diversa, non è un’opera artistica come può essere un romanzo o un film

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      • Sono assolutamente d’accordo con il discorso sulla distinzione fra romanzi/film e articoli di giornali. Ho voluto fare riferimento alla pellicola relativa ad Amanda Knox solo per portare un altro esempio in cui, al di là del film in sé, l’attenzione giornalistica è stata estremamente sbilanciata verso i carnefici piuttosto che sulla vittima. Ora, non dico che non si debbano tenere aggiornati lettori/spettatori circa le indagini, ma avere un minimo di riguardo in più verso le vittime mi sembra doveroso.
        C’è da dire, poi, che io sono un caso un po’ estremo di sensibilità, nel senso che mi “emoziono”, in negativo o in positivo, un po’ per tutto. Questo aspetto caratteriale, purtroppo, non mi permette sempre di ragionare a mente fredda facendomi vedere, a volte, cose che in realtà non ci sono.

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    • Ammetto di averci messo un po’ ad adottare un punto di vista più critico (e ringrazio anche Paola Ciccioli per questo). Di articoli così, purtroppo, ce ne sono molti: basti pensare a tutte quelle volte che, per raccontare l’omicidio di una donna per mano del suo compagno/marito, si legge: “era folle di gelosia”, “si sentiva tradito”, “non accettava la separazione” e via dicendo.
      E’ una giustificazione continua anche se il risultato finale è sempre lo stesso.

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      • L’amore è oltre che passione anche fiducia reciproca (ben riposta o meno ma è un altro discorso) che tiene a bada l’eventuale gelosia, tantissime persone sono gelose e non uccidono. Quando uno permette alla gelosia di diventare una ossessione distruttiva la colpa è sua..per me a quel punto non è più “semplice” gelosia, è malvagità

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  2. Mi è venuta in mente, strettamente in tema, la manifestazione promossa da un molto truccato direttore del Foglio. E mi è venuto in mente, sempre strettamente in tema, un insieme di fogli (la parola “libro” è del tutto impropria) pubblicato da una molto mediatizzata sua discepola. E giù tv e compari giornali a stargli dietro, Così, l’inconcepibile e il sanzionabile diventano “normalità”.

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    • Ieri sera signorini da fazio. Ha chiesto scusa, ma la sua chiamata da fazio era solo per pubblicizzare la sua autobiografia e non poteva che far finta di chinarsi. Manco fregasse qualcosa al mondo di sapere qualcosa di lui, ma si sa che il marketing ha le sue strategie. Gramellini, uomo con la u maiuscola, non ha aperto bocca e non gli ha dato retta nemmeno quando signorini si è rivolto a lui chiamandolo per nome.

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    • io credo che questo tipo di giornalismo riveli in maniera molto chiara e lampante la cultura che è dietro questi omicidi, una cultura basata sul possesso, di donne, di figli, tutti “oggetto” del nostro “desiderio”.
      Dice molto, questo modo di scrivere, proprio perché nella misura in cui vuole nascondere tanto.
      Percio’ mi sembra importante soffermarsi, in una tesi, in un articolo giornalistico ancor meglio, sui meccanismi, importante svelare l’impianto culturale che è alla base di questi gesti. Brava Roberta e brava Paola, e bravo anche chi legge e “riconosce” le tracce.

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